CASO PALAMARA: GIUDICE DI LATINA CONDANNATO PER ACCESSO ABUSIVO AL SISTEMA INFORMATICO

Caso Palamara: per il giudice del Tribunale civile di Latina, Stefano Rocco Fava, sono stati chiesti due anni di reclusione

Assolti per non aver commesso il fatto dal Tribunale di Perugia l’ex consigliere del Csm Luca Palamara e il giudice del Tribunale civile di Latina, Stefano Rocco Fava, accusati di rivelazione e utilizzazione di segreto di ufficio nell’ambito del processo che li vedeva imputati nel capoluogo umbro. Fava è stato assolto, perché il fatto non sussiste, anche dal reato di abuso di ufficio. Condannato, invece, a cinque mesi per accesso abusivo al sistema informatico. La pena è stata sospesa.

A gennaio scorso, erano stati chiesti 8 mesi di reclusione per Luca Palamara, 2 anni per Stefano Rocco Fava. A chiedere le condanne i pubblici ministero della Procura di Perugia, Gemma Miliani e Mario Formisano, al temine della requisitoria nel procedimento che vede imputati l’ex magistrato e l’ex pubblico ministero, ora in servizio a Latina come giudice del Tribunale civile.

A luglio del 2019, il caso “mercato delle toghe” giunge anche a Latina. Dalla procura di Roma per fare il giudice nel capoluogo pontino arriva il pm Stefano Rocco Fava, indagato dalla procura di Perugia per favoreggiamento e rivelazione di segreto d’ufficio nell’inchiesta originata dall’ex presidente dell’Anm Luca Palamara indagato per corruzione. Fava, come detto, era accusato dai magistrati umbri di aver rivelato a Palamara i motivi per i quali era indagato dalla procura di Perugia

Fava, calabrese come Palamara e suo amico da molti anni, è, infatti, il magistrato della Procura capitolina che aveva presentato un esposto al Consiglio Superiore della Magistratura (a marzo 2023) in cui evidenziava gli incarichi professionali conferiti dall’avvocato Pietro Amara, ex legale esterno dell’Eni sotto inchiesta a Roma in un’intricata vicenda di mazzette e petrolio, al fratello dell’ex procuratore della Capitale Giuseppe Pignatone, Roberto professore associato di Diritto tributario con studio a Palermo, e al fratello del procuratore aggiunto di Roma Paolo Ielo che si è costituito parte civile nel processo che vede alla sbarra Fava e Palamara. Vicende che sono state ritenute irrilevanti dalla Procura di Perugia.

Per tale motivo, la procura di Perugia notificò un invito a comparire a Stefano Fava, in cui inoltre scriveva a chiare lettere che le vicende da lui poste in essere riguardanti i possibili conflitti d’interesse di Pignatone e Ielo erano “allo stato smentite dalla documentazione sin qui acquisita“. I giudici della Procura di Perugia, così, contestano come ipotesi di reato la consegna da parte di Fava degli allegati a quell’esposto, atti presi dal fascicolo non più segreto. Per i pm di Perugia quell’esposto (o almeno i suoi allegati) era stato condiviso con Luca Palamara in una conversazione nella quale quest’ultimo chiedeva a Fava notizie sull’innesco romano delle indagini a suo carico.

Per questo Fava “quale sostituto procuratore titolare del procedimento penale n.44630/16, in seno al quale erano scaturiti gli accertamenti che avevano poi imposto la trasmissione degli atti alla procura della Repubblica di Perugia nei confronti di Palamara Luca (reati di corruzione di cui al presente procedimento) confluiti nella nota di indagine che la Procura di Perugia aveva inoltrato al Csm in relazione alla iscrizione nel registro degli indagati nei confronti di Palamara Luca, violando i doveri inerenti la sua funzione e abusando della sua qualità”. La violazione di segreto di ufficio si sarebbe realizzata da parte di Fava “comunicando – scrivono i pm di Perugia – con Palamara e rispondendo alle sue plurime e incalzanti sollecitazioni, gli rivelava come gli inquirenti fossero giunti a lui, specificandogli che gli accertamenti erano partiti ‘dalle carte di credito’ di Centofanti Fabrizio (ndr: l’imprenditore ed ex capo delle relazioni istituzionali del gruppo Acqua Marcia di Francesco Bellavista Caltagirone, è l’uomo che inguaia Palamara. I pm di Perugia ipotizzavano che avesse corrotto il pm pagandogli gli alberghi per alcune brevi vacanze e si erano estesi alle verifiche e pernottamenti negli alberghi, rivelandogli altresì alcuni retroscena delle indagini.

Articolo precedente

“DUE PERMESSI A COSTRUIRE IN TEMPI RECORD A LATINA”, BELVISI (LEGA): “SEGNO DI COME CAMBIANO I TEMPI”

Articolo successivo

ABBANDONO DI RIFIUTI A FORMIA: SORPRESI DUE TRASGRESSORI

Ultime da Giudiziaria