Pagavano le pratiche a prezzo maggiorato, coinvolti anche diversi professionisti nell’inchiesta della Guarda di Finanza di Latina che ha portato all’arresto di due funzionari della Camera di Commercio di Latina
La Guardia di Finanza di Latina, stamani, 6 novembre, ha dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari, emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Latina, Giuseppe Cario, su richiesta del sostituto procuratore della Repubblica di Latina, Valentina Giammaria, nei confronti di 2 uomini, indagati a vario titolo, per le ipotesi di reato di corruzione continuata e truffa aggravata in relazione a false attestazioni di presenza in servizio. Si tratta di due funzionari della Camera di Commercio e quindi pubblici ufficiali: il 51enne di Latina, ma domiciliato a Sezze, Andrea Di Stefano e il 65enne di Cassino, Giuseppe Luciano. Di Stefano è addetto all’ufficio bilancio, mentre Luciano ha compiti di “front office” ed è addetto all’ufficio “Registro delle Imprese – Servizi innovativi – Spid”.
Le indagini, svolte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Latina, guidato dal tenente colonnello Angelo Andreozzi, hanno consentito di raccogliere gravi indizi in ordine al coinvolgimento attivo in diversi episodi corruttivi di due funzionari della Camera di Commercio di Latina, i quali, dietro indebiti compensi economici, si sarebbero adoperati per agevolare la definizione ovvero velocizzare l’iter di pratiche istruttorie di competenza, relative ad esempio a cessioni di quote societarie, variazioni di sedi legali, deposito bilanci, messa in liquidazione e cancellazione dal registro delle imprese eccetera.
In particolare, da quanto ricostruito nel corso delle indagini, uno dei funzionari aveva il compito di ricercare “potenziali clienti” a cui proporre la gestione rapida e sicura delle pratiche, da indirizzare successivamente al secondo, e quest’ultimo, una volta raggiunto l’accordo sul “compenso extra” pattuito per la prestazione richiesta, predisponeva i documenti necessari all’esecuzione della pratica amministrativa, curandone la rapida esecuzione.
Durante le indagini, emergeva inoltre che il buon esito e l’effettiva rapidità garantita nella definizione delle istruttorie rispetto alle ordinarie tempistiche aveva consentito ai due funzionari di accreditarsi presso vari professionisti e di ampliare, di fatto, il proprio bacino di utenza di beneficiari. Inoltre, in più di un episodio, è stato rilevato che i professionisti, al fine di assicurarsi maggiore celerità nel perfezionamento delle pratiche da richiedere alla Camera di Commercio, erano disposti a corrispondere ai due funzionari un ulteriore compenso “extra” in denaro preliminarmente concordato.
Tale modus operandi comportava un aggravio dei costi da sostenere per l’utenza, che andavano ad aggiungersi a quelli ordinariamente previsti a titolo di diritti di segreteria, bolli, diritti camerali eccetera. Il vantaggio, per i professionisti, era rappresentato dalla sicurezza circa il buon esito della procedura e del suo perfezionamento in tempi assolutamente più contenuti della norma.
Per uno degli indagati, il provvedimento cautelare emesso dall’Autorità Giudiziaria riguarda anche l’ipotesi di reato d truffa aggravata in relazione a false attestazioni di presenza in servizio. Nello specifico, sono emerse circostanze in cui lo stesso, pur risultando presente a lavoro, di fatto si trovava in altre zone e non per ragioni del suo ufficio.
In tutto gli indagati, compresi i due funzionari arrestati, sono nove tra professionisti, alcuni dei quali commercialisti. La maggior parte degli indagati sono di Latina per una inchiesta che ha monitorato le pratiche agevolate negli anni che vanno dal 2021 al 2023. Le decine di pratiche finite all’attenzione degli inquirenti venivano pagate fino a 250 euro, quando invece sarebbe costate appena 50 euro. I compensi ai funzionari corrotti venivano corrisposti attraverso diretti passaggi di denaro oppure ricariche alla PostePay oppure su carta intestata a parente stretta.
Ad essere indagati a piede libero anche imprenditori, professionisti e commercialisti: Salvatore Areni di Latina (65 anni), Gianfranco Ranaldi di Latina (71 anni), Italo Parente di Sezze (48 anni), Nicola Domanico (33 anni), Mauro Carbonaro (44 anni), Fabio Ulgiati di Latina (48 anni) e Fabio Ficaccio (37 anni).
Diversi gli episodi contestati ai due funzionari che sono ritenuti corrotti dai professionisti. In un caso, Areni pagherebbe la somma di 1300 euro per la messa in liquidazione della sua società, detenuta insieme al cognato, noto imprenditore nel mondo della movida e candidato con Fratelli d’Italia alle elezioni amministrative di Latina, Renato Polverino (estraneo alle indagini). Di Stefano e Luciano, come in molti degli episodi contestati, si mettevano d’accordo per svolgere al meglio la pratica e velocizzarlo in modo da cancellare la società il prima possibile. “Fatte porta’ almeno 900/1000 euro – diceva Di Stefano a Luciano – perché due partono subito il bilancio finale poi ci vuole un po’”.
