DAL TRENTINO L’INFORMATIVA DEI ROS CHE CITA I TRIPODO DI FONDI

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È contenuta in un’informativa dei Carabinieri Ros alla Procura di Trento la menzione della famiglia Tripodi di Fondi citati in riferimento a un commercialista di Rieti Fabrizio Cipolloni

A dare notizia dell’informativa di 2000 pagine è oggi, 10 novembre, il ilfattoquotidiano.it.

L’indagine cui si fa riferimento ha come protagonista il territorio, apparentemente intonso da locali e faide, del Trentino ed è denominata “Perfido“. Il 15 ottobre scorso l’operazione coordinata dalla Procura locale ha portato a galla la presenza strutturata della ‘ndrangheta in Trentino. Legami con cosche del reggino e tanto denaro per essere reinvestito in maniera illecita al fine di infiltrarsi nel tessuto economico sociale del Trentino. Le accuse, a vario titolo, vanno dall’associazione per delinquere di stampo mafioso all’estorsione, dalla violenza al voto di scambio. 13 le persone arrestate e 6 poste ai domiciliari tra cui il commercialista reatino Fabrizio Cipolloni insieme a Giuseppe Paviglianiti, Vincenzo Vozzo, Giovanna Casagranda, il carabiniere Fabrizio De Santis e l’imprenditore Giulio Carini.

L’operazione, piuttosto complessa e articolata, si è svolta Trentino, ma anche a Reggio Calabria, portando agli arresti in carcere Innocenzio Macheda (ritenuto il capo locale dell’organizzazione), Giuseppe e Pietro Battaglia (in passato l’uno assessore e l’altro consigliere comunale a Lona Lases in provincia di Trento), Mario Giuseppe Nania, Pietro Denise, Arafat Mustafà, Domenico Ambrogio, Demetrio Costantino, Domenico Morello, Giovanni Alampi, Saverio Arfuso, Antonino Quattrone e l’imprenditore romano Alessandro Schina. È proprio quest’ultimo che, secondo inquirenti e investigatori, orienta l’indagine verso mondi insospettabili e a distanza di chilometri: si tratta, come riporta il giornale diretto da Peter Gomez, della Regione Lazio intesa come ente.

Una presunta cena in un ristorante di Centocelle, nel 2018, fra il vice-presidente della Regione Lazio Daniele Leodori e l’imprenditore romano Alessandro Schina, accusato, per l’appunto, di associazione a delinquere di stampo mafioso a causa dei supposti legami con la ‘ndrangheta in Trentino. Ci sarebbero inoltre anche contatti con esponenti della direzione romana del Pd e con nomi noti della criminalità romana. Secondo la Procura di Trento, a Roma, esiste una “locale” di ‘ndrangheta che dialoga con la politica anche ai più alti livelli. Un’associazione per delinquere che gli investigatori, nell’informativa descritta dall’articolo de ilfattoquotidiano.it, definiscono “gruppo romano” in collegamento con la cellula ‘ndranghetista di Trento capeggiata dal boss Innocenzio Macheda.

presunti rapporti con esponenti della criminalità – ha tenuto a precisare Leodori (non indagato nell’inchiesta trentina) a ilfattoquotidiano.itsono destituiti di ogni fondamento. L’attenzione massima sui temi della legalità è una costante del mio impegno istituzionale ed è sotto gli occhi di tutti. Sono certo di essermi comportato sempre in modo assolutamente corretto”.

Ma è a un’ulteriore cena, nel 2017, cui l’informativa fa riferimento e in cui entra, per la prima volta, nelle carte investigative, il nome della famiglia Tripodo. È quando Schina e Morello (calabrese, considerato socio occulto delle aziende guidate da Schina e Cipolloni e dalle loro “teste di legno”) vogliono far partire un progetto di digitalizzazione e archiviazione di documenti e cartelle cliniche. Per farlo, serve loro un aggancio politico, e, per trovarlo, si rivolgono – tramite un pluripregiudicato, amico di Carminati, Massimo Vecchioni – a Fortunato Mangiola (non indagato), ex consigliere municipale di area moderata, romano ma di origini calabresi.

Alla cena che ne segue, il 13 dicembre 2017, partecipano, oltre a Schina e Vecchioni, anche Massimo Lanata (imprenditore genovese con precedenti di polizia), Alessio Zaratti (dipendente di Schina) e Gino Puma, presidente della nota società di vigilanza Puma Security, interessato al “progetto”, in quanto “lui ha 25 Procure e il suo progetto lo vorrebbe far partire da lì”.

Durante la cena, Mangiola si vanta delle sue conoscenze con il clan Morabito. Secondo i Ros, Mangiola, in passato, “parrebbe si sia adoperato a favorire i contatti tra il clan calabrese dei Tripodo e la politica romana per l’aggiudicazione di lavori pubblici d ingente valore in cambio di un suo guadagno economico”, fra cui “lavori della tangenziale”.

Riavvolgendo il filo per tornare a Cipolloni, il commercialista da cui siamo partiti, c’è un’altra intercettazione, datata 13 marzo 2018, citata dall’informativa dei Ros che appare interessante dal punto di vista investigativo. Nel dialogo si fa cenno, secondo gli inquirenti, alle “interessenze delle società” – a Cipolloni riconducibili – “con elementi della criminalità organizzata calabrese, facendo riferimento alla famiglia Tripodo di Latina (ndr: coinvolti nei processi Damasco e di stanza a Fondi) nonché ai contatti con i Morabito della zona Centocelle (…) e riferisce, in tal senso, anche dell’atteggiamento rispettoso per questi ambienti del socio Morello”. Cipolloni dice dei “calabresi”: “Mai chiesto un favore in vita mia… non gli puoi neanche dire di no… ma finché sono piaceri così… perché poi loro sono immischiati con tutto… con Zingaretti… con… te lo chiamano davanti eh… sono tutti in busta paga secondo me… ma pensa dopo se tu… e si presentano questi… ti porto 20… non è che tu prendi i 20 e poi…”. Una frase che potrebbe essere benissimo una millanteria ma sulla quale gli investigatori del Ros vogliono, secondo l’articolo de ilfattoquotidiano.it, approfondire. 

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