DA BIOGAS A BIOMETANO, L'IMPIANTO SI FARÀ NONOSTANTE IL NO DEL COMUNE DI APRILIA - Latina TU

DA BIOGAS A BIOMETANO, L’IMPIANTO SI FARÀ NONOSTANTE IL NO DEL COMUNE DI APRILIA

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Riconversione completa di un impianto a Biogas in un impianto di produzione di Biometano ad Aprilia: via libera nonostante il “no” del Comune

La società milanese “Bioenergie Italia srl società agricola” potrà realizzare il suo progetto di riconversione dell’impianto a biogas in Via dell’Industria ad Aprilia. A stabilirlo è una determina del settore “Ecologia e Tutela del Territorio” della Provincia di Latina che ha dato atto della conclusione positiva della conferenza dei servizi.

L’attuale impianto, è autorizzato dal 2012 per la produzione di energia da biogas con apposito gruppo elettrogeno. Dal 2014, l’impianto ha avuto il via libera dal Comune di Aprilia per la trasformazione di sottoprodotti di origine animale. Successivamente, nel maggio 2022, la società milanese ha presentato istanza per ottenere l’autorizzazione unica a riconvertire tutto in un impianto di produzione a biometano con capacità produttiva pari a 517 Smc (Standard metro cubo) all’ora.

Al che la Provincia di Latina ha indetto una conferenza dei servizi alla quale ha invitato i vari enti per esprimersi sul progetto. La Regione Lazio ha fornito un parere con un assenso senza condizioni; il settore Pianificazione territoriale della Provincia di Latina ha dato un parere preventivo parzialmente positivo con condizioni. Da Arpa Lazio e Asl due assensi senza condizioni.

L’unico a esprimere parere contrario è stato il Comune di Aprilia sia con il Settore Urbanistica che con quello Ambiente ed Ecologia.

A gennaio scorso, infatti, il settore Ambiente ed Ecologia dell’ente apriliano si è detto contrario al progetto di riconversione, fornendo quattro motivazioni principali. Per il Comune, l’intervento non è compatibile con lo strumento di pianificazione comunale vigente che classifica l’area come agricola, comportando una variante al Piano Regolatore. L’ampliamento dell’impianto, inoltre, sarebbe in contrasto con il Regolamento comunale approvato con Delibera di consiglio n. 11 del 14 marzo 2013 con riferimento alla mancanza di adeguate distanze da abitazioni isolate.

L’ampliamento dell’impianto comporterebbe un raddoppio delle biomasse previste in ingresso con conseguente rischio di incremento dell’impatto odorigeno e riduzione della qualità dell’aria. L’intervento farebbe scaturire altresì ulteriori attività non compatibili con la destinazione agricola dell’area quali l’imbombolamento e lo stoccaggio in sito del biometano prodotto.

Infine, l’ampliamento dell’impianto determinerebbe ulteriore consumo di suolo e riduzione dell’area agricola rimasta permeabile sul lotto di terreno oggetto di intervento. La criticità della matrice suolo, in particolare in aree classificate agricole, ne determinerebbe una necessità di tutela anche rispetto agli obiettivi di neutralità climatica che prevedono la decarbonizzazione del settore energetico.

Anche dal settore Urbanistica del Comune di Aprilia, il progetto va respinto sia perché l’area è zona agricola, sia perché dalla documentazione prodotta dalla Bioenergie non risultano rispettati i distacchi dai confini e le altezze massime dei nuovi manufatti e dei nuovi impianti da realizzare.

Pareri negativi dai due settori del Comune di Aprilia che, però, a parere della Provincia di Latina, risultano carta straccia in quanto sarebbero in contrasto con le norme di settore derivanti dal decreto legislativo 387/2003 e dal Decreto del Mise del 10 settembre 2010: “Gli impianti possono essere ubicati in zone classificate agricole dai vigenti piani urbanistici, nel qual caso l’autorizzazione unica non dispone la variante allo strumento urbanistico”.

A corredo, il settore Ambiente della Provincia cita due sentenze del Consiglio di Stato che ribadirebbero la legittimità dell’autorizzazione unica pur in presenza del parere contrario del Comune dove l’impianto intende essere realizzato (per la parte delle distanze minime); una sentenza del Tar Lazio e persino una sentenza della corte Costituzionale.

Insomma, la riconversione s’ha da fare, a ogni costo, nonostante il Comune del territorio dica di no.

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