Condannata in via definitiva la cartomante di Sezze responsabile di aver truffato due donne: la Cassazione conferma
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso contro la sentenza di Corte d’Appello emessa a febbraio che aveva condannato a 2 anni e 2 mesi per truffa la 50enne di Sezze, S.B. (le sue iniziali), cartomante responsabile di aver raggirato due donne.
I fatti sono accaduti tra il maggio e il luglio 2018 quando la cartomante viene contattata da due donne, amiche tra di loro, che invocano il suo aiuto per farsi togliere il malocchio o la cosiddetta fattura.
Sembra uno spaccato folcloristico, arcaico, eppure nel Paese di Wanna Marchi tutto è possibile. Ecco che la cartomante – che in alcuni passi dell’indagine a suo carico, eseguita dai Carabinieri, sembra più una esorcista con tendenze alla magia nera tra gatti neri e, persino, sangue mestruale – viene contattata da una delle due donne la quale le chiede di togliere il malocchio, poiché mollata dal compagno.
Lo schema è semplice, dice la cartomante: per purificarsi, bisogna lavare l’oro che ha in casa. Arrivata nelle abitazioni delle due vittime, la cartomante chiede a un certo punto dell’incontro di andare a prendere l’oro e portarlo nella stanza. Le due donne, entrambe desiderose di allontanare la sfortuna, in due distinte vicende, vanno a prendere tutto ciò che hanno. In un caso, una delle donne, che si è costituita parte civile nel processo, tramite l’avvocato Sinuhe Luccone, porta alla cartomante gioielli e monili in oro (catenine, bracciali, medaglie) per un valore di 30 mila euro; nell’altra vicenda, la seconda donna offre per essere lavato un orologio dal valore di 3mila euro.
La pulizia spirituale dell’oro si concretizza in realtà in un furto: la cartomante riempie una scatola di preziosi che le donne le portano, per poi, distraendole con una scusa, intascarsi tutto e riempire la medesima scatola di bigiotteria e ferraglia. “Potrai aprire la scatola solo tra 20 giorni”, è il monito della fattucchiera. Solo che una delle due donne, dopo qualche giorno, si incuriosisce e apre la scatola che doveva rimanere chiusa scoprendo che, al posto dei gioielli, c’era materiale di risulta.
Una vera e propria truffa che porta una delle due donne a denunciare tutto ai Carabinieri così da far avviare un’indagine che ha portato, nel 2021, alla condanna in abbreviato della 50enne alla pena di 2 anni e 2 mesi decisa dall’allora giudice monocratico del Tribunale di Latina, Laura Morselli. Riconosciuto in primo grado il danno ingente, la Corte d’Appello di Roma ha eliminato questa aggravante, pur confermando la pena a 2 anni e 2 mesi per la donna la quale, per inciso, per ogni servizio di cartomanzia, si faceva pagare a peso d’oro: tra i 200 e i 300 euro ogni volta che metteva piede nelle case delle credulone. Confermato in Appello anche il risarcimento per l’unica donna che si è costituita parte civile.
Ora, la Cassazione ha respinto il ricorso, confermando la pena. La donna, infatti, ha avanzato un unico motivo di ricorso sostenendo che i giudici di merito sarebbero giunti all’affermazione della penale responsabilità dell’imputata basandosi sul solo contenuto delle
denunce querele e senza considerare che altre persone, informate della presenza dei monili e del luogo nel quale gli stessi erano custoditi, ben potrebbero aver commesso i furti in epoca precedente a quella nella quale l’imputata ebbe accesso alle abitazioni delle due donne. Secondo il ricorso, la cartomante sarebbe rimasta da sola nella stanza dove si trovavano i monili soltanto per pochi secondi: un tempo che, in tesi difensiva, sarebbe insufficiente alla consumazione del reato.
Una tesi non accolta dalla Cassazione che spiega come “un lasso di tempo di alcuni secondi era ampiamente sufficiente alla realizzazione dell’azione criminosa; che la refurtiva non fu ritrovata nella disponibilità della cartomante, ma (anche se la perquisizione fu compiuta contestualmente alla denuncia) l’imputata aveva comunque avuto il tempo di farla sparire; che l’ipotesi alternativa secondo la quale le persone offese avrebbero subito furti ad opera di terze persone, informate del fatto che in casa vi erano monili e del luogo nel quale erano nascosti, è congetturale e del tutto svincolata da riscontri materiali”.
