Il consumo di suolo continua a essere una delle emergenze ambientali più gravi e con maggiore impatto sulla vita e la salute e il benessere delle persone, della natura e degli animali, come dimostra il nuovo Rapporto 2024 sul Consumo di Suolo in Italia che ISPRA , con una approfondita analisi su tutti i comuni, è tornata a pubblicare proprio in questi giorni in occasione della Giornata Mondiale del Suolo del 5 dicembre scorso.
A livello nazionale, nel 2023 risultano cementificati complessivamente più di 21.500 km² e i dati 2023 confermano la tendenza a consumare i suoli maggiormente accessibili (fascia costiera, pianure e fondi valle) e quelli situati nelle aree a vocazione agricola in prossimità dei centri urbani e la crescita del consumo di suolo appare una costante ‘strutturale’ per il nostro Paese, che ogni anno cementifica circa 70 chilometri quadrati di territorio, come se ogni anno in Italia spuntasse una nuova città grande come Napoli. Il rapporto tra suolo cementificato e variazione demografica genera poi un dato monstre: in 8 anni è come se avessimo consumato 300 mq di suolo per ogni abitante in meno, costruendo ville e appartamenti per fantasmi e sacrificando una risorsa scarsa e di grande valore ecologico oltre che produttivo per aumentare superfici sottoutilizzate o del tutto dismesse.
Il consumo di suolo continua senza sosta anche nel comune di Terracina, che si posiziona tristemente al 9^ posto tra i primi 10 Comuni laziali (dati ISPRA 2024) con una percentuale di consumo di suolo – rispetto all’intero territorio- che si attesta al 12,12% (con una media nazionale del 7,16%), con ben 22,04 ettari consumati in Aree Protette (tutte ricadenti nel Parco Regionale dei Monti Ausoni e Lago di Fondi) e 477,52 ettari consumati in prossimità di corpi idrici (invadendo il reticolo dei canali di bonifica presso i Borghi e i principali fiumi come quello del Portatore e del Sisto).
Terracina ha consumato dal 2006 una estensione di suolo prezioso pari a ben 2319 campi di calcio e nell’ultimo anno ha ulteriormente cementificato una estensione pari ad altri 5 campi di calcio, trasformando campi e boschi in piazzali, strade e capannoni, impianti industriali, inutili lottizzazioni residenziali visto il decrescere del numero degli abitanti.
Da anni assistiamo a Terracina, una città che dovrebbe invece invertire la rotta per venire incontro alle istanze del nuovo turismo sostenibile, a vere e proprie colate di cemento, spesso anche abusive, soprattutto con riferimento alle preziose aree costiere ma anche collinari e agricole e alla costruzione di ecomostri residenziali, capannoni industriali e commerciali e enormi parchi solari, con scempi paesaggistici che minano qualsiasi nuovo sviluppo in senso turistico. Da non dimenticare che Terracina è stata maglia nera per l’urbanistica, come più volte sottolineato dal nostro circolo, da anni impegnato sulla difesa del suolo e del paesaggio, con diverse lottizzazioni sequestrate e con una applicazione di leggi e regolamenti regionali, come quello sulla rigenerazione urbana, che non abbiamo esitato a definire criminogena e contro la quale ci siamo impegnati come Circolo, fino ad essere ora parte civile nei processi penali scaturiti dalle nostre denunce. Inoltre per gli ecomostri dell’Ex Corafa, vogliamo rimettere in campo (anche con il supporto di Legambiente nazionale) la questione dell’altezza degli edifici, della mancata riduzione in altezza della accertata cubatura premiale in eccesso e quella della cessione e dell’utilizzo degli standard monetizzati, questioni che per noi rimangono dirimenti anche alla luce della recente sentenza del TAR (che evidenzia anche una serie di abusi commessi in fase realizzativa) e che non possono essere certo aggirate con comode soluzioni come la “stamponatura” o l’impossibilità a cedere gli standard comprovata “post-operam”.
