DOPO FICHI E KIWI PONTINI IN PERICOLO, C’È IL RISCHIO DI PERDERE LE BANANE?

banane minacciate dal fungo killer
Credits: focus.it

Le dichiarazioni di qualche giorno fa di un coltivatore di piante di fico di Monte San Biagio hanno sollevato quella che è bene non chiamare – al momento – emergenza, bensì una minaccia alla coltivazione dei fichi nostrani. Il punteruolo nero è un piccolo coleottero che da qualche tempo è arrivato tra gli alberi di fico coltivati da Terracina in giù, fino ad arrivare a Fondi. Al principio, l’insetto colpisce il colletto della pianta dove le radici affondano nel terreno, punto in cui depone le larve che, crescendo, si nutrono della pianta. Come ogni parassita, anche il punteruolo nero e la sua prole indeboliscono la pianta fino a farla morire.

Declassare un’allerta non significa abbassare la guardia, ma c’è da considerare che le minacce a un determinato tipo di coltura o, meglio, di cultivar (nome con cui si indicano le varietà agrarie di una specie botanica) sono un fenomeno che forse è sempre esistito ma che al giorno d’oggi è acuito dall’agricoltura di tipo convenzionale che, in generale, ha contribuito ad indebolire la salute media degli ecosistemi. Inoltre, puntare su pochi cultivar più redditizi rinunciando al ventaglio di biodiversità che una stessa coltura può offrire comporta una minore differenziazione che, in questi casi di morìe, condanna l’investimento monocolturale a sicura bancarotta. Questa è proprio la circostanza che minaccia anche un altro frutto, anzi l’unico frutto dell’amor

Le banane, che tutto sono tranne un prodotto pontino, possono essere definite come uno tra i pochi frutti globalizzati che è facile trovare in qualsiasi latitudine del mondo. La banana varietà Cavendish è quella più esportata ed è una delle 1000 qualità di banane esistenti, che è risultata essere una tra le più resistenti al fungo che ora minaccia il suo prosperare. Prima della Cavendish, la varietà di banana più popolare del mondo era la Gros Michel fino a quando è stata cancellata completamente negli anni ‘50 da quella che fu battezzata come “malattia di Panama”, causata dal ceppo TR1 del fungo Fusarium.

Banane colpite da fungo killer

Il problema è che le piante di banano sono senza semi e sono essenzialmente tutte duplicate dalla stessa pianta che le rende, ora come allora, estremamente vulnerabili alle malattie. La banana Cavendish dunque, rimpiazzata la Gros Michel, ad oggi costituisce il 95% di tutte le esportazioni di banane nel mondo. È evidente che il danno economico è ingenerato dal fungo TR4, vieppiù da scelte opportunistiche di tipo economico che premiano nell’immediato, ma che nel lungo periodo si rivelano un’incognita che penalizza l’imprenditore agricolo.

Tornando alle colture locali pontine, l’ulivo, quello Itrano compreso, coltivati sulle colline lepine, ausone e aurunche, è bersaglio della Bactrocera oleae, conosciuta anche come mosca delle olive, che non è l’unico piccolo babau degli olivicoltori pontini. Infatti, allontanandoci un po’ di più dalla provincia di Latina, c’è la Xylella fastidiosa, un temibile batterio che vive e si riproduce all’interno dell’apparato conduttore della linfa grezza (i cosiddetti vasi xilematici, portatori di acqua e sali minerali) che minaccia gli ulivi secolari del sud Italia.

mosca dell'olivo

Nella vicina Campania, la Bactrocera dorsali, la mosca orientale della frutta, originaria dell’Asia tropicale e simile alla mosca dell’olivo, si è dimostrata dannosa in maniera trasversale per molti prodotti del comparto ortofrutticolo, tra cui agrume, melo, pero, ciliegio, amareno, pesco, fico, kaki, vite e gelsi. Specie ospiti dell’infestante sono anche alcune solanacee, in particolare il pomodoro, e le cucurbitacee come cocomero, cetriolo e zucca.

A vederla così, sembra che l’Armageddon sia dietro l’angolo. E probabilmente lo è.

Ma a testimoniare che l’innovazione e la tecnologia, quando messe a tutela degli equilibri naturali, conferiscono una marcia in più, è proprio il kiwi, frutto esotico che in una terra piatta come l’Agro Pontino ha trovato un habitat in cui attecchire con vigore, al pari di quanto naturalmente è predisposto nella natìa Nuova Zelanda. 

Anni fa, si è affacciato sulla scena delle ecatombi agricole il batterio che da nomenclatura scientifica è indicato come Pseudomonas syringae pv. actinidiae, un microrganismo che causa la batteriosi del kiwi, un cancro batterico che conduce la pianta alla morte. Dal 2007, i sintomi dell’attacco batterico sono stati ripetutamente osservati nel Lazio in differenti impianti in Provincia di Latina e di Roma. L’epidemia, al momento, è sotto controllo perché comunque è circoscritta e solo il 15-20% – in media – delle piante di ciascun appezzamento risulta danneggiata dal batterio.

Nel 2017 in Piemonte, altra zona in cui nel kiwi si è investito molto, è partito un progetto denominato KIMOR che aveva l’obiettivo di comprendere in maniera più approfondita le cause della morìa del kiwi e individuare soluzioni pratico-applicative. Dopo 2 anni di prove è stato dimostrato come una diversa sistemazione del terreno con baulature a doppia falda (profilo convesso che si realizza sulla superficie del terreno tra i filari delle piante) aumenta il drenaggio del terreno e garantisce condizioni più ospitali per gli apparati radicali. Inoltre, l’irrigazione pilotata con tensiometri elettronici ha permesso di constatare che il terreno baulato rimane per tutta la stagione irrigua più asciutto evitando così condizioni asfittiche a detrimento delle radici della pianta.

baulatura del terreno nelle coltivazioni di kiwi

I risultati del progetto KIMOR hanno dimostrato che una diversa gestione delle irrigazioni, della sistemazione del terreno, insieme ad altri accorgimenti, oltre a consentire un cospicuo risparmio idrico, permettono ad un frutteto equilibrato, meno stressato, di avere più chance di contenere (ma non di certo estinguere) in maniera naturale le infezioni.

In conclusione, in un contesto globalizzato in cui la diffusione dei parassiti alieni è facilitata dalla maggiore mobilità spaziale di genti e merci, tolte le misure tampone costituite dai fitofarmaci e pesticidi, i due espedienti che potenzialmente hanno più incidenza sulle minacce agricole sono la differenziazione delle produzioni e la gestione ottimizzata della disciplina agricola che deve necessariamente replicare e ricalcare gli equilibri naturali, cosa che da una parte riduce i costi e dall’altra contribuisce a rinforzare l’ecosistema che ospita le colture.

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