La Corte europea dei diritti dell’uomo si è espressa sul ricorso presentato nei giorni scorsi per impedire lo sgombero in via Andromeda nel quartiere Pantanaccio di Latina di uno dei due villini di Antonio Ciarelli, quello per intendersi sito al civico 15. L’altro al civico 16, come riportato in Ciarelli. Le confische silenziano il clan …, è stato evacuato già lo scorso 2 ottobre grazie all’operazione interforze coordinata dalla Questura di Latina.
I giudici di Strasburgo non hanno prorogato la sospensione dello sgombero perché hanno verificato che i Servizi sociali di Latina hanno preso in carico l’intero nucleo familiare. Il Comune dovrà quindi trovare una soluzione abitativa alternativa al casato della famiglia Ciarelli, compatibilmente con la situazione di salute dei tre occupanti e garantendo l’unità del nucleo familiare.
Lo sgombero, già previsto lo scorso 3 ottobre e rinviato in attesa del pronunciamento dei giudici europei, dovrà ora essere valutato dalla Corte anche alla luce della conformità del procedimento col principio di equità. Gli avvocati di Antonio e Giulia Ciarelli e di Giacinta Spada, Gaetano Marino e Carla Bertini, avevano adito la Corte per motivi urgenti dettati dalle gravi condizioni di salute degli occupanti. Tutti e tre sarebbero infatti invalidi e Antonio sarebbe stato ricoverato in ospedale il giorno del primo sgombero. I legali contestavano nello specifico che il processo di evacuazione non sarebbe potuto avvenire prima della sentenza del Consiglio di Stato.
Ancora in decisione anche il ricorso sulla misura della confisca presentato alla Corte di Strasburgo nel 2014. Il ricorso, che riguarda la confisca di tutto il patrimonio della famiglia Ciarelli, sostiene che l’illegittimità della confisca per alcuni degli esponenti della famiglia nomade: in particolare per coloro che non sono stati condannati, ma ai quali i beni sono stati sottratti in quanto riconducibili in qualche modo ad altri esponenti condannati. I legali in definitiva sostengono che non sia stata svolta un’attenta indagine patrimoniale sui singoli parenti.
Le ville di Via Andromeda sono state infatti oggetto di un provvedimento emesso dall’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati alla Criminalità Organizzata. Tale attività rientra in un più ampio progetto di affidamento ad Enti istituzionali di beni appartenenti alla criminalità organizzata.
Il bene confiscato è parte dell’imponente operazione di polizia giudiziaria eseguita ad aprile del 2010 dalla Divisione Polizia Anticrimine, in collaborazione con la Squadra Mobile della Questura di Latina e con l’ausilio del Servizio Centrale Operativo di Roma, che aveva consentito prima il sequestro di tutti i beni mobili e immobili riconducibili alla famiglia Ciarelli e, successivamente, la confisca dell’intero patrimonio per un valore complessivo di 6 milioni di euro circa. Nonostante i provvedimenti di confisca emessi negli anni successivi i due stabili continuavano ad essere occupati indebitamente dai tre appartenenti alla famiglia.
Si ricordi che l’indirizzo delle unità abitative ha dato il nome al Processo (“Andromeda” appunto) che scaturì dalla guerra tra clan nomadi e non nomadi, originata dal fallito attentato ai danni di Carmine Ciarelli, e che portò sul banco degli imputati gli esponenti della famiglia Di Silvio più vicini al boss Armando, detto Lallà.