Caporalato a Latina, le indagini sul padre di Antonello Lovato spuntano in un’audizione in commissione parlamentare
A parlare, nella Commissione parlamentare di inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati, è il Procuratore Capo di Latina, Giuseppe De Falco, prossimo a lasciare gli uffici di via Ezio.
Il magistrato è stato ascoltato sul tema del caporalato che, nell’Agro Pontino, ha un grosso peso, senza contare la enorme eco mediatica del caso di Satnam Singh. Una caso che ha fatto conoscere lo sfruttamento del lavoro a Latina e provincia in tutto il mondo.
De Falco, nella sua audizione davanti ai parlamentari, ha parlato diffusamente, spiegando che “successivamente al giugno 2024, dopo la morte di Satnam Singh, si è proporzionalmente incrementato il numero di procedimenti: dal primo luglio 2023 al 30 giugno 2024, noi abbiamo 7 procedimenti per caporalato. Dal 30 giugno di quest’anno ad oggi, sono 8: è evidente che questa vicenda ha stimolato innanzitutto alcuni lavoratori, perché 3 denunce arrivano da loro e una quarta dal sindacato”. È chiaro, però, che le indagini non possono fare tutto, tanto che vi è una “non rispondenza dei procedimenti alla reale entità del fenomeno”. La causa va rintracciata nel fatto che c’è “estrema ritrosia da parte dei lavoratori sfruttati a denunciare le situazioni in cui sono vittime. Si tratta in gran parte di lavoratori privi del permesso di soggiorno e che provengono per gran parte dall’Asia centrale: pakistani, indiani, del Bangladesh”.
Fanno riflettere le affermazioni di De Falco rispetto all’indagine denominata “Jamuna”, partita nel 2019 e conclusasi ad agosto 2023, dove ad essere indagato per sfruttamento del lavoro è il padre di Antonello Lovato (titolare dell’azienda agricola in cui lavorava il bracciante indiano Satnam Singh e in carcere con l’accusa di omicidio doloso), Renzo Lovato. Lovato senior risulta indagato, peraltro insieme a due caporali già sotto processo, in qualità di rappresentante legale dell’Agrilovato soc. coop. Agricol, insieme al socio Massimo Varelli. Nella sua azienda, i Carabinieri pontini hanno trovato una situazione degradante per i lavoratori, con paghe da fame e condizioni di vita prive di dignità.
Uno dei caporali indagati si chiama Paul Uttam, nato in Bangladesh e domiciliato a Terracina. L’uomo, come detto, è già imputato per intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro nel processo odierno. Esiste, infatti, una vera e propria rete in provincia di Latina, dove gli imprenditori, affamati di manodopera a basso costo, in nome di produzione e profitto, contattano i cosiddetti caporali, una specie di uomini che fungono da cinghia di trasmissione tra il mondo imprenditoriale dei “bianchi” e quello del sottoproletariato (si sarebbe detto in epoca di lotta di classe) degli immigrati, disposti anche a paghe da fame per sopravvivere a un Paese così ipocrita da non ammettersi di avere il mondo del lavoro più ingiusto d’occidente. E gli sfruttatori sono sempre gli stessi, si conoscono e lavorano insieme, approfittando dei continui flussi migratori.
Ad ogni modo sull’inchiesta “Jamuna”, De Falco ha voluto precisare diversi aspetti: ““Non è vero che Antonello Lovato è indagato da 5 anni, non è mai stato indagato per caporalato. Il procedimento pendente da 5 anni non riguarda lui ma il padre, Renzo, altre aziende ed altre persone, tra cui due caporali indiani. Tra il titolare e l’azienda in cui è avvenuto l’infortunio e poi l’omicidio e gli altri titolati non vi è alcun legame se non di parentela”.
L’operazione “Jamuna” è un “procedimento complesso, perché riguarda 17 indagati. La Procura ha svolto indagini complesse e terminata nel novembre 2021, nel marzo 2022 la Procura ha depositato al Gip la richiesta di misura di custodia cautelare 11 persone e sequestro di 5 aziende. La richiesta del 5 marzo 2022 non è stata evasa dalla Gip titolare che, il 20 aprile 2023 un anno dopo, è stata arrestata per corruzione. Il procedimento è transitato ad un altro Gip il quale ha fatto, innanzi tutto, richiesta di ridepositare la richiesta di misura cautelare perché, spiace dirlo, la richiesta non si trovava”.
Il giudice per le indagini preliminari arrestata per corruzione è, come noto, Giorgia Castriota.