DI SILVIO: DROGA E AFFARI ANCHE SENZA BOSS. LA VERSIONE DI FAGIOLO CHE CITA CIARELLI

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Maurizio Zuppardo
Maurizio Zuppardo

Gli arresti dei componenti dell’ala del Clan Di Silvio, guidata dal boss incarcerato Giuseppe detto “Romolo”, hanno portato un altro carico di accuse che apre diversi scenari: tra gli ispiratori di nuove piste investigative, sicuramente Maurizio Zuppardo detto Fagiolo e le sue dichiarazioni da collaboratore di giustizia

Nell’autunno 2019, Zuppardo, ad ottobre, ed Emilio Pietrobuono, a novembre, decidono di iniziare la loro collaborazione con lo Stato. Sono loro, a tutti gli effetti, il terzo e quarto collaboratore che, almeno a quanto si conosce sino ad ora, servono da grimaldello per ricostruire l’organigramma della famiglia di Romolo, l’altra famiglia egemone del Clan Di Silvio dopo che quella capeggiata dal cugino Armando detto “Lallà” è stata fortemente rimaneggiata con l’operazione “Alba Pontina”.

Giuseppe Romolo Di Silvio, sul trono altissimo descritto anche dai pentiti modello Scarface
Giuseppe Romolo Di Silvio, sul trono altissimo, descritto anche dai pentiti, modello Scarface

Romolo, il boss, è in carcere da anni per l’omicidio Buonamano ma gli affari sono andati avanti. A spiegare bene perché, è il primo collaboratore di giustizia ex affiliato ai clan rom, Renato Pugliese, il figlio di Cha Cha Di Silvio (tornato prepotentemente “di moda” dopo il servizio trasmesso da Report lunedì 7 dicembre), che ha rilasciato alla DDA, tra le altre, una dichiarazione esemplificativa: “Romolo punta sulla tradizione degli zingari nel senso che durante la sua detenzione le decisioni spettano al primo figlio, poi al secondo e infine Riccardo Mengozzi (ndr: Mingozzi), poi anche Fabio Di Stefano che ha sposato Angelina Di Silvio (ndr: figlia di Romolo, detta “Perlanera”)”.

Il primo e il secondo figlio sono per l’appunto Antonio detto Patatino (il più grande) e Ferdinando detto Prosciutto. Gli altri due, Mingozzi e Di Stefano, sono legati alle figlie del clan. Di Stefano con Angelina Di Silvio: secondo l’altro pentito Pietrobuono, è lui che gestisce la droga. Una tesi confermata dall’altro collaboratore di giustizia, Agostino Riccardo, che ha dichiarato che Di Stefano si occupava di droga insieme a un altro personaggio noto alle cronache: Simone Venerucci (non indagato nell’inchiesta “Movida Latina”).

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Venerucci (fratello dell’ex compagna di uno dei fratelli Travali) è un nome che rispunta – non solo perché il cognome rimanda ad un altro soggetto noto alle cronache giudiziarie per reati afferenti allo spaccio – soprattutto perché, il 17 marzo 2017, insieme a Riccardo Mingozzi legato a Pamela Di Silvio (altra figlia di Romolo), fu fermato nei pressi del Sacro Cuore a Latina. A Mingozzi, che secondo il pentito Zuppardo sarebbe nella catena di comando del gruppo di Romolo Di Silvio, fu trovata una esigua quantità di cocaina. Tanti, invece, i contanti trovati a casa dell’altro, Venerucci, che, secondo Agostino Riccardo, movimentava con l’altro genero di Romolo, Fabio Di Stefano, fino a 500, 600 grammi di cocaina a settimana per conto del boss del Gionchetto.

Fabio Di Stefano
Fabio Di Stefano

Di Silvio Angelina è la figlia di Romolo, Di Stefano Fabio è il marito – ha dichiarato alla DDA Renato PuglieseAngelina mi diceva che stavano a terra, avevano problemi economici, inoltre il padre stava detenuto a Terni. Quando sono uscito definitivamente ho iniziato a dare un po’ di droga, alla presenza di Mingozzi che era fidanzato con Di Silvio Pamela (sorella di Di Silvio Angelina), a Di Stefano Fabio. Erano presenti anche Riccardo Mingozzi e Angelina Di Silvio alle consegne. Quando ho iniziato a lavorare per i Travali ho rifornito stabilmente Di Silvio Angelina, Di Stefano Fabio e Mingozzi, gli davo settimanalmente uno o due chili di erba o fumo a 1500 curo al chilo“.

