Dehors per il locale “Old Wild West” di Terracina: dopo la pronuncia sfavorevole del Tar, il Comune è soccombente anche in sede di Consiglio di Stato
A maggio 2021, il Tar del Lazio-sezione Latina aveva dato ragione alla società Gm Comunicazione, difesa dall’avvocato Italo Sciscione, che aveva intentato un ricorso contro il Comune di Terracina, assistito dall’avvocato dell’Ente Martina Iannetti, in merito alla realizzazione di un “dehors” per il locale “Old Wild West”.
Una vicenda che risale al 2017 quando, tra giugno e agosto, la società privata aveva presentato una doppia Cila (Comunicazione Inizio Lavori Asseverata) per l’installazione della struttura temporanea e amovibile fuori dal locale su suolo privato esterno e l’autorizzazione paesaggistica in forma “semplificata”.
L’ultima delle Cila, però, veniva archiviata dall’ufficio Suap del Comune di Terracina in quanto il relativo “iter” previsto in area vincolata per l’autorizzazione paesaggistica non poteva essere avviato: la struttura, secondo l’Ente, non risultava previamente smontata e per questo era stato comunicato alla srl di toglierla. E proprio in merito a questa decisione del Comune, la Gm Comunicazione, con il ricorso al Tribunale amministrativo, aveva chiesto l’annullamento della nota con cui il Comune dava comunicazione dell’archiviazione della Cila, quindi dell’impossibilità di lavorare con il dehors. Oltre all’annullamento della nota, la Gm aveva ricorso al Tar anche per il risarcimento danni.
Alla fine della fiera, la Gm – forte di una nota dello stesso Comune di Terracina, che nel luglio 2020 comunicava alla Polizia Locale che nel complesso Ex Squero sito nella stessa piazza dove è ubicato l’Old Wild West, le opere sono legittime – aveva fatto presente che a causa del provvedimento del Comune si era vista costretta a smontare le opere che aveva temporaneamente realizzato, e per le quali aveva tempestivamente inoltrato la “CILA” ingiustamente archiviata, salvo poi, nei primi giorni di agosto 2018, realizzare nuovamente lo stesso “dehors” di 168 mq.
Secondo il Tar, che diede ragione alla Gm, “si palesa l’eccesso di potere come lamentato, in quanto il Comune avrebbe dovuto comunque chiedere il coinvolgimento della Soprintendenza anche per la “CILA” di cui al presente contenzioso, senza porre la condizione del previo smontaggio della struttura, non previsto da alcuna norma con le modalità seguite dal Comune“.
Inoltre, il Comune non avrebbe dovuto far smontare il dehors alla Gm in quanto “la ricorrente avrebbe potuto presentare un permesso di costruire” e risolvere la situazione che si era creata.
Ecco allora che i giudici amministrativi condannarono il Comune a risarcire la Gm per 176.900 – smontaggio e rimontaggio del dehors – oltreché alle spese di lite che fanno sì che l’Ente in tutto dovrà pagare la cifra di quasi 181mila euro.
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Il Comune di Terracina, soccombente al Tar, ha presentato ricorso al Consiglio di Stato per la riforma della sentenza del primo grado amministrativo. Secondo l’Ente comunale, il Tar non avrebbe considerato che, secondo legge, l’autorizzazione paesaggistica “non può essere rilasciata in sanatoria successivamente alla realizzazione, anche parziale, degli interventi”. Inoltre, sempre secondo il Comune di Terracina, Il Tar non ha considerato che la condotta della Gm Comunicazione srl non sarebbe stata lineare e “ha attribuito alle fatture (nda: in riferimento ai costi per il montaggio e lo smontaggio del dehors) prodotte valore probatorio pieno laddove, provenendo da un terzo estraneo al giudizio, le stesse avrebbero potuto offrire, al più, solo un elemento di prova”.
Il Consiglio di Stato, dopo l’udienza discussa lo scorso 10 marzo, ha dato torto al Comune di Terracina in quanto non ha prodotto la copia della sentenza del Tar impugnata. “Nel caso di specie – si legge nella sentenza pubblicata dalla quarta sezione del Consiglio di Stato presieduta dal Giudice Luca Lamberti (estensore Silvia Martino) – tale onere di deposito non risulta in alcun modo validamente assolto da parte del Comune di Terracina né nel termine prescritto per il deposito del ricorso in appello, né successivamente, prima del passaggio della causa in decisione”. L’appello, quindi, risulta inammissibile.
Palazzo Spada ha deciso di compensare le spese tra le due parti opponenti.