I Finanzieri del Comando Provinciale di Latina hanno dato esecuzione a un’ordinanza di custodia cautelare degli arresti domiciliari nei confronti di 2 indagati per le ipotesi di reato di corruzione continuata e truffa aggravata
Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Giuseppe Cario, ha sciolto la riserva sulla richiesta presentata dalla difesa per misure meno afflittive rispetto ai domiciliari in capo ai due indagati per corruzione: i dipendenti della Camera di Commercio di Latina, Andrea Di Stefano e Giuseppe Luciano, rispettivamente di difesi dagli avvocati Claudio Cardarello e Lucio Teson.
Dopo gli interrogatorio di garanzia svolti lo scorso venerdì, il Gip Cario ha deciso di rigettare l’istanza e i due funzionari rimangono agli arresti domiciliari.
Lo scorso 12 novembre, sono stati interrogati entrambi dopo l’arresto eseguito mercoledì scorso dalla Guardia di Finanza pontina. I due funzionari devono rispondere di truffa aggravata e corruzione. Andrea Di Stefano ha scelto di rispondere alle domande del magistrato, ammettendo gli addebiti a suo carico. Giuseppe Luciano si è invece avvalso della facoltà di non rispondere.
I legali avevano chiesto per i propri assistiti misure meno afflittive, come quella della interdittiva dal lavoro in alternativa agli arresti domiciliari. Al contempo, verrà presentato ricorso al Tribunale del Riesame.
Le accuse, formulate dal sostituto procuratore della Repubblica di Latina, Valentina Giammaria, sono quelle di corruzione continuata e truffa aggravata in relazione a false attestazioni di presenza in servizio.
Le indagini, svolte dal Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Latina, guidato dal tenente colonnello Angelo Andreozzi, hanno consentito di raccogliere gravi indizi in ordine al coinvolgimento attivo in diversi episodi corruttivi di due funzionari della Camera di Commercio di Latina, i quali, dietro indebiti compensi economici, si sarebbero adoperati per agevolare la definizione ovvero velocizzare l’iter di pratiche istruttorie di competenza, relative ad esempio a cessioni di quote societarie, variazioni di sedi legali, deposito bilanci, messa in liquidazione e cancellazione dal registro delle imprese eccetera.
In particolare, da quanto ricostruito nel corso delle indagini, uno dei funzionari, Giuseppe Luciano, aveva il compito di ricercare “potenziali clienti” a cui proporre la gestione rapida e sicura delle pratiche, da indirizzare successivamente al secondo, Andrea Di Stefano. Quest’ultimo, una volta raggiunto l’accordo sul “compenso extra” pattuito per la prestazione richiesta, predisponeva i documenti necessari all’esecuzione della pratica amministrativa, curandone la rapida esecuzione.
Durante le indagini, emergeva inoltre che il buon esito e l’effettiva rapidità garantita nella definizione delle istruttorie rispetto alle ordinarie tempistiche aveva consentito ai due funzionari di accreditarsi presso vari professionisti e di ampliare, di fatto, il proprio bacino di utenza di beneficiari. Inoltre, in più di un episodio, è stato rilevato che i professionisti, al fine di assicurarsi maggiore celerità nel perfezionamento delle pratiche da richiedere alla Camera di Commercio, erano disposti a corrispondere ai due funzionari un ulteriore compenso “extra” in denaro preliminarmente concordato.
Tale modus operandi comportava un aggravio dei costi da sostenere per l’utenza, che andavano ad aggiungersi a quelli ordinariamente previsti a titolo di diritti di segreteria, bolli, diritti camerali eccetera. Il vantaggio, per i professionisti, era rappresentato dalla sicurezza circa il buon esito della procedura e del suo perfezionamento in tempi assolutamente più contenuti della norma.
Per uno degli indagati, Giuseppe Luciano, il provvedimento cautelare emesso dall’Autorità Giudiziaria riguarda anche l’ipotesi di reato d truffa aggravata in relazione a false attestazioni di presenza in servizio. Nello specifico, sono emerse circostanze in cui lo stesso, pur risultando presente a lavoro, di fatto si trovava in altre zone e non per ragioni del suo ufficio.
In tutto gli indagati, compresi i due funzionari arrestati, sono nove tra professionisti, alcuni dei quali commercialisti. La maggior parte degli indagati sono di Latina per una inchiesta che ha monitorato le pratiche agevolate negli anni che vanno dal 2021 al 2023. Le decine di pratiche finite all’attenzione degli inquirenti venivano pagate fino a 250 euro, quando invece sarebbe costate appena 50 euro. I compensi ai funzionari corrotti venivano corrisposti attraverso diretti passaggi di denaro oppure ricariche alla PostePay.
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