Fino ad ora un organigramma piuttosto deduttivo: se non sono i figli del boss Giuseppe detto Romolo, che si sta facendo il carcere, sono, secondo i collaboratori di giustizia, i mariti delle figlie a dover reggere l’attività principale della droga – Mingozzi e Di Stefano (il cui fratello Alessandro ha sposato la sorella di Costantino “Patatone” Di Silvio ed entrambi sono figli di un ex pentito siciliano).

Fagiolo
Maurizio Zuppardo detto Fagiolo

È Zuppardo, invece, a raccontare una versione che apre altri dettagli che chiamano in causa, seppure a livello di mera citazione, un altro cognome della mala rom: i Ciarelli che, nelle ultime inchieste sulla malavita sinti, sono completamente fuori dal mirino di inquirenti e investigatori, sebbene il loro nome riecheggi nelle Aule di Tribunale dove si discute il processo Alba Pontina e tra i verbali resi alla magistratura dei pentiti. Senza contare che i figli di Lallà, da ciò che si apprende dai collaboratori di giustizia e da alcuni spaccati di intercettazioni, avrebbero voluto far fuori Luigi Ciarelli, il reggente del clan di Pantanaccio, arrestato e condannato (in primo grado) per i chili di droga che sono approdati dal Sud America al porto di Livorno.

Emblematico – si legge nell’ordinanza del gip del Tribunale di Roma “Movida Latina” – è l’episodio raccontato dal collaboratore Zuppardo che ha riferito di come “Prosciutto” Di Silvio e il suocero Stefano Demelas (secondo Zuppardo con un ruolo importante nel settore della droga latinense) si erano recati nell’attività commerciale denominata Smart Group intestata, almeno all’epoca (sicuramente prima del 2018, poi scopriremo perché), al 40enne latinense Stefano Testa, “con la pretesa ai acquisirne la proprietà, al fine di saldare il debito che lo stesso Testa aveva maturato con la famiglia Di Silvio, per l’acquisto di sostanza stupefacente”.

Nella foto a destra Maurizio Zuppardo e il fratello Marco Zuppardo. La persona al centro è stata oscurata per motivi di privacy

Smart Group, nel settembre 2018, fu chiusa dalla Polizia perché ritenuta una centrale per l’assemblaggio di auto con pezzi di ricambio di dubbia provenienza. Furono gli investigatori del commissariato romano di Trevi Campo Marzio ad avviare approfondimenti investigativi dopo il sequestro dei locali al chilometro 76,2 della strada Pontina, sede, per l’appunto, della Smart Group di Marco Zuppardo fratello del pentito Maurizio Zuppardo. Le ipotesi furono di riciclaggio ma gli investigatori capitolini arrivarono a Latina indagando sulla provenienza di un’auto, utilizzata da una donna bosniaca sorpresa a derubare un turista a Roma.

L’auto, una Renault Laguna, guidata dalla bosniaca era fittiziamente intestata al latinense Stefano Testa che fu denunciato a piede libero perché, traendo in errore il funzionario del Pubblico registro automobilistico, lo avrebbe indotto a intestargli falsamente un’automobile.

Ferdinando Prosciutto Di Silvio
Ferdinando Prosciutto Di Silvio: la foto risale a 3 anni fa quando il giovane figlio di Romolo Di Silvio fu coinvolto in fatti di spaccio ed estorsione insieme a Gianni Di Silvio, Laura De Rosa, Alessandro e Fabio Di Stefano

Secondo Zuppardo, in riferimento al reperimento della droga, “Testa si era recato nella zona dei pub e voleva acquistare un consistente quantitativo a credito, allora Prosciuttino gli disse che dovevano andare a Romolo perché oltre un certo quantitativo era Romolo che doveva dare l’autorizzazione valutando l’affidabilità del richiedente. Prosciuttino e Testa sono andati da Romolo e Testa disse che era intestatario del negozio di mio fratello soprannominato Smart Group, avente ad oggetto l’assistenza e la vendita delle macchine Smart in zona Pantanaccio, e di essere intestatario della società che gestisce un centro benessere a Pontinia. Allora Romolo gli ha dato a fiducia cocaina del valore di 1000 euro (corrispondente a circa 20 o 25 grammi). Testa poi non ha pagato e si è dileguato. A quel punto Prosciutto e il suocero sono venuti al negozio Smart Group e pretendevano di prendersi la nostra attività. A quel punto noi abbiamo chiesto a quanto ammontava il debito e loro risposero che per noi il debito era di 1000 euro e che non avevano aggiunto interessi in quanto non ci consideravano gaggi. Quindi io e Francesco Ciarelli che è socio di mio fratello in affari di cocaina ed estorsioni siamo andati a parlare con Romoletto e abbiamo chiuso, anche in ragione della mia amicizia con Romolo, con la consegna di 500 euro liquidi”.

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