BRACCIANTE INDIANO MUTILATO E UCCISO: FISSATA L’AUTOPSIA. DALL’OMISSIONE DI SOCCORSO ALLA MORTE

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L'azienda agricola di Borgo Santa Maria dove è accaduto l'incidente. Si trova in Strada del Passo

Lavoratore mutilato, indagato per omicidio colposo e omissione di soccorso l’amministratore unico della ditta

È fissata per oggi, 20 giugno, alle ore 15, l’autopsia disposta dal sostituto procuratore di Latina, Marina Marra, affidata al medico legale Maria Cristina Setacci. L’esame autoptico avverrà presso il San Camillo di Roma dove è morto il 31enne indiano, Satnam Singh, chiamato da amici e conoscenti “Navi”, rimasto mutilato dal macchinario avvolgiplastica nel pomeriggio del 17 giugno.

Il giovane, che si trovava in condizioni molto gravi e in pericolo di vita, era ricoverato al San Camillo di Roma ed è deceduto in seguito alle ferite riportate nel drammatico pomeriggio di tre giorni fa.

Il 17 giugno, infatti, i Carabinieri della Sezione Radiomobile, guidati dal Maggiore Paolo Perrone, erano intervenuti, insieme ai Carabinieri della Stazione di Borgo Podgora di Latina, dove, poco prima, il 31enne, residente a Castelverde (tra Borgo Bainsizza e Cisterna), era stato abbandonato nei pressi della propria abitazione a seguito dell’infortunio sul lavoro.

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Satnam Singh detto “Navi”

L’uomo, durante l’attività lavorativa, presso un’azienda agricola del posto, in Strada del Passo, a Borgo Santa Maria, è stato agganciato dal macchinario avvolgiplastica a rullo, trainato da un trattore, che gli ha tranciato il braccio destro. A rimanere offese anche le gambe. Il malcapitato successivamente era stato accompagnato a casa e l’arto tranciato era stato poggiato sopra una cassetta utilizzata per la raccolta degli ortaggi.

Dopo aver chiamato i soccorsi, l’uomo era stato trasportato d’urgenza a mezzo eliambulanza all’ospedale San Camillo di Roma. In corso indagini volte ad appurare la corretta dinamica degli eventi e ulteriori approfondimenti da parte dei militari dell’Arma, insieme al N.I.L. di Latina (Tutela per il lavoro), intervenuto sul posto insieme al personale S.PRE.S.A.L. (Servizio Prevenzione e Sicurezza del Lavoro) dell’ASL di Latina, volti a definire la posizione lavorativa e regolarità sul territorio nazionale della vittima. Da ciò che risulta l’azienda è una ditta individuale che impiegava al massimo quattro dipendenti alla volta, di cui due regolare e altri due alla bisogna. In questo periodo “Navi” e la moglie erano stati chiamati per la raccolta dei meloni.

La casa di fronte alla quale sono stati abbandonati “Navi” e la moglie

Il datore di lavoro, Antonello Lovato (38 anni), amministratore unico della ditta individuale, è sotto indagine, dopo essere stato interrogato dai Carabinieri. Il giovane ha confessato dopo quasi 3 ore di domande e risposte. Prima di essere interrogato dai Carabinieri, l’uomo, si era presentato in Questura per costituirsi. Ha spiegato di avere avuto paura, di essere sotto choc e di non sapere cosa fare dal momento che la vittima era stata assunta in nero e non ha neanche un permesso regolare di soggiorno. Secondo la sua ricostruzione, sarebbe stato il lavoratore, per sua volontà, a prendere in mano il macchinario, che di solito è utilizzato esclusivamente dal datore di lavoro.

L’uomo, difeso dagli avvocati Stefano Perotti e Valerio Righi, ha anche ammesso di aver lasciato il lavoratore ferito davanti casa sua, a Castelverde, insieme alla moglie. Dapprincipio indagato per lesioni personali colpose e omissione di soccorso, il 38enne è ora indagato per omicidio colposo e omissione soccorso in riferimento al comma che prevede che dalla medesima omissione sia derivata la morte della vittima.

Antonello Lovato

Il datore di lavoro, nel pomeriggio maledetto di tre giorni, ha caricato Singh insieme ad altri braccianti e persino alla moglie del 31enne che lavorava presso l’azienda di Borgo Santa Maria. Quest’ultima era convinta che stessero per portare Singh al pronto soccorso, invece il mezzo ha virato verso la loro casa a Castelverde (divisa con altri connazionali), in via Genova, a due passi da Borgo Bainsizza, e li ha lasciati davanti all’abitazione, tra le grida disperate della donna. Sette chilometri la distanza che separa l’azienda Lovato dalla casa del 31enne, sette chilometri probabilmente fatali.

Un episodio terrificante che evidenzia il disprezzo della condizione umana di un bracciante ferito mortalmente. Saranno le indagini affidate al sostituto procuratore di Latina, Marina Marra, e il perito medico legale, pronto a fare l’autopsia al cadavere di Satnam Singh, a stabilire se il rallentamento dei soccorsi abbia determinato la morte dell’uomo.

