CANNA FUMARIA D’AMIANTO, TUTTO PRESCRITTO PER L’EX SINDACO GUIDI E GLI ALTRI IMPUTATI

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La canna fumaria in eternit per una storia annosa tra parenti iniziata nel 2004: concluso il processo, tra gli imputati l’ex sindaco

Una vicenda che inizia addirittura nel 2004 e arriva, come primo punto di svolta al 2009, quando il sindaco di Bassiano era Vincenzo Avvisati. Oggi, 16 dicembre, il secondo collegio del Tribunale, presieduto dal giudice Gian Luca Soana, ha dichiarato prescritti i reati, sia quello di omissione d’atti d’ufficio che quello di inosservanza ai provvedimenti dell’autorità. È stato l’avvocato Perotti, con lui tutto il collegio difensivo, a invocare la prescrizione per l’allora primo cittadino Domenico Guidi. Una richiesta a cui neanche il pubblico ministero Marina Marra si è opposta. Nelle more del processo, la canna fumaria è stata rimossa.

Sul banco degli imputati, cinque persone: l’ex sindaco di Bassiano, Domenico Guidi, gli ex responsabili dei lavori pubblici del comune lepino, Roberta D’Annibale e Giuseppe Bondì, e due cittadini proprietari di una abitazione, Pasqua Pacilli e Mauro Di Meo. Gli amministratori devono rispondere del reato di inosservanza ai provvedimenti dell’autorità in quanto, secondo l’accusa, non avrebbero ottemperato a una ordinanza del Sindaco di Bassiano, nell’anno 2009, affinché fosse rimossa una canna fumaria. Il collegio difensivo è composto dagli avvocati Perotti, Porcelli, Oropallo, Pescuma e Milani. La parte civile è difesa dall’avvocato Lauretti.

Una vicenda intricata fatta anche di denunce e contro-denunce tra i proprietari della casa dove c’era la canna fumaria d’amianto e la proprietaria, nonché parente, dell’abitazione che sarebbe stata vittima della medesima canna fumaria.

Ad essere ascoltata, in aula, fu proprio la persona offesa, Amelia Pacilli, la quale, nel 2015, ha denunciato il Comune di Bassiano per inottemperanza al provvedimento di otto anni prima. Già nel 2004, come ha sostenuto la proprietaria, l’appartamento, affittato a terzi, era intaccato dalla presenza di fumi dovuti alla canna fumaria. Dopo diversi accertamenti tecnici, emerse che i fumi provenivano dalla casa dei due imputati Mauro Di Meo e Pasqua Pacilli.

L’altra Pacilli, Amelia, intentò causa civile e il Tribunale di Latina nominò un tecnico architetto per appurare il danno e soprattutto stabilire con certezza da dove provenivano quei fumi. Uscì fuori che la canna fumaria, come evinto in sede di causa civile, era lesionata e soprattutto in eternit o amianto che di si voglia.

Al contempo, nel 2008, l’ufficio Igiene dell’Asl sollecitò la rimozione della canna fumaria. Un anno dopo, arrivò l’ordinanza del sindaco Avvisati per la rimozione o incapsulamento della canna fumaria difettosa, in grado, potenzialmente, di danneggiare non solo la salute degli inquilini ma anche dell’intera comunità, considerata la presenza di amianto.

Nel 2015, dopo anni passati a chiedere al Comune e a non avere alcun riscontro, Amelia Pacilli decise di denunciare e anche di intentare causa al Tribunale amministrativo in modo da accelerare le pratiche di rimozione della canna fumaria. Solo alla fine del 2021, a distanza di 12 anni dall’ordinanza Avvisati, fu nominato dal Tar un commissario ad acta nella persona dell’ingegnere Santarelli che procedette agli adempimenti tecnici per incapsulare e mettere in sicurezza la canna fumaria in amianto.

Di pari passo, il giudice del Tribunale di Latina, Giuseppe Cario, su indagine dei Carabinieri Nas di Latina, dispose un decreto penale di condanna a carico degli imputati odierni che, facendo ricorso contro il medesimo decreto, hanno originato il procedimento penale odierno incardinato presso il Tribunale di Latina e nel quale alcuni capi d’imputazione sono già prescritti.

A parlare di fronte al Tribunale, nelle scorse udienze, anche il testimone della parte civile, difesa dall’avvocato Lauretti. Si tratta dell’ingegnere dell’Arpa Lazio, nominato dalla Regione come Commissario ad Acta, in seguito a sentenza del Tar, che, nel 2021, riuscì non senza fatica a eseguire l’incapsulamento della canna fumaria segnalata dall’Asl e su cui Procura e Carabinieri Nas avevano imbastito l’indagine sfociata nel processo.

L’ingegnere ha spiegato di aver avuto difficoltà, sopratutto all’inizio, nel rapportarsi con gli uffici del Comune di Bassiano, da cui non avrebbe ricevuto nessuna indicazione, e soprattutto con i proprietari della casa a cui era riconducibile la canna fumaria. Successivamente il Comune avviò le procedure per affidare i lavori di messa in sicurezza. Nel 2018 il comune di Bassiano individua una impresa locale per intervenire e, dopo i sopralluoghi tecnici, si decise di incapsulare la canna fumaria. In quello stesso anno, venuto a conoscenza dell’indagine dei Nas, l’ingegnere fu interrogato dagli stessi inquirenti.

Il tecnico ha rimarcato in più di un passaggio della sua testimonianza di come i proprietari non lo avrebbero fatto entrare nella casa, non facendosi trovare in loco: “Non ci facevano lavorare, perché non volevano pagare i lavori che il Comune, dopo l’ordinanza sindacale, avrebbe messo a loro carico”.

Nel corso del processo hanno deposto anche gli ex sindaci di Bassiano Domenico Guidi e Vincenzo Avvisati e l’architetto Giuseppe Bondì.

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