Daspo Urbano ai senzatetto, Ranaldi (PerLatina2032): “Da città dell’accoglienza a città del cartellino rosso: è risposta sbagliata, uno schiaffo al lavoro delle associazioni”
La proposta di delibera presentata mercoledì in commissione mira ad allontanare poveri e senza dimora dal centro della città: il consigliere di opposizione denuncia come “il Daspo urbano è solo scorciatoia, una risposta simbolica per problemi complessi, così la città non diventa più vivibile, ma meno solidale”
Venerdì 7 marzo 2025 – “Siamo arrivati anche a Latina alla salvaguardia della città dei ‘giusti’, a discapito di coloro che non sono degni di rientrare in tale categoria: è pura logica della ‘dislocazione’, più o meno temporanea, di coloro che sono considerati un danno per il ‘decoro’ delle città”, così Nazzareno Ranaldi, consigliere comunale in quota Per Latina 2032, a proposito delle polemiche sorte dopo la proposta della giunta comunale, presentata mercoledì in commissione Pianificazione, che mira ad allontanare i senza dimora dal centro con provvedimenti di Daspo Urbano. “Siamo nel pieno di quell’ideologia securitaria che, in un perverso circolo vizioso, si nutre della ‘percezione’ di insicurezza dei cittadini e la alimenta nello stesso tempo.”
In Comune sono state descritte le modifiche al regolamento di Polizia Urbana, dove sono indicate i luoghi, vie e piazze, in cui sarà severamente vietato, pena l’allontanamento in caso di comportamento reiterato, stazionare per i senza fissa dimora. “Latina arriva seppur tardi all’appuntamento con il cosiddetto Daspo Urbano, istituto mutuato dal contesto calcistico, che si innesta nel tessuto urbano al fine di tutelare il controverso ‘bene’ della ‘sicurezza urbana’. Tuttavia, già agli inizi degli anni 2000, le tifoserie organizzate avvertivano: ‘leggi speciali, oggi per gli ultrà, domani per tutta la città’ ”, dichiara Ranaldi.
Spiega Ranaldi: “È essenziale che Latina continui a essere un luogo di accoglienza, dove ogni individuo, indipendentemente dalla propria condizione, possa sentirsi parte integrante della comunità. E’ anche uno schiaffo al lavoro che quotidianamente svolgono le associazioni e la Caritas che fornisce ogni giorno pasti per 190 persone – di cui tra i 30 e i 40 sono senza fissa dimora – e i servizi sociali, con una mappatura e una riflessione sul problema della marginalità e della integrazione. Non dimentichiamo l’intervento da sceriffi realizzato in via Don Morosini con la distruzione delle panchine dove sostavano i clochard, che hanno solo dato come risultato uno spostamento dei senza fissa dimora in altre zone della città. Invitiamo tutti i cittadini e le istituzioni a riflettere su queste questioni e a opporsi a misure che non solo allontanano i più vulnerabili, ma minano anche il tessuto sociale della nostra città. La vera sicurezza si costruisce attraverso l’inclusione, il dialogo e il rispetto dei diritti di tutti.”
“Il Daspo urbano rischia di rappresentare la ‘scorciatoia’ da utilizzare per dare delle risposte ‘simboliche’ a problemi molto più complessi. Peraltro, una volta sdoganato il suo utilizzo in campi diversi da quello prettamente calcistico, vi è stato quasi l’affannarsi ad invocare il Daspo come mezzo utile per tutte le stagioni e tutte le materie. – continua Ranaldi – Questi provvedimenti si portano dietro i rischi insiti nell’amministrativizzazione del diritto penale, perché sono misure denominate formalmente ‘amministrative’ ma che, in realtà, condannano il destinatario a subire l’afflizione di una pena, senza il rispetto dei principi e delle garanzie proprie del diritto penale. Sono anche strumento di controllo della mobilità di alcuni soggetti che devono essere ‘espulsi’ dal cerchio più interno della città e relegati nelle periferie, lontano dallo sguardo di turisti e cittadini ‘perbene’, chiunque esse siano, inseguendo obiettivi di ‘decoro’”.
Ancora, continua Ranaldi, il Daspo modificherebbe la geografia delle città: “Troppi, infatti, sono coloro che subiscono, ogni giorno, sui propri corpi, le conseguenze di un ‘diritto penale massimo’ e di uno ‘Stato sociale minimo’. Da qui la necessità di recuperare il baricentro dei nostri principi fondamentali e di contrapporre alla controversa costruzione del ‘diritto alla sicurezza’ la necessaria prospettiva della ‘sicurezza dei diritti’”. “In un momento in cui dovremmo lavorare per costruire una città più inclusiva e solidale, l’introduzione del Daspo urbano rappresenta un passo nella direzione opposta”
Infine, il consigliere ha ripercorso l’origine della misura: “È frutto della politica che ha alla base lo slogan della ‘tolleranza zero’, che tanto piace alla destra: il DASPO urbano è definito dalla legge come ‘misura a tutela del decoro di particolari luoghi’ e si tratta di un istituto nato negli ultimi anni ed introdotto per la prima volta con il decreto legge 14/17, il cosiddetto decreto Minniti. Poi in soli tre anni, sono intervenuti ben tre decreti-legge (n.113/2018; n.53/2019; n.130/2020) che ne hanno irrigidito fortemente la disciplina, estendendone i presupposti applicativi e prevedendo specifiche fattispecie incriminatrici in caso di violazione. L’utilizzo della decretazione d’urgenza trova la propria ratio nell’esigenza di rispondere ad una ‘percezione’ di insicurezza dei cittadini e di garantirne la necessaria ‘rassicurazione’”.