Chi era con lui, già nella giornata dell’incidente, era sicuro che Singh fosse già morto, tanto erano gravi le sue condizioni: non solo il braccio mutilato dall’avvolgiplastica per i meloni ora sequestrato, ma anche le gambe ridotte molto male. A soccorrerlo per primi una coppia di giovani che vive nella stessa strada doveva viveva “Navi” i quali hanno visto arrivare il mezzo guidato dal datore di lavoro che, dopo aver scaricato il 31enne, è scappato via, dicendo che “il lavoratore non era in regola e che si era tagliato”. Al che i due giovani, Ilario Pepe e Noemi Grifo, hanno chiamato per primi il 118, cercando di aiutare la moglie disperata che gridava “Marito respira, vivo”. Entrambi raccontano che parte del braccio di “Navi” era stato lasciato, se non gettato, vicino ai cassonetti della spazzatura all’interno di una cassetta nera. Una scena raccapricciante.

Ilario Pepe e Noemi Grifo

L’uomo, avendo perso molto sangue, non ce l’ha fatta, lasciando la moglie, Soni (26 anni), in un Paese dove non parla nemmeno la lingua. Tutti e due, racconta chi li ha conosciuti, lavoravano nei campi dopo essere andati via dall’India tre anni fa, indebitandosi proprio per cercare una vita migliore. Quattro euro all’ora per perdere la vita in questa maniera e con un datore di lavoro che, invece di aiutarlo, lo ha accompagnato davanti casa, senza chiamare i soccorsi. Peraltro, la compagna di “Navi” ha raccontato ai primi soccorritori che il datore di lavoro, nel corso del tragitto dall’azienda fino a Castelverde, avrebbe tolto i telefoni cellulari alla medesima donna e alla vittima.

È probabile che non vi sarà nessuna misura cautelare nei confronti del 38enne Lovato. Non esistono, infatti, le condizioni: l’unico elemento più calzante – inquinamento delle prove – non avrebbe ragione di essere in quanto il macchinario e l’area dell’incidente sono sotto sigilli.

Diversa cosa è prevedere un sequestro dell’azienda che, al momento, non risulta essere stata richiesta dagli inquirenti. Al momento Antonello Lovato, incensurato e descritto come lavoratore indefesso, è chiuso in casa, disperato per quanto accaduto. E non sono mancate le polemiche per le parole considerate inopportune da parte del padre, Renzo Lovato, il quale intervistato al TG1 ha detto che il 31enne: “ha commesso una leggerezza che è costata cara a tutti, mio figlio gli aveva detto di non avvicinarsi al mezzo ma ha fatto di testa sua”. I social non hanno risparmiato queste parole che sono suonate come scaricare le responsabilità in capo a un giovane che è morto dopo essere stato abbandonato come un sacco.

Renzo Lovato, peraltro, risulta indagato nella imponente operazione dei Carabinieri denominata “Jamuna” per cui ad agosto 2023 è arrivato l’avviso di conclusione indagine. L’udienza preliminare è prevista per il prossimo luglio.

Lo scorso 4 agosto 2023, la Procura della Repubblica di Latina, a conclusione dell’indagine condotta dal Nucleo Investigativo, dal Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Latina e dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro di Latina, aveva emesso un avviso di conclusione delle indagini preliminari nei confronti di 16 persone, indagate a vario titolo per il reato di caporalato, tra cui per l’appunto Renzo Lovato e il caporale Paul Uttnam a cui l’uomo si riferiva per reclutare manodopera a basso costo e senza un contratto di lavoro regolare. Lovato risulta indagato in qualità di rappresentante legale dell’Agrilovato soc. coop. Agricol, insieme al socio Massimo Varelli.

Le indagini, condotte dal marzo 2019 al dicembre 2020, secondo i militari dell’Arma, hanno consentito di accertare l’assunzione e l’impiego di manodopera di cittadini extracomunitari di etnia indiana, bengalese e pakistana, all’interno delle aziende agricole coinvolte grazie alla intermediazione di caporali di origine extracomunitaria; la reiterata corresponsione delle retribuzioni “a cottimo” con importi inferiori alla somma di euro 8,65 all’ora, previsto dall’attuale contratto collettivo nazionale di lavoro per gli operai agricoli; la violazione della normativa relativa all’orario di lavoro costringendo i lavoratori a lavorare minimo otto ore al giorno senza la corresponsione degli straordinari; l’inosservanza delle norme di sicurezza non avendo i datori di lavoro ottemperato agli obblighi di formazione e vigilanza sanitaria ex d.lgs 81/2008; la sottoposizione dei lavoratori a condizioni di lavoro ed alloggiative in strutture indegne, venendo obbligati ad operare anche in condizioni climatiche avverse raggiungendo le aziende agricole a bordo di mezzi fatiscenti, dietro il compenso economico mensile di circa 110 euro per ciascun extracomunitario.

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