DAL PARCO DEL CIRCEO AL JOVA BEACH PARTY: PROFESSIONISTI SPIEGANO PERCHÉ NON È SOSTENIBILE

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Arianna Dissegna al Parco Nazionale del Circeo sul Jova beach Party
Arianna Dissegna parla dalle dune del Parco Nazionale del Circeo per una critica costruttiva sul Jova Beach Party

Con un video del 18 luglio, un gruppo di laureati e professionisti in ambito naturalistico parte dal Parco Nazionale del Circeo per dimostrare attraverso una critica costruttiva perché il famigerato Jova Beach Party non sia un evento sostenibile o che, come postulato dagli organizzatori, possa riuscire a smuovere le coscienze dei numerosissimi partecipanti verso una maggiore consapevolezza ambientale.

Al contrario, il Jova Beach Party è un fenomeno di marketing che porta ingenti incassi agli organizzatori e apparenti guadagni ai territori ospitanti, i quali invece pagheranno sul lungo periodo un conto salatissimo in termini di perdita di biodiversità e di capacità di resilienza ecosistemica. Come ormai è noto il Jova Beach Party comprende un tour di concerti sulle coste sabbiose italiane e si sviluppa, di volta in volta, tappa dopo tappa, su un’estensione pari a tre campi da calcio ospitando fino a 60.000 persone contemporaneamente. Sia chiaro, questo evento dal punto di vista delle autorizzazioni è lecito, poiché le carte sono state validate dalle amministrazioni locali, ma spesso e volentieri questo non comporta che sia legittimo dal punto di vista ecologico. 

È Arianna Dissegna, wildlife biologist (biologa degli ambienti naturali) a parlare avendo alle spalle la flora e la fauna (invisibile ma sempre presente) delle tipiche dune del Parco del Circeo. La biologa esordisce dicendo che i professionisti della protezione ambientale non sono contro l’iniziativa di Jovanotti in sé ma evidenziano l’inappropriatezza di tutti quegli eventi che pretendono di svolgersi all’interno degli ecosistemi dunali che, carte scientifiche alla mano, risultano i più fragili non solo a livello nazionale ma a livello mondiale. Un recente studio scientifico italiano, infatti, dimostra che gli habitat costieri risultano i meno protetti e perciò i più abusati rispetto ad altri ecosistemi. Il dato riportato nel video dice che ben l’88% delle aree costiere presenta un cattivo stato di conservazione mentre il restante 12% è in condizioni inadeguate; oltre a ciò, l’estensione degli ecosistemi dunali è in decrescita, cioè è sempre più ridotto, da un lato per l’antropizzazione e per il consumo di suolo che insieme rosicchiano terreno, mentre dal versante marino c’è l’erosione costiera che sottrae, mese dopo mese, anno dopo anno, battigia utile ad allontanare i moti ondosi dall’entroterra (e sicuramente per stendere d’estate i teli su cui abbronzarsi). Sulle coste pontine è molto evidente questo restringimento dell’ampiezza delle coste sabbiose anche dovuto a opere e strutture fisse, come il molo del porto di Anzio, il quale con molta probabilità ha contribuito a cambiare le correnti marine i cui effetti erosivi si fanno sentire fino al promontorio del Circeo. Ecco, un ulteriore esempio di come un’opera frutto dell’ingegno umano, ideata senza considerare i propri impatti sull’ambiente possa essere paragonata a quel battito di ali di farfalla che potrebbe arrivare perfino a scatenare un uragano. Evidentemente la percezione da parte degli italiani della fragilità degli ecosistemi in generale, ma ancor peggio nei confronti delle zone costiere, è di grana grossa, superficiale e tetragona, ossia non è così chiara la funzione protettiva degli habitat dunali che si frappongono tra i mari e gli oceani e la terra emersa. In un’epoca in cui si va verso l’innalzamento delle acque marine, fenomeno dovuto soprattutto allo scioglimento dei ghiacci polari e di tutti i ghiacciai millenari, questi dati dovrebbero interessare chiunque e far capire l’importanza della salute di questo baluardo ecosistemico, e che il Jova Beach Party è solo l’ennesima sopraffazione dell’antropocentrismo verso gli ecosistemi naturali ma che, in questo caso specifico, ha trascinato con sé una eco mediatica di magnitudo proporzionale alla notorietà dei soggetti coinvolti.

Il video prosegue nell’Oasi di San Felice nella Maremma toscana, un habitat molto simile alle aree protette dal Parco del Circeo. Libero Middei, ecologo e fotografo, aggiunge al dibattito pubblico un’osservazione importante ossia che non è solo il fronte ambientalista a sollevare critiche alla mastodontica opera di entertainment organizzata dal Jovanotti e sostenuta anche dal WWF nazionale e da testate come il Corriere della Sera, ma che ad alzare la voce sono anche professionisti del settore ambientale come laureati in scienze naturali, ecologia o materie affini alla protezione ambientale, come ha fatto qualche giorno fa il geologo Mario Tozzi scrivendo una lettera aperta a Jovanotti per dire “questa volta ti sbagli”, facendo riferimento alla sostenibilità ambientale millantata dal cantante in relazione al Jova Beach Party.

