Nelle intercettazioni che descrivono l’estorsione col metodo mafioso ai danni dell’allora manager della Ferrocem Prefabbricati (una delle società di Iannotta, un tempo anche dell’imprenditore deceduto Michelangelo Condò) che emergono alcuni dettagli del capoluogo di provincia…e spuntano i protagonisti del grattacielo Key
Si tratta del “recupero crediti”, a cui gli inquirenti dedicano un intero capitolo, nei confronti di Vincenzo Cosentino (non indagato) originario della provincia di Catania, che secondo Iannotta era debitore con lui di 80.000 euro – invece secondo Cosentino lui trattenne una cifra di 84mila euro proprio perché non era stato pagato per la sua attività manageriale.
Ecco perché, nel 2016, l’imprenditore di Sonnino si rivolge ai due ex affiliati del Clan Di Silvio, ora collaboratori di giustizia, Renato Pugliese e Agostino Riccardo.
L’estorsione si consuma ed è descritta nei minimi dettagli da Riccardo e Pugliese, con le ripetute visite dei due nella casa di Cosentino in zona Cucchiarelli a Latina, i quali fanno “valere la loro appartenenza al clan Di Silvio ed il rapporto di parentela di Pugliese con Costantino Di Silvio detto Cha Cha”, così da costringerlo “a consegnare in una prima occasione la somma di 2.000 euro e poi somme variabili oscillanti tra i 200 e i 150 euro”. .
È a quel punto, però, che qualcosa si rompe perché Iannotta teme che Cosentino possa rendere noto il suo ricorrere ai cosiddetti “zingari”. Ecco, allora, che il Presidente del Terracina Calcio (oggi, 17 settembre, ha incassato ufficialmente la solidarietà di società e squadra) prova a interloquire con l’estorto Cosentino tramite l’avvocato di quest’ultimo, Pierluigi Angeloni giurando falsamente di non aver mai conosciuto i Di Silvio.
Lo fa presente lo stesso Iannotta in una conversazione captata dagli investigatori con il suo commercialista, il pontino Paolo Fontenova, in cui ricorda di aver denunciato Cosentino perché, a suo dire, avrebbe rubato un cifra intorno ai 70mila euro da un’associazione sportiva riconducibile a Iannotta stesso.
“Lunedì mi vedo con coso… co Angeloni per chiudere quella storia di quel pezzo di merda (ndr: Cosentino)! E vediamo… mi ha chiamato lui mi ha detto che vogliamo fare… dobbiamo andare a discutere oppure facciamo pace… ci mettiamo d’accordo?”. Dice Iannotta rivolto a Fontenova, i quali in una conversazione precedente avevano convenuto di dover dare una cifra, tra i 10mila e i 12mila euro, a Cosentino, così da evitare che questo diffondesse le estorsioni subite da Riccardo e Pugliese.
Il commercialista Fontenova (coinvolto con Iannotta in un procedimento giudiziario per il fallimento di FERRO PRESAGOMATO in ordine a reati fiscali) gli risponde: “Ma quello è una testa di cazzo comunque si è inculato ottantamila euro. Glielo hai detto?“.
Iannotta: “Sì lo sa! Lo sa! Lo sa ha detto che servivano“.
Fontenova; “E che dice?“
Iannotta: “Ha detto che tu l’hai sfruttato per una vita che non…“
Fontenova: “Ma andasse affanculo va! L’ho…l’ho sfamato per una vita! L’ho sfamato perché l’ho tenuto per cinque anni come amministratore della Key e gli davamo 15mila euro l’anno! Capito? 15mila euro l’anno!“.
Iannotta: “Quello è un pezzo di merda Pa’! Quello è un pezzo di merda“.
La vicenda a cui si riferisce Paolo Fontenova, commercialista molto noto a Latina, è quella del Palazzo Key, il grattacielo che si erge come un rudere tra lo Stadio Francioni e Piazza del Popolo, disegnando uno skyline scadente e scaduto del capoluogo di provincia.
E Cosentino non un omonimo, è proprio lo stesso che fu processato con il commercialista Fontenova dal Tribunale di Latina sulla vendita simulata dell’edificio. Il processo di primo grado finì nel 2015 con le condanne di Fontenova (3 anni di reclusione) più altri quattro e l’assoluzione di Cosentino e altri quattro imputati.
Condanne che non portarono a molto poiché i reati si prescrissero pochi giorni dopo. Scattò anche la confisca, mai realizzatasi di fatto, del Grattacielo Key il quale, come detto, rimane a memoria di come vanno certe cose nella palude pontina.