I Finanzieri del Comando Provinciale di Latina hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di 2 indagati per le ipotesi di reato di corruzione continuata e truffa aggravata
Sono stati interrogati, nell’ambito dell’interrogatorio di garanzia, dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Giuseppe Cario, i due funzionari della Camera di Commercio di Latina, arrestato mercoledì scorso, dalla Guardia di Finanza pontina con l’accusa di truffa aggravata e corruzione. Andrea Di Stefano, difeso dall’avvocato Claudio Cardarello, ha scelto di rispondere alle domande del magistrato, ammettendo gli addebiti a suo carico. Giuseppe Luciano, assistito dall’avvocato Lucio Teson, si è invece avvalso della facoltà di non rispondere.
I legali hanno chiesto per i propri assistiti misure meno afflittive, come quella della interdittiva dal lavoro in alternativa agli arresti domiciliari. Al contempo, verra presentato ricorso al Tribunale del Riesame.
Le accuse, formulate dal sostituto procuratore della Repubblica di Latina, Valentina Giammaria, sono quelle di corruzione continuata e truffa aggravata in relazione a false attestazioni di presenza in servizio.
Le indagini, svolte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Latina, guidato dal tenente colonnello Angelo Andreozzi, hanno consentito di raccogliere gravi indizi in ordine al coinvolgimento attivo in diversi episodi corruttivi di due funzionari della Camera di Commercio di Latina, i quali, dietro indebiti compensi economici, si sarebbero adoperati per agevolare la definizione ovvero velocizzare l’iter di pratiche istruttorie di competenza, relative ad esempio a cessioni di quote societarie, variazioni di sedi legali, deposito bilanci, messa in liquidazione e cancellazione dal registro delle imprese eccetera.
In particolare, da quanto ricostruito nel corso delle indagini, uno dei funzionari aveva il compito di ricercare “potenziali clienti” a cui proporre la gestione rapida e sicura delle pratiche, da indirizzare successivamente al secondo, e quest’ultimo, una volta raggiunto l’accordo sul “compenso extra” pattuito per la prestazione richiesta, predisponeva i documenti necessari all’esecuzione della pratica amministrativa, curandone la rapida esecuzione.
Durante le indagini, emergeva inoltre che il buon esito e l’effettiva rapidità garantita nella definizione delle istruttorie rispetto alle ordinarie tempistiche aveva consentito ai due funzionari di accreditarsi presso vari professionisti e di ampliare, di fatto, il proprio bacino di utenza di beneficiari. Inoltre, in più di un episodio, è stato rilevato che i professionisti, al fine di assicurarsi maggiore celerità nel perfezionamento delle pratiche da richiedere alla Camera di Commercio, erano disposti a corrispondere ai due funzionari un ulteriore compenso “extra” in denaro preliminarmente concordato.
Tale modus operandi comportava un aggravio dei costi da sostenere per l’utenza, che andavano ad aggiungersi a quelli ordinariamente previsti a titolo di diritti di segreteria, bolli, diritti camerali eccetera. Il vantaggio, per i professionisti, era rappresentato dalla sicurezza circa il buon esito della procedura e del suo perfezionamento in tempi assolutamente più contenuti della norma.
Per uno degli indagati, il provvedimento cautelare emesso dall’Autorità Giudiziaria riguarda anche l’ipotesi di reato d truffa aggravata in relazione a false attestazioni di presenza in servizio. Nello specifico, sono emerse circostanze in cui lo stesso, pur risultando presente a lavoro, di fatto si trovava in altre zone e non per ragioni del suo ufficio.
In tutto gli indagati, compresi i due funzionari arrestati, sono nove tra professionisti, alcuni dei quali commercialisti. La maggior parte degli indagati sono di Latina per una inchiesta che ha monitorato le pratiche agevolate negli anni che vanno dal 2021 al 2023. Le decine di pratiche finite all’attenzione degli inquirenti venivano pagate fino a 250 euro, quando invece sarebbe costate appena 50 euro. I compensi ai funzionari corrotti venivano corrisposti attraverso diretti passaggi di denaro oppure ricariche alla PostePay.
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