“Nel corso degli ultimi tre anni, il Comitato “Basta Presunti Diritti Feudali” si è impegnato a fondo in attività di ricerca presso archivi e uffici pubblici, alla ricerca di documenti che potessero dimostrare l’esistenza di un presunto diritto feudale. Ad oggi, però, non è emersa alcuna prova concreta che ne confermi l’ esistenza e la validità secondo le Leggi del nostro Stato.
Nel frattempo, il Centro Studi del Comitato in collaborazione con uno studio legale di nostra fiducia, ha realizzato una serie di articoli che approfondiscono temi legati alle cause in corso presso il Tribunale di Latina.
Si tratta di contenuti pensati per chi vuole approfondire questi temi con maggiore attenzione.
Nei prossimi giorni pubblicheremo altri post riguardanti la “Probatorietà dei documenti catastali” e la procedura di “Ricognizione del Titolo di Concedente”.
Enfiteusi: elusione o evasione fiscale?
Durante le ricerche archivistiche abbiamo riscontrato che la mancata esibizione dei titoli riguardanti l’enfiteusi o livelli degli ex-terreni rustici, potrebbe derivare da un’abitudine che alcuni latifondisti proprietari dei terreni non hanno mai perso e che purtroppo ha influenzato i comportamenti usuali della nostra società: l’elusione o evasione fiscale.
Poiché l’istituto dell’enfiteusi prevede che le tasse vengano pagate dall’utilista, in epoche di privilegi e di analfabetismo, era molto semplice dichiarare che il proprio coltivatore o un residente comunale fosse in realtà un enfiteuta, scaricando su di loro tutti gli oneri, pur senza aver stipulato alcun accordo contrattuale. E se i contadini sanfeliciani fossero effettivamente titolari di altro diritto e non enfiteuti? Fatto che già è avvenuto in altri territori Italiani dove, una paventata enfiteusi, si è poi accertato giudizialmente che fosse altra cosa.
A tale abuso cercò di porre rimedio il Regolamento Legislativo e Giudiziario per gli Affari Civili emanato in data 10 novembre 1834 con Motu Proprio da Papa Gregorio XVI ed entrato in vigore in data 1 gennaio 1835, in cui venne stabilito:
art.59 : I contratti di enfiteusi e di censo non saranno validi qualora non siano stipulati per pubblico istrumento.
art. 104 : Sono capaci d’ipoteca…3. Il dominio utile ed il dominio diretto nella enfiteusi, e ciascuno separatamente.
art. 183: gli atti di vendita o alienazione de’ beni capaci d’ipoteca, comprese pure le donazioni tra vivi, saranno resi pubblici col mezzo della trascrizione.
Negli art.1438-1444 si affronta la caducità dei contratti di enfiteusi; se il padrone diretto dovesse ritenere di consolidare il diretto dominio con l’utile dominio per inadempienza dell’ enfiteuta in merito al contratto stipulato o al diritto comune, deve citare l’enfiteuta tramite comparsa in cancelleria (art.1439) e deve produrre in cancelleria l’atto di investitura (art.1440) : “Unitamente all’atto di notifica dovrà prodursi in cancelleria il titolo della investitura : questo titolo, per effetto della caducità, non potrà risultare che dall’istromento di originaria concessione, ovvero da atti pubblici di ricognizione in dominum importanti qualità enfiteutica del fondo, o da cose giudicate, o finalmente dalla prova certa della antica esistenza e successiva deperizione di tali documenti”
Con queste disposizioni lo Stato Ecclesiastico si sarebbe garantito la veridicità dell’esistenza o meno dei titoli (che sono a tutti gli effetti atti pubblici e devono risultare trascritti in Conservatoria), riscuotendo correttamente le tasse dovute ed evitando di addebitare gabelle a poveri contadini aventi ben altro diritto e, che date le loro condizioni sociali non le avrebbero mai potute pagare perché troppo esose.
