ESTORSIONE MAFIOSA, RETI DI GIUSTIZIA: “NON VA DIMENTICATO INIZIALE RIFIUTO DEL COMUNE DI APRILIA A CHIEDERE IL RISARCIMENTO”

Un fermo immagine preso da uno degli attentati eseguiti ai danni di due imprenditori di Aprilia e Torvajanica. I mandanti sono i Gangemi, gli esecutori Forniti e Morgani.

“Mafia ad Aprilia”,  l’Associazione Reti di Giustizia – il sociale contro le mafie: “L’iniziale rifiuto di costituirsi parte civile da parte dell’Amministrazione di Aprilia nel “Processo Gangemi” non va dimenticato”

Ieri il Tribunale di Velletri, dopo la condanna definitiva a carico di Sergio Gangemi nel 2022, ha emanato la sentenza di condanna a carico di suo fratello, Giampiero, Patrizio Forniti e Mirko Morgani (con pena sospesa), riconoscendo l’aggravante del metodo mafioso nelle azioni criminose (attentati, estorsione ed azioni intimidatorie) perpetrate dagli stessi a danno di due imprenditori di Torvajanica e Aprilia (eseguiti da Forniti e Morgani). 

L’accertamento del metodo mafioso ha permesso al collegio di riconoscere il diritto al risarcimento del danno per i danni di immagine subiti dai Comuni di Aprilia e Pomezia, costituitisi parte civile.

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“Questa pronuncia – spiega una nota dell’associazione Reti di Giustizia – è l’ennesima conferma di ciò che, come Associazione, cerchiamo di comunicare instancabilmente da anni, ossia che nel nostro territorio sono radicate organizzazioni mafiose (i Gangemi, ad esempio, sono ritenuti dalla Direzione Nazionale Antimafia come vicini all‘ndrina dei De Stefano) e che il clima di sottovalutazione e indifferenza (in primis da parte della politica locale) che le circonda concorre al loro sviluppo e alla diffusione del pensiero mafioso.

Fu proprio la sottovalutazione del fenomeno (indice, se non altro, di incapacità politica e di un concetto di legalità superficiale e di pura immagine) a portare la Commissione Affari Generali del Comune di Aprilia il 18 luglio 2019 a non aderire, con manifestazioni di espressa contrarietà da parte di alcuni e titubanze e silenzi da parte di altri, alla richiesta protocollata dalla nostra Associazione “Reti di Giustizia-il sociale contro le mafie” il 24 giugno 2019.

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Noi continuammo a chiedere pubblicamente all’allora Giunta di costituirsi parte civile e, in caso contrario, di assumersene la responsabilità politica e sociale di fronte alla collettività.

Ebbene, solo nel successivo ottobre, a ridosso dell’udienza dibattimentale, l’Amministrazione mutò la propria decisione e seguendo l’esempio del Comune di Pomezia, si costituì parte civile facendosi finalmente e doverosamente portatore degli interessi della comunità di Aprilia, fortemente lesi dalle condotte criminose, aggravate dal metodo mafioso, perpetrate sul proprio territorio.

Oggi, dopo più di 4 anni, dopo la condanna in via definitiva per il reato di estorsione con metodo mafioso nei confronti di Sergio Gangemi, dopo che, la Corte di Cassazione nel 2022, con una pronuncia storica ha sancito il diritto del Comune di Aprilia al risarcimento del danno di immagine, dando ragione alla nostra battaglia (combattuta insieme alle forze sociali sul territorio sensibili al tema), giunge un’ulteriore conferma circa il radicamento delle mafie ne nostro territorio e il danno che ciò reca alla comunità.

Ricordare come si è arrivati a questa pronuncia, però, è fondamentale per dare sostanza alla responsabilità politica e sociale che grava su chi rappresenta le istituzioni locali e che, sovente, pronuncia la parola “legalità” senza sentirla davvero, svuotandola di ogni suo significato (se non quello più “comodo” riferito alla sola microcriminalità) e della sua portata potenzialmente trasformativa della realtà e della vita di ognuno di noi.

Per rendere concreta e tangibile l’idea di legalità e giustizia, di cui la nostra comunità ha bisogno, quando sarà quantificato il danno da risarcire al Comune, proporremo di destinare gli importi a finalità sociali.

La destinazione dell’importo del risarcimento alla collettività, come ad esempio alla valorizzazione dei beni confiscati alla criminalità organizzata o alla riqualificazione sia urbana che culturale e sociale di quartieri della città troppo spesso dimenticati, – conclude Reti di Giustizia – renderebbe compiuta quell’azione di resistenza partita dal basso, innescata da una “semplice” istanza di costituzione di parte civile, inizialmente accolta con sguardi di sufficienza e ritrosie”.

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