BANCAROTTA LT AMBIENTE, PROCURA CHIEDE MODIFICA DEL CAPO D’IMPUTAZIONE

Latina Ambiente: la Procura di Latina ha chiesto la modifica di un capo d’imputazione a carico degli indagati

Messa da parte, almeno per il momento, la questione Mignano e la costituzione di parte civile, il caso giudiziario del fallimento di Latina Ambiente e la relativa bancarotta aggravata contestata si arricchisce di un nuovo elemento.

Ieri, 11 luglio, infatti, come noto, l’udienza preliminare non si è tenuta per via dell’astensione degli avvocati penalisti, in protesta per l’emergenza suicidi in carcere. Tuttavia, il pubblico ministero Marco Giancristofaro ha avuto il tempo di depositare agli atti e a disposizione del giudice per l’udienza preliminare, Laura Morselli, una modifica del capo d’imputazione. Si tratta di quello relativo alla lettera A con il quale la Procura contesta anche all’avvocato Giacomo Mignano, per inciso consulente giuridico della Sindaca di Latina dimissionario, la bancarotta aggravata che si prescrive in 18 anni e mezzo. Considerato che la prescrizione decorre dal dicembre del 2016, ossia da quando il Tribunale di Latina ha dichiarato fallita la società ex partecipata del Comune, che si occupava di igiene urbana, la modifica del capo d’imputazione potrebbe costituire un rilevante cambio di prospettiva per gli indagati.

Alla base della modifica del capo d’imputazione, c’è, infatti, il diverso ammontare degli ammanchi della Latina Ambiente, che hanno causato, nella prospettazione dell’accusa, il fallimento e la bancarotta. Una tesi da sempre contesta dalla difesa.

Una modifica che, ad ogni modo, si è resa necessaria dal momento che il Comune di Latina ha concluso con la curatela fallimentare della Latina Ambiente un accordo. La nuova amministrazione comunale a marca centrodestra ha eseguito, infatti, una mega transazione per i debiti che il Comune di Latina aveva con la vecchia Latina Ambiente, il cui curatore fallimentare è il commercialista Lorenzo Palmerini, nominato dalla stessa amministrazione come nuovo Presidente di Abc, la società municipalizzata dei rifiuti che ha sostituito la predetta Latina Ambiente. Per quanto riguarda la transazione, il Comune è convinto che arriverà a breve, con l’ultima transazione prevista da circa 2 milioni, a una condizione “in bonis” e senza più debiti con la ex partecipata che gestiva, a Latina, il servizio d’igiene urbana. Il che significherebbe che non c’è stato più alcun danno.

Tre gli importi al momento oggetti di transazione. Il primo, pari a 3.162.011 euro, oltre a interessi e spese legali, deriva da una serie di fatture commerciali emesse dalla società in bonis, per l’esecuzione di servizi di igiene urbana resi nel periodo tra il 2010 e il 2014.

Il secondo importo da assorbire con la transazione, pari a 1.991.043 euro, oltre interessi e accessori, in ragione delle trattenute operate dall’amministrazione sui corrispettivi maturati dalla società in bonis per i servizi erogati, al fine di conseguire le provviste necessarie al saldo anticipato dei ratei di un mutuo, contratto dalla Latina Ambiente con la Cassa depositi e prestiti, avente scadenza al 31 dicembre 2018.

Terzo ed ultimo importo, pari a 5.067.657 euro, riguarda il pagamento di un decreto ingiuntivo, oggetto di opposizione da parte del Comune nel 2021, in favore della società fallita per una serie di fatture emesse tra il 2010 e il 2017. “In totale la curatela ha rivendicato somme pari a 10.220.711 euro – aveva spiegato la sindaca Celentano – la proposta di transazione approvata è stata indicata dagli organi giudicanti ed è stata valutata dagli uffici competenti del Comune che hanno riconosciuto l’interesse dell’amministrazione ad addivenire alla soluzione transattiva della controversia per i tre procedimenti pendenti, onde scongiurare il verificarsi di probabili rischi connessi ad un aggravio di spese in termini di sorte, interessi ed oneri processuali”

Come noto, la curatela fallimentare di Latina Ambiente, tramite l’avvocato Stefano Preziosi, ha presentato la propria richiesta di costituirsi parte civile, mentre il Comune di Latina, considerato dal Commissario Carmine Valente organismo offeso in quanto l’ente ha perduto capitale col fallimento, ancora deve farlo. Negli ultimi giorni, la Sindaca di Latina, nonostante un parere legale richiesto dalla sua stessa amministrazione che consiglia di non costituirsi perché i fatti sarebbero di competenza contabile, ha dichiarato, diversamente dallo scorso aprile, che il Comune sarà parte civile.

