BANCAROTTA CON LE SOCIETÀ DEI RIFIUTI: DEFINITVA LA CONDANNA PER L’EX CONSIGLIERE DI ANZIO E EDITORE

Bancarotta fraudolenta e reati fiscali con le società dei rifiuti ad Aprilia: la Cassazione conferma la condanna per l’ex consigliere comunale di Anzio

Uno solo capo d’imputazione, relativo al deposito incontrollato di rifiuti, viene annullato per intervenuta prescrizione. Tutto il resto è stato confermato dalla Cassazione che ha ritenuto infondato e inammissibile il ricorso presentato dall’imprenditore ed ex consigliere comunale di Anzio, Antonio Geracitano.

A novembre 2023, la Corte d’Appello di Roma aveva dimezzato la pena per Geracitano. Nonostante la richiesta di confermare la condanna da parte del Procuratore generale, la Corte d’Appello aveva condannato Geracitano alla pena di 4 anni e 7 mesi di reclusione, mentre per un altro co-imputato, Umberto Vivan, condannato per calunnia in primo grado, era arrivata l’assoluzione.

A ottobre 2022, il Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Giuseppe Molfese, aveva condannato, col rito abbreviato, Antonio