CAMORRA ED ELEZIONI A TERRACINA: IN ARRESTO DE GREGORIO E MARANO. SEQUESTRATO L’IMPERO DI MINALE. 11 GLI AVVISI DI GARANZIA

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Operazione dei Carabinieri. Arrestato anche un esponente del clan Licciardi di Napoli e sequestrati beni per oltre 11 milioni di euro

Dalle prime ore di questa mattinata, a Roma, Napoli, Terracina, Latina e provincia, i Carabinieri del Comando Provinciale di Latina stanno eseguendo una misura cautelare personale e reale emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia capitolina, nei confronti di cinque soggetti gravemente indiziati, a vario titolo, di scambio elettorale politico mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, trasferimento fraudolento di valori e turbata libertà degli incanti. L’indagine denominata “Porta Napoletana” è stato coordinata dai Carabinieri del Nucleo Investigativo, guidato dal tenente colonnello Antonio De Lise.

Gavino De Gregorio

Tra i destinatari del provvedimento figura un soggetto indiziato di appartenere al clan camorristico “Licciardi”, espressione della cosiddetta Alleanza di Secondigliano. Si tratta di Eduardo Marano detto Dino. L’uomo avrebbe assunto condotti tali da inserirsi nel tessuto politico, economico, imprenditoriale e sociale nella città di Terracina. Le indagini avrebbero fatto emergere un sistema articolato di condizionamento delle attività economiche e amministrative, con presunti collegamenti tra ambienti criminali e contesti politico-imprenditoriali.

In corso di esecuzione anche il sequestro preventivo, ai fini della confisca, di beni immobili e quote societarie per un valore complessivo di oltre 11.000.000 di euro. Coinvolto anche il consigliere comunale di Terracina, Gavino De Gregorio, eletto con 226 voti tra le fila della Lista Giannetti nel 2023, ossia quella collegata all’attuale sindaco Francesco Giannetti: secondo le accuse avrebbe chiesto voti all’esponente della criminalità organizzata. È finito agli arresti domiciliari. A finire ai domiciliari anche un agente immobiliare, Michele Minale (59 anni); inoltre c’è una interdizione per un altro indagato e un obbligo di firma per un ulteriore indagato: si tratta di un prestanome di Minale e di un altro uomo che fungeva da faccendiere per le pratiche dell’agenzia immobiliare. In tutto, come detto, sono cinque gli indagati ad aver ricevuto la misura cautelare, sebbene ci siano diverse persone coinvolte.

Michele Minale

In un nota, l’Arma spiega che a “Terracina, San Felice Circeo, Napoli e Roma, i Carabinieri del Nucleo Investigativo del Reparto Operativo del Comando Provinciale di Latina, coadiuvati nella fase esecutiva dai comandi Arma territorialmente competenti e dal Raggruppamento Aeromobili Carabinieri di Pratica di Mare, intervenuto con un elicottero, su disposizione della Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, ha dato esecuzione ad un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Roma nei confronti di 5 persone gravemente indiziate, a vario titolo, di scambio elettorale politico mafioso, estorsione aggravata dal metodo mafioso, trasferimento fraudolento di valori e turbata libertà degli incanti”.  

L’indagine dai Carabinieri del Nucleo Investigativo di Latina, condotta dal giugno 2022 all’ottobre 2023, e coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, trae origine dall’attività info-investigativa sviluppata dai Carabinieri sul territorio che ha consentito di apprendere dell’inserimento nel tessuto economico-imprenditoriale, politico e sociale della città di Terracina di un’importante famiglia inserita, anche per vincoli di sangue, nel noto Clan Liccardi di Napoli: per l’appunto i Marano.

Le investigazioni hanno consentito di documentare le presunte condotte poste in essere da un pubblico funzionario di Terracina, De Gregorio, unitamente ad un soggetto appartenente al citato clan camorristico dei Licciardi, Eduardo Marano, inserito nella più ampia e nota Alleanza di Secondigliano, il quale avrebbe chiesto ed ottenuto da quest’ultimo un appoggio in occasione delle elezioni amministrative tenutesi nel maggio 2023 a Terracina.

Cristallizzare le presunte condotte illecite tenute dai predetti due indagati in ordine a reiterate condotte violente e minacciose che avrebbero posto in essere nei confronti di una vittima costretta a versare un’imprecisata somma di danaro in relazione ad un precedente prestito usurario.

Circostanziare le presunte condotte illecite di un imprenditore del luogo, Michele Minale, in rapporti con il soggetto appartenente al citato clan, che avrebbe fittiziamente intestato a terzi diversi immobili, quote societarie ed attività commerciali situate in Napoli, Terracina, San Felice Circeo ed a Roma al fine di eludere un’eventuale misura di prevenzione patrimoniale a suo carico.

Eseguire il sequestro preventivo, ai fini della confisca,  di 7 locali commerciali (un’intera galleria commerciale, vale a dire l’ex cinema Fontana in Via Roma), 1 B&B, 20 unità immobiliari e 3 terreni per un valore complessivo di oltre 11 milioni di euro.

Contestualmente, i Carabinieri del Comando Provinciale di Latina stanno procedendo alla notifica dell’informazione di garanzia emessa dalla Procura della Repubblica di Latina nei confronti di 11 soggetti indagati, a vario titolo, di trasferimento fraudolento di valori, autoriciclaggio, sottrazione fraudolenta dei crediti di imposta, corruzione e turbata libertà degli incanti, la cui posizione è stata vagliata dalla predetta Autorità Giudiziaria a seguito di stralcio eseguito nell’ambito del suddetto procedimento penale per il quale la Procura Distrettuale Antimafia di Roma ha ordinato l’odierna esecuzione delle misure cautelari sul territorio di Terracina.

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Eduardo Marano, 65 anni, era stato condannato in primo grado dal Tribunale di Napoli a nove anni di reclusione per il reato di associazione mafiosa. Nel 2020, era stato assolto dopo un processo che si era celebrato nell’aula bunker di Poggioreale.

Nel 2017, i finanzieri del comando provinciale di Roma gli confiscarono un ingente patrimonio mobiliare e immobiliare, del valore stimato di circa 1 milione e 120mila euro. Marano era da tempo considerano legato al clan Licciardi di Secondigliano, poiché ha sposato Patrizia Licciardi (indagata anche lei a piede libero nell’indagine odierna), figlia di Gennaro Licciardi detto “la scimmia” e sorella del boss Vincenzo. Da anni, i Marano sono residenti a Terracina.

Il provvedimento di confisca che fu disposto dal Tribunale di Latina, ed eseguito dagli specialisti del Gico (Gruppo Investigazione Criminalità Organizzata) del Nucleo di Polizia Tributaria di Roma, fu annullato per incompetenza territoriale e derivava proprio da quella condanna risalente al 2008 che gli aveva visto affibbiare in primo grado l’associazione mafiosa.

Così scriveva, nel 2017, il giudice delle misure di prevenzione nel provvedimento di confisca: “[…] il Marano è stato raggiunto oggettivamente da indizi gravi che lo indicano come appartenente a pieno titolo dell’associazione camorristica facente capo alla famiglia Licciardi […] I rapporti del Marano Eduardo con il predetto clan Licciardi derivano dal vincolo di coniugio del proposto con Licciardi Patrizia, figlia di Licciardi Gennaro, detto “la scimmia”, storico capo dell’associazione. […] Sul punto è sufficiente in questa sede richiamare le concordi dichiarazioni dei pentiti […] che hanno individuato il Marano come soggetto stabilmente inserito all’interno del clan Licciardi con compiti di esercizio dell’attività di usura e traffico di stupefacenti”.

Parole come pietre ma spazzate via dalla sentenza di assoluzione odierna. Il nome Marano, di recente, era tornato prepotentemente noto poiché il più giovane dei Marano a Terracina, Genny (figlio di Patrizia ed Eduardo), coinvolto nell’operazione Terminal, relativa a un giro di spaccio di cocaina, hashish e marijuana, con tanto di intimidazioni e pestaggi per i debitori, è un nome citato a più riprese dai collaboratori di giustizia, ex affiliati al clan Di Silvio, Agostino Riccardo e Renato Pugliese. Secondo i due pentiti, che lo hanno dichiarato nei verbali resi alla DDA romana tra il 2017 e il 2018, Genny Marano era un personaggio a cui si doveva chiedere permesso per ogni azione criminale che il clan zingaro voleva compiere a Terracina.

Anche Minale, campano d’origine, ma nato a Rotterdam, è un volto noto. Nel 2010, la Divisione Anticrimine della Questura di Latina gli aveva sequestrato il patrimonio. La magistratura aveva disposto il sequestro preventivo di tutti i suoi beni, per un valore di circa 10 milioni di euro. Il sequestro era scattato anche per i beni intestati alla moglie e alla figlia. La Questura di Latina aveva avanzato anche richiesta per la sorveglianza speciale del 44enne con obbligo di soggiorno e la confisca dell’intero patrimonio.

Sotto sequestro moto, automobili, terreni, appartamenti situati a Terracina e quote societarie. Michele Minale, agente immobiliare, secondo gli inquirenti sarebbe riuscito ad accumulare il patrimonio grazie ad attività illecite.

Secondo quanto riferiva la Questura all’epoca, “l’immobiliarista è persona stabilmente dedita ad attività delittuose dalle quali trae anche i mezzi di sostentamento, rientrando quindi a pieno titolo tra i soggetti che per il tenore di vita debba ritenersi che vivono con i proventi di attività delittuose”. I beni sequestrati risultarono essere 8 appartamenti a Terracina, 5 terreni, 5 capannoni industriali, 2 auto e 3 motocicli, in gran parte intestati alla moglie e alla figlia. Insieme ai beni immobili erano finite sotto sequestro diverse quote societarie, tra cui una quota pari a 5mila euro del centro ittico di Terracina. Tale sequestro non si concretizzò, in quanto gran parte dei beni furono restituiti a Minale.

All’immobiliarista erano intestati un appartamento in via Sani, a Borgo Hermada; un terreno in via Friuli Venezia Giulia; una quota di 5.000 euro nel Centro Ittico, friggitoria e take away del pesce, ex «Papillon» sulla Pontina; tre motocicli Honda di grossa cilindrata. Alla moglie di Minale, invece, risultavano intestati quattro appartamenti, due in via Veneto e due in via Astolfi; una BMW di lusso. Altre proprietà immobiliari erano intestate a una società a responsabilità limitata: tre appartamenti, un garage, un capannone industriale, un fabbricato in corso di costruzione, quattro terreni: sempre a Terracina. Alla figlia di Minale, infine, risultava intestata un’automobile modello «Mini».

In un articolo del Corriere della Sera datato 1997, il giornale racconta una “impresa” dell’allora giovane Minale che, alla guida di una FIAT Bravo, non si fermò in due posti di blocco della polizia e si lanciò in una fuga folle per le strade di Roma da

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