Elisabetta Mitrovic, naturalista, illustratrice ed educatrice ambientale laureata in scienze naturali, dal Monumento di Torre Flavia racconta della zona intertidale, meglio conosciuta come spiaggia, porzione dell’area costiera interessata dall’alta e bassa marea dove arriva tutta la sostanza organica dal mare che nutre direttamente e indirettamente la flora e la fauna dei sistemi costieri; poi accenna alla zona delle dune mobili (ormai rarissime perché hanno bisogno di spazio, appunto, per muoversi) e delle dune fisse, spesso spianate per costruire strutture balneari ai fini dello sfruttamento turistico della costa. La Mitrovic parla delle “pulci di mare” (piccoli crostacei), posidonia, pancrazio marittimo o giglio di mare, e offre altri interessantissimi spunti per conoscere meglio le coste sabbiose.

Interviene anche Giacomo Radi, laureato in scienze naturali, fotografo naturalistico, che si occupa, al fianco di enti pubblici, di conservazione e tutela della natura, circondato da un tratto di costa protetta della marina di Grosseto. Radi parla del fratino, quell’uccello che nidifica sulle spiagge e che è stato sulla bocca di tutti proprio in occasione dell’incompatibilità del Jova Beach Party e della riproduzione di questo volatile marino, ma spiega anche che il fratino è come fosse l’emblema dello sconfinamento antropico negli ecosistemi marini. Infatti, sono moltissime le specie di invertebrati che popolano e garantiscono la sopravvivenza degli ecosistemi dunali: coleotteri, ragni, insetti, farfalle, falene, persino la falena del pancrazio che ha una vita difficile proporzionalmente alla poca duna lasciata a disposizione dei bellissimi gigli di mare (al netto di chi li coglie ignorantemente per portarsi a casa questo fiore, la cui bellezza candida durerà solo quanto il capriccio di chi lo ha strappato dal suo habitat).

Fratino, uccello marino che nidifica sulle spiagge sabbiose

Dal Monumento Naturale palude di Torre Flavia, prende la parola Corrado Battisti, laureato in scienze naturali, ricercatore, wildlife manager in questo parco della Città metropolitana di Roma Capitale. Questa area protetta, infatti, è importantissima per gli uccelli migratori, al pari del ruolo dell’habitat acquitrinoso-lacustre dei laghi di Fogliano, dei Monaci, di Caprolace e di Paola dove nidificano ancora molti uccelli migratori che trovano nelle zone umide il luogo ideale per riprodursi. Erosione, calpestìo, lo scorrazzare dei cani lasciati liberi che disturbano i volatili e i loro nidi, e anche il “littering” ossia l’immondizia lasciata da incivili o riportata dal moto ondoso ai legittimi inquinatori, Battisti oltre a questi argomenti parla anche delle soluzioni adottate per attutire problemi del genere coinvolgendo scuole e i più giovani, dando loro un’occasione di formazione diretta di quello che gli Istituti ministeriali chiamano Outdoor Education, considerata un’avanguardia educativa tra gli approcci pedagogico-didattici. Proprio questo sito sarebbe dovuto essere una delle location del Jova Beach Party del 2019, poi per fortuna non fu più così a discapito di una località alternativa. Altro argomento interessante introdotto da Battisti è l’iniziativa del Comune di Ladispoli di interrompere la pulizia meccanica della battigia, con i trattori per intenderci, sostituita da una pulizia manuale da parte di 88 volontari.

Chiude il susseguirsi degli interventi Giacomo Moro, dottore in biologia evoluzionistica e divulgatore di tematiche biologiche e ambientali che propone una interessantissima e articolata riflessione (che si consiglia di ascoltare integralmente) sull’impatto ambientale di iniziative simili al Jova Beach Party. Tra i vari punti evidenziati, Moro solleva un semplice interrogativo: si vuole essere parte di un problema o parte della soluzione di questo?

A conclusione, è d’obbligo ricordare che il Jova Beach Party è solo uno degli eventi che hanno un indubbio impatto negativo sugli ecosistemi, in questo caso quello dunale. La querelle che ha messo Jovanotti nell’occhio del ciclone ha avuto una grande risonanza mediatica grazie alla notorietà dell’organizzatore che ha dato il nome alla kermesse, ma esistono altre e tante iniziative di carattere permanente e non transitorio come ad esempio il progetto devastante dell’autostrada Roma-Latina, il quale oltre a prevedere un ingente pedaggio per chi la utilizzerà, taglierà in due la Riserva Naturale dei Decima di Malafede. Accanto ad esso, l’opera gemella della Cisterna-Valmontone che passerà sopra al Monumento naturale del Lago di Giulianello (tra Giulianello, LT, ed Artena, RM) e darà il via all’esproprio di diverse aziende agricole biologiche che insistono sui tracciati, in tutto 5.000 espropri di imprese e abitazioni private. Tutto questo per incentivare l’utilizzo delle automobili senza che invece venga potenziata la linea ferroviaria che ancora è rimasta, insieme all’orizzonte degli amministratori locali e nazionali, nel Novecento e possiede solo una rotaia.

Sicuramente scelte politiche e istituzionali di questo genere come eventi mastodontici in habitat fragili non fanno bene all’ambiente, quindi è lecito che le generazioni vecchie e nuove si domandino: allora a chi Jova?

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