Secondo gli inquirenti sarebbe Luciano a procacciare professionisti in cerca di pratiche da agevolare, mentre Di Stefano si sarebbe occupato della parte tecnica, gestendo le medesime pratiche. Alla fine, per la pratica di Areni, i due avrebbero preso una somma di 1300 euro, suddivisa in due rate da 650 euro, da cui detrarre le spese di segreteria di 155 euro.
Non molto dissimile la vicenda che vede contestare al duo Luciano-Di Stefano la pratica agevolata per Gianfranco Ranaldi, nominato liquidatore di una società, che pagherebbe 1200 euro.
Per quanto riguarda un’altra pratica, Di Stefano è accusato di avere inviato con le credenziali del commercialista di Terracina, Cristian Cicerani (non indagato), alcune pratiche trasmesse alla Camera di Commercio. Di Stefano avrebbe intascato la somma di 390 euro invece di quella regolare da 164 euro.
In un altro caso, Di Stefano, mettendosi d’accordo con il commercialista Italo Parente, avrebbe disbrigato la pratica per il proprietario di un bar-gelateria di Latina. Anche una semplice comunicazione al Comune e alla Camera di Commercio per il codice Ateco sarebbe diventato motivo di lucro da circa 250 euro; così come una comunicazione di inizio attività (Dia) per conto di una impresa edile, sempre attraverso il commercialista Parente. Di Stefano si fa accreditare i soldi per la pratica su un conto PostePay, dicendo all’interlocutore di scrivere nella causale “una cazzata”. Il corrispettivo è di circa 400 euro.
Non manca nelle pratiche disbrigate da Di Stefano anche una semplice variazione della Pec per conto dell’indagato Nicola Domanico. In realtà, non costerebbe nulla, ma secondo i finanzieri Di Stefano si sarebbe fatto dare 30 euro.
In un altro episodio, Di Stefano si accorderebbe con il commercialista Mauro Carbonaro per l’evasione di due pratiche per l’Inps e il bilancio di una società. Costo totale: 90 euro. Sempre con lo stesso professionista, Di Stefano chiede la somma complessiva di 250 euro per tre variazioni di società e amministratori su Roma. Per un momento, Di Stefano rifiuterebbe dicendo che su Roma “sta pure ‘a stecca al professionista”; alla fine, i due si accordano: per tre pratiche, il costo sarà di 700 euro.
Tra gli indagati c’è anche un altro dipendente della Camera di Commercio di Latina, Fabio Ulgiati, che avrebbe avvicinato Di Stefano per una pratica relativa a una srl in nome di uno degli indagati, Fabio Ficaccio: “Il mio nome -spiega Di Stefano – proprio non uscirà…esce n’altra, esce Cicera (nda: si riferisce a Cicerani)”. Ficaccio avrebbe dovuto prelevare 250 euro di buoni carburanti dalla società in fallimento, per poi consegnarli a Ulgiati.
Accusato di falsa attestazione di servizio è, invece, Giuseppe Luciano, l’altro dipendente camerale arrestato quest’oggi dalla Guardia di Finanza. Secondo gli inquirenti, Luciano timbrava il badge a un determinato orario nel quale, però, risultava localizzato altrove. A decine gli episodi documentati dai finanzieri, sin dal 2021. Per tale ragione, il dipendente è accusato di truffa aggravata.
Secondo il Gip, che ravvisa il pericolo di reiterazione del reato, Di Stefano ha dimostrato spregiudicatezza e una tendenza alla voracità per i soldi, tanto da lavorare anche alla vigilia di Natale: “Per soldi posso pure lavora’”. Il dipendente della Camera di Commercio spiega a uno dei commercialisti indagati che svolge pratiche anche per un Caf di Priverno e che prende soldi anche per un “preposto” per gli impianti elettrici che occorre a una società. Diversi sono i rapporti con commercialisti e professionisti che testimoniano di come Di Stefano abbia costruito in questi anni una serie solida di rapporti. In una circostanza, è il commercialista di Terracina, Cristian Cicerani, che gli dice per finire una pratica di una società “Chiudemo e te do i soldi”.
In un altro scenario, il collega Ulgiati chiama Di Stefano e lo avverte di avergli lasciato i soldi sotto la tastiera del computer.
Pericolo di reiterare il reato è anche in capo a Giuseppe Luciano per il quale il Gip definisce allarmanti le modalità del reato, ossia quello di attestare falsamente il suo servizio alla Camera di Commercio. Senza contare che, per gli inquirenti, è Luciano il principale procacciatore di clienti i quali, solo in seconda istanza, si rivolgono a Di Stefano. Ovviamente, per tale servizio, anche Luciano otteneva i soldi: “300 euro pe piglia’ un contatto non me sembra poco” – gli dice Di Stefano.
Ad ogni modo, il Gip ravvisa anche il pericolo di inquinamento probatorio. Ecco perché per entrambi i funzionari ha disposto gli arresti domiciliari.