CRIMINALITÀ ORGANIZZATA, LA PROVINCIA DI LATINA STUDIATA DAL REPORT DEL VIMINALE

Quinto report del Viminale sulle infiltrazioni mafiose nel tessuto economico: la provincia di Latina, insieme ad altre tre, è stata presa come punto di riferimento per studiare i fenomeni criminali

“Il Viminale sta lavorando da più di un anno per rafforzare il cordone di sicurezza intorno alle aziende e alle attività economiche che, proprio in questa fase di riaperture ma anche di persistente vulnerabilità finanziaria dovuta a una crisi senza precedenti, sono insidiate su più fronti dalla strategia di espansione delle mafie. I report periodici dell’Organismo permanente di monitoraggio ed analisi sul rischio di infiltrazioni nell’economia da parte della criminalità di tipo mafioso – che ho voluto insediare già nella primavera del 2020 – ci consentono di sfruttare al meglio una rete di sensori diffusa in tutto il Paese. In particolare, l’ultimo rapporto, il quinto, accende un faro sul fenomeno delle variazioni societarie durante la pandemia come possibili indizi di contaminazioni, fornendo un indispensabile strumento di analisi per prevenire i tentativi di alterazione del mercato, di inquinamento del tessuto economico e di condizionamento degli appalti e delle gare pubbliche”. Così il Ministro dell’Interno Luciana Lamorgese a margine del quinto Report diffuso oggi dall’Organismo permanente, presieduto dal Prefetto Vittorio Rizzi, Vice Direttore Generale della Pubblica Sicurezza, Direttore Centrale della Polizia Criminale, e composto da rappresentanti della Polizia di Stato, dell’Arma dei Carabinieri, della Guardia di Finanza, del Dipartimento della Polizia Penitenziaria, nonché della DIA e della Direzione centrale per i servizi antidroga.

“Di fronte all’allarme lanciato da più parti che la tempesta economica conseguente alla pandemia sia solo agli inizi, non siamo rimasti immobili. Pur non registrandosi ancora evidenze giudiziarie significative, l’Organismo permanente ha indagato altrove, individuando nelle variazioni societarie un possibile indizio di contaminazione. Siamo consapevoli che i 12 mesi analizzati non costituiscono un lasso temporale statisticamente significativo, tanto più che l’ampio ventaglio degli interventi assicurati dallo Stato per contrastare una crisi senza precedenti ha inciso sui parametri economici di riferimento. Gli elementi emersi possono costituire, però, il preludio di ciò che potrebbe verificarsi nell’immediato futuro e sono indizi utili per adottare le conseguenti contromisure a tutela della sicurezza e dell’economia” – ha detto il Prefetto Rizzi.

L’Organismo permanente nei quattro Report precedenti aveva già delineato dei rischi potenziali, individuando i settori economici da sempre d’interesse delle mafie e le nuove aree connesse alle filiere produttive o ai servizi legati alla pandemia (cosiddetta Covid economy).

Nel quinto Report sono state analizzate le variazioni societarie intervenute nel periodo della pandemia come il turn-over di cariche a livello aziendale, il turn-over di partecipazioni, i trasferimenti di quote, i trasferimenti di aziende, i trasferimenti di sede, le variazioni di natura giuridica e/o del capitale sociale, registrati in Italia da marzo 2020 a febbraio 2021 (confrontate con quelle dell’anno prima), come possibile campanello d’allarme per ulteriori approfondimenti investigativi.

Dalla comparazione del totale delle variazioni nei due periodi è emersa una leggera flessione nel periodo Covid (marzo 2019 – febbraio 2020: 1.317.680 variazioni totali; marzo 2020-febbraio 2021: 1.234.618 variazioni totali) pari al – 6,30%, riconducibile, verosimilmente, alla repentina stagnazione economica forzata dai ripetuti lockdown locali e/o nazionali e dall’incertezza dei tempi di riapertura delle attività economiche non considerate essenziali. 

A fronte di questo trend, sono stati registrati un incremento del 7% delle segnalazioni per operazioni sospette analizzate nel 2020 e un aumento del 9,7% del numero delle società colpite dai provvedimenti interdittivi antimafia nel periodo Covid rispetto all’anno precedente. Tali dati devono essere letti nel segno di un contestuale innalzamento nel periodo della pandemia dell’attenzione delle forze di polizia e degli altri organismi deputati a scongiurare infiltrazioni illecite nell’economia legale, perché a fronte di maggiori rischi deve, corrispondere un maggior controllo. 
I settori più interessati dalle variazioni societarie sono rappresentati dal settore immobiliare e da quello del commercio all’ingrosso.
Le regioni dove si è registrato, in valore assoluto, il numero maggiore delle variazioni societarie considerate sono la Lombardia, il Lazio, il Veneto, la Campania e l’Emilia Romagna in entrambi i periodi.
L’approfondimento e l’analisi dei dati relativi alle società colpite da interdittiva antimafia nei due periodi hanno restituito un valore in aumento nel periodo Covid tanto del numero di società interdette (+9,7%) quanto del numero delle società interdette che hanno registrato variazioni societarie (+47 %).

Tale evidenza conferma come le variazioni societarie costituiscano uno strumento di cui le organizzazioni criminali spesso si avvalgono al fine di inquinare il tessuto economico produttivo, mentre l’aumento dei provvedimenti interdittivi è il segnale positivo di un sistema che possiede gli anticorpi per intercettare gli indizi di anomalia e bloccare per tempo l’operatività delle società infiltrate.
Nelle società colpite da interdittiva il settore maggiormente interessato è rappresentato dalle costruzioni. Le percentuali più alte di variazioni societarie sono state registrate nelle regioni Calabria, Sicilia e Campania, con una flessione per la Lombardia nel periodo Covid e con l’ingresso del Piemonte e della Puglia al posto dell’Emilia Romagna.
L’analisi è stata, poi, ulteriormente approfondita con un’estrapolazione dei dati in via sperimentale rispetto a quattro province campione (Reggio Emilia al Nord, Latina al Centro, Cosenza al Sud e Trapani per l’area Isole), dove già in passato evidenze investigative hanno documentato l’infiltrazione nell’economia da parte di sodalizi criminali di tipo mafioso.
È stata focalizzata l’attenzione sulle variazioni societarie registrate nel periodo più limitato 1° ottobre 2020 – 31 marzo 2021 riferite ai soli codici ATECO Ristorazione e Alloggio con l’obiettivo di fare un’analisi ancor più mirata rispetto a settori economici particolarmente esposti alla crisi pandemica.
Sono stati censiti le variazioni societarie (978 per le quattro province) ed il connesso numero dei soggetti coinvolti (2591 persone). È stata, inoltre, evidenziata la percentuale dei soggetti coinvolti che presenta, direttamente o indirettamente, criticità suscettibili di approfondimento analitico
A tal fine sono state individuate specifiche fattispecie delittuose, come i reati fiscali, tributari e i cosiddetti reati spia, ovverosia sintomatici di fattispecie che riflettono in sé il pericolo di infiltrazione mafiosa perché destano maggiore allarme sociale e intorno alle quali abitualmente gravita il mondo della criminalità organizzata di stampo mafioso.

I risultati di questo approfondimento hanno fatto emergere su 2.591 persone coinvolte nelle variazioni societarie nel semestre ottobre 2020 – marzo 2021 644 soggetti (il 24,8%) con criticità dirette o indirette (per contiguità o frequentazioni con persone che presentano precedenti di polizia rispetto ai reati indagati). Più in particolare, il 7,4% delle 2.591 persone, vale a dire 193 soggetti, presentano criticità dirette mentre 451 (pari al 17,4% sempre del totale delle persone coinvolte nelle variazioni societarie) fanno registrare criticità indirette.
Rispetto ai 193 profili con criticità dirette sono stati considerati il totale dei reati (tra quelli selezionati) ad essi riconducibili (243) nonché le percentuali di incidenza delle prime quattro categorie delittuose più ricorrenti (corrispondenti al 62% del totale dei reati), che sono:
–    reati fiscali e reati finanziari (25%);
–    associazione finalizzata alla produzione, traffico e detenzione illecita di sostanze stupefacenti o psicotrope (17%);
–    truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche (14%);
–    estorsione (6%).

Sui 193 soggetti con criticità sono stati, poi, analizzati altri aspetti incentrati su un autonomo indicatore di rischio che evidenzia la plurititolarità di partecipazione e/o l’assunzione di cariche in più di due imprese presenti in settori caratterizzati da diversi codici ATECO.
Tale analisi ha portato ad individuare il 30% (58 dei 193 soggetti presi in esame) come titolari di più partecipazioni della specie.

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