APPROFONDIMENTO
L’ELUSIONE FISCALE IMMOBILARE, ASPETTI DI QUANDO VIGENTE NELLO STATO PONTIFICIO
L’ENFITEUSI, LIVELLI, CENSI E RENDITE PERPETUE
È lo stesso Presidente del Censo Cardinale Guerrieri Gonzaga che nella pubblicazione della Tipografia Camerale di Roma del 1844 (equiparabile alla nostra Gazzetta Ufficiale), denuncia in grandi linee le passate elusioni fiscali condotte con artifici dai latifondisti e nobili del tempo passato in quanto facilitati dal compito che avevano loro stessi di costituire i sistemi catastali: è per tale motivo che tali sistemi erano tutti tra loro difformi e pieni di attestazioni e condizioni di possesso o dati di proprietà tesi a deviare l’imposizione fiscale in capo a diversi soggetti per lo più contadini poveri e nullatenenti.
Infatti, si verificarono molteplici situazioni per le quali all’atto del censimento catastale, il nobile attestava che sui suoi terreni quantificati in mere superfici secondo l’antica unità di misura del Rubbio antico Romano (non c’erano mappe particellari, ma solo in alcuni casi insistevano rappresentazioni territoriali generiche e sommarie), vi insistessero delle enfiteusi o censi gravanti in capo al possidente coltivatore.
La conseguenza era che il nobile proprietario non versava imposte allo Stato Pontificio perché in sua vece erano dovute dal contadino presuntivamente accreditato in regime di enfiteusi, il quale scontava anche il versamento annuale di un canone al nobile proprietario che era quantificato in proporzione a prodotti della terra conseguiti.
L’elusione fiscale gravante sul coltivatore comportò un diffuso mancato versamento d’imposte (il dilemma era se pagare le tasse e di accettare di far morire di stenti la propria famiglia), in tal modo nel tentativo di riscossione coatta, l’erario Ecclesiastico si trovava nell’impossibilità di riscuotere il dovuto da un nullatenente.
Il primo tentativo di risolvere la problematica decorse dal 1627 con il Pontificato di Papa Urbano VIII che dispose che gli atti opponibili dovevano essere scritti in contraddittorio e sottoposti al solo obbligo dell’archiviazione.
Ma è durante il Governo Italico (Napoleonico), che fu statuito l’obbligo di registrazione ed archiviazione degli atti recanti interessi pubblici e privati al fine di renderli pubblici ed opponibili.
Successivamente è nel 1816, con l’emanazione del moto proprio del 6 luglio 1816 di Papa Pio VII, riguardante la “organizzazione dell’Amministrazione Pubblica”, ove ai sensi del Tiolo VI artt. 202, 203, 204 e seguenti, oltreché nel rispetto del regolamento per la loro attuazione, l’intero territorio del Governo Ecclesiastico fu dotato dell’istituenda organizzazione amministrativa che rese inequivocabilmente opponibili gli atti scritti previo il rispetto dell’obbligo della loro registrazione previo versamento d’imposta e la loro conservazione con conseguente attribuzione della data certa.
Seguirà con il Moto Proprio del 10 novembre 1834 di Papa Gregorio XVI, Titolo VI, art. 59, l’obbligo di istituire le Enfiteusi e i Censi per pubblico istrumento, diversamente questi sono nulli. Pertanto l’obbligato al pagamento degli emolumenti fiscali diveniva inconfutabilmente il nobile quale proprietario assoluto del fondo per mancanza di contrato di Enfiteusi, livello, censo e/o di una qualsiasi tipologia di rendita perpetua.
Quanto sopra, non ha comunque evitato che ancora oggi nelle ex provincie Pontificie e/o come si è riscontrato per altri diversi motivi in altre Regioni Italiane, catastalmente insistono tutt’ora i più disparati pesi vincolanti buona parte di estensioni agricole, ma questi vincoli non trovano ragione in nessun contratto costitutivo opponibile.
In tali situazioni corre plaudire l’indirizzo ormai da tempo assunto dalla Suprema Corte di Cassazione per il quale, di fronte all’inesistenza di un atto costitutivo scritto di un diritto reale ne determina la cancellazione e caso per caso procede all’analisi delle richieste residuali opposte dalle parti in conflitto. In proposito non è più raro che accada che si determini la piena proprietà dell’effettivo possidente del fondo.
Il tutto nel rispetto della appartenenza dell’Italia alla Comunità Europea per la quale uno dei principi fondamentali per determinare l’adesione di uno stato sono quelli della “certezza della proprietà” e la “certezza della sua commerciabilità per effetto di una lineare disponibilità e trasmissibilità”.