Nello scandalo di “Mister Asfalto” su appalti e tangenti, ci sono anche i rapporti dell’imprenditore di Frascati con Blu Banca
Nell’inchiesta romana su appalti e cemento, in cui è stato coinvolto l’imprenditore Mirko Pellegrini, referente della Fenice srl, detto Mister Asfalto, ci sono anche i rapporti molto proficui (per lui) con la Blu Banca, appartenente al Gruppo Bancario Banca Popolare del Lazio, che costituisce un pezzo di storia di tanti imprenditori, professionisti e cittadini pontini che ancora detengono azionisti e che, giusto qualche settimana fa, si sono riuniti a Castel Gandolfo per l’assemblea dei soci. Sono sette i dirigenti e i consiglieri di amministrazione indagati per riciclaggio.
Pellegrini è tra le cinque persone arrestate dalla Guardia di Finanza nell’ambito di un’inchiesta della Procura di Roma e della Guardia di Finanza che mira a far luce su un sistema corruttivo negli appalti pubblici per la manutenzione stradale, principalmente a Roma e provincia. Nei confronti di Pellegrini, 46 anni, è stata eseguita un’ordinanza di custodia cautelare in carcere.
Secondo le accuse, Pellegrini – legato ad altre 16 società – avrebbe costituito una associazione per delinquere: in carcere, con lui, sono finiti anche il fratello e altri tre sodali. Stando a quanto ricostruito dagli investigatori, gli indagati avrebbero fatto capo a un unico gruppo imprenditoriale del settore della manutenzione stradale, utilizzando una rete di società intestate a prestanome. Tramite quest’ultime, e anche grazie a presunti accordi illeciti, avrebbero ottenuto appalti per il rifacimento di arterie stradali strategiche, banditi da Roma Capitale e da Astral Spa – Azienda Strade Lazio. Le accuse a vario titolo sono di associazione per delinquere, corruzione, turbata libertà degli incanti, frode nelle pubbliche forniture, bancarotta fraudolenta e trasferimento fraudolento di valori.
Nelle 100 pagine di ordinanza cautelare firmate dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, Flavia Costantini, si parla di un “cartello di imprese” che operava in modo “stabile e organizzato” per alterare la libera concorrenza nelle gare pubbliche e frodare la Pa. Le società coinvolte costituivano “lo strumento funzionale alla consumazione degli illeciti”, permettendo agli associati di ottenere appalti, gestire fondi in maniera unitaria e conseguire “vantaggi economici e finanziari che, senza l’appartenenza al cartello, non avrebbero potuto raggiungere”. I presunti reati commessi erano “volti a conseguire illecitamente contratti d’appalto di lavori da Roma Capitale e da altri enti pubblici, lucrando illecitamente attraverso fraudolenti risparmi di spesa e falsa documentazione contabile”.
Secondo gli inquirenti “con riferimento alla gestione finanziaria e creditizia delle società, è stato accertato che Mirko Pellegrini ha stretto un rapporto molto confidenziale e fiduciario con alcuni dipendenti di una filiale Blu Banca s.p.a.: lo stesso è stato ripetutamente contattato da questi ultimi al fine di risolvere problematiche relative alla copertura di rate del finanziamento, di assegni e cambiali, allo spostamento di somme da un conto all’altro ma anche per questioni relative all’adeguata verifica rafforzata per codici ATECO considerati a rischio oppure per la certificazione dei device per operare attraverso l ’home banking“.
È emerso, infatti, che le varie componenti del Gruppo Pellegrini e i componenti del suo nucleo familiare hanno aperto oltre 170 rapporti con la Blu Banca s.p.a. e tali conti vengono gestiti di fatto da Mirko Pellegrini senza che lo stesso abbia alcun titolo formale per farlo (non essendo formalmente legale rappresentante delle società titolari del rapporto né essendo munito di alcuna delega ad operare) e senza che alcuna segnalazione di operazione sospetta sia mai stata trasmessa dall’istituto di credito, “con violazione di qualsiasi norma relativa al contrasto del riciclaggio e alla corretta identificazione dei titolari effettivi dei rapporti”.
Una conversazione significativa dei rapporti intercorrenti tra i dipendenti della banca e Pellegrini è stata intercettata quando l’indagato è stato chiamato da una gioielleria dei Parioli Grande per l’acquisto di un orologio per il quale è stato eseguito un bonifico a saldo di 9.500 euro