L’udienza preliminare riprende il prossimo 3 ottobre quando il procedimento dovrebbe incardinarsi. Dopodiché, in altra data, saranno ascoltati uno degli indagati, proprio l’avvocato Giacomo Mignano, e il consulente tecnico di un altro indagato, Marco Brinati. Mignano e Brinati sono difesi rispettivamente dagli avvocati Renato Archidiacono e Luigi Di Mambro.

Leggi anche:
TRANSAZIONE LATINA AMBIENTE, M5S ABBANDONA CONSIGLIO: “COINVOLTI PROFESSIONISTI ORA INSIEME AL SINDACO”

L’INDAGINE – I coinvolti, nell’inchiesta condotta dal sostituto procuratore della Procura di Latina Marco Giancristofaro (iniziata nel 2016), sono i vari amministratori delegati che si sono succeduti negli anni Giuseppe Caronna, Bruno Landi e Valerio Bertuccelli; i vari Presidenti della società Vincenzo BianchiGiovanni RossiGiacomo Mignano e Massimo Giungarelli; i vari consiglieri del Cda (alcuni dei quali ex dirigenti o funzionari del Comune di Latina) Gianmario Baruchello, Marco BrinatiClaudio Quattrini, Marcello VernolaAlfio GentiliMaurizio BarraBruno CalziaVincenzo BorrelliLucio NicastroStefano GoriRomeo Carpineti, Francesco MaltoniLorenzo Le Donne e Giancarlo Milesi; i componenti del collegio di sindaci revisori Gabriele GiordanoElvio BiondiRuggiero Maurizio MoccaldiBruno Pezzuolo e il socio e procuratore della società di revisione Mazars & Guerard, Fabio Carlini.

In uno dei capi d’accusa viene spiegato che 22 degli indagati avrebbero occultato “perdite nel corso della gestione 2007-2013, perdite stimate in non meno di 18 milioni e mezzo di euro circa, mediante l’imputazione di ricavi e proventi Tia extra rispetto ai montanti Pef dello stesso periodo, con conseguente erosione del capitale sociale“. La perdita di capitale nel corso degli anni è stata di 18,5 milioni di euro.

In un altro capo d’imputazione, quello che coinvolge più indagati, c’è l’accusa grave di bancarotta fraudolenta. Secondo la Procura, gli indagati non rendevano possibile “la ricostruzione del patrimonio” e il “movimento degli affari, i libri e le altre scritture contabili della società Latina Ambiente spa in liquidazione tra il settembre 2006 e l’approvazione del bilancio 2012, i sindaci e la società di revisione omettendo ogni controllo di legalità e contabile di rispettiva competenza, limitatamente al periodo tra il 2006 e l’approvazione del bilancio 2010, attesa la mancanza di un sistema di rilevazione contabile analitico, tale da consentire la segregazione contabile dei costi inerenti la gestione Tia, e quindi la puntuale verifica del rispetto della copertura di tali costi con la tariffa di riferimento“.

Infine, nell’ultimo capo d’imputazione, che interessa una quindicina di indagati, c’è l’accusa di aver distratto oltre 300mila euro, negli anni di bilancio tra il 2009 e il 2011, a favore dell’azienda che deteneva il 49% della Latina Ambiente, la Unendo di Francesco Colucci. La distrazione delle somme dalla Spa sarebbe avvenuta tramite emissione di dividendi a fronte di contabilità ed esercizi di bilancio che, tra gli anni 2008-2009-2010, non avrebbero permesso la distribuzione di alcunché: risulta, infatti, chi i tre bilanci, riferibili ai tre anni summenzionati, hanno chiuso in perdita. Circa 800mila euro per il 2008, 351mila per il 2009 e oltre tre milioni di euro per il 2010 (3,2, milioni di euro). Perdite che hanno eroso il patrimonio netto dell’azienda e il capitale sociale arrivando a un valore medio negativo di oltre 9 milioni, se si includono anche gli aggravamenti successivi riconducibili agli anni 2011, 2012 e 2013.

Già dal 2007, il management avrebbe dovuto intervenire per proteggere il patrimonio aziendale, comportando così, per gli anni a seguire, il deprezzamento del valore societario dell’azienda che gestiva l’igiene urbana nel capoluogo di provincia (e non solo, fino al 2015 anche a Formia). Mancati interventi che, secondo le ipotesi degli inquirenti, avrebbero determinato l’inchiesta penale.

Articolo precedente

AVEVA INTESTATO IL LOCALE A TUE TESTE DI LEGNO: SEQUESTRATO “LA LUCCIOLA”

Articolo successivo

LATINA: UN NUOVO CENTRO SPORTIVO POLIFUNZIONALE

Ultime da Giudiziaria