“Purtroppo l’aggressione del partito trasversale del cemento continua senza sosta, utilizzando mezzi leciti e anche illeciti, come dimostrano i numerosi sequestri e i procedimenti penali in corso, e tra costruzione di cubature residenziali sul lungomare (con aumenti di cubature in gran parte tutti magicamente “regalati” da una applicazione criminogena della Legge Regionale 7 sulla rigenerazione urbana, monetizzando verde pubblico e parcheggi) e nei pressi dei fiumi, come il canale Pio VI e su piane alluvionali, come la recente lottizzazione monstre della Ex Corafa che ha distrutto l’ingresso di Terracina e che – come apprendiamo da una recente notizia- sarebbe stata dissequestrata dopo un banale intervento di “stamponatura” per la riduzione della cubatura in eccesso (circa un migliaio di m3) ma senza intervenire minimamente sulla violazione, che a nostro parere continua a permanere ed andrebbe riconsiderata, degli standard urbanistici e delle altezze, con una soluzione che mette d’accordo tutti, tranne i cittadini di Terracina presenti e futuri che si vedranno deturpato per sempre il paesaggio della loro città e nonostante la nostra ferma opposizione. Continuano poi le svendite di ville e palazzi storici sul lungomare per fare posto a moderne lottizzazioni residenziali e si prevede una enorme colata di cemento in località Scafa di Ponte di ben 58.937 mq (pari a 8,2 campi di calcio) che finirebbe per distruggere un’area umida ricca di biodiversità e di servizi ecosistemici in una zona della città nella quale, negli anni, sono letteralmente spariti nel nulla milioni di metri quadri di standard urbanistici destinati a verde urbano, parcheggi e servizi a beneficio dei cittadini che ci abitano. Dopo la distruzione dell’ultimo bosco costiero sul retro edificabile della Villa Ex Adrover per il quale è stato anche indetto mesi fa un sit-in dai cittadini per evidenziare la cementificazione totale del lungomare e per il quale il nostro Circolo ha anche ricevuto una diffida dagli acquirenti, continua la battaglia portata avanti dal nostro Circolo contro la demolizione della Villa storica, ceduta al privato ma che il Comune potrebbe ora riacquisire e destinare ad un uso pubblico più appropriato. Allora si comprende come non è più tempo di varianti urbanistiche per andare addirittura a monetizzare gli standard urbanistici (verde pubblico parcheggi e servizi pubblici) residui dopo la devastazione degli ultimi 50 anni e non possiamo più permetterci di sprecare spazi e suoli e serve una legge nazionale per fermare il consumo di suolo, riordinando l’intera materia, visto che la normativa urbanistica italiana è stata scritta ben 82 anni fa, in un Paese in guerra e in cui gran parte della popolazione viveva nelle campagne, e da allora si è proceduto per aggiustamenti, rattoppi e deleghe alle Regioni, intervenendo invece mettendo al primo posto l’efficienza delle trasformazioni, per prevenire rischio idrogeologico e contrastare la perdita di quei preziosi servizi ecosistemici, mobilitando risorse per l’adattamento climatico e il ripristino di aree urbane verdi e permeabili.
Al Sindaco e Assessore all’Urbanistica, al presidente della Commissione Urbanistica e ai Commissari tutti chiediamo che il nuovo Piano regolatore dovrà tendere al consumo di suolo zero, puntando a favorire innanzitutto la riorganizzazione e trasformazione qualitativa della città esistente, ridefinendo il rapporto tra città, mare, monti, collina e campagna, orientando la trasformazione della città esistente in senso ecologico con la rigenerazione e il riuso del costruito in chiave di sostenibilità ambientale, così come ci chiede l’Europa entro il 2050, programmando anche una azione di riduzione delle centinaia di migliaia di metri cubi in eccesso (considerando la diminuzione della popolazione e la crisi degli investimenti immobiliari delle seconde case). Il nuovo PRG deve necessariamente prevedere una fase di partecipazione delle forze economiche e sociali, nonché dei singoli cittadini perché è necessario ripensare profondamente la struttura urbanistica della nostra città per dare ai cittadini condizioni di vita più confortevoli, occasioni di nuovi modi di socializzazione, servizi sociali più vicini alla loro vita quotidiana, condizioni di mobilità adeguate. Occorre arrestare subito le scelte scellerate compiute negli ultimi anni dalle Amministrazioni di centro-destra, con decine di varianti urbanistiche alcune delle quali con previsioni edificatorie anche in zone ambientalmente tutelate e con una selvaggia politica di monetizzazione degli standard (verde urbano e parcheggi) e una applicazione criminogena della Legge 7 sulla rigenerazione urbana che ha fatto proliferare ecomostri come quelli dell’Ex Corafa. Aggiungo poi che tutti i nuovi investimenti immobiliari, considerando anche i rischi relativi alla infiltrazione della criminalità organizzata e le operazioni di riciclaggio, devono potersi sviluppare all’interno di progetti urbani ben presidiati dall’istituzione pubblica, per evitare gravi anomalie come quelle sperimentate negli ultimi anni, che hanno distrutto anche e per sempre l’immagine della città.”, dichiara Anna Giannetti, Presidente del Circolo Legambiente Terracina “Pisco Montano”, Consigliere Nazionale dell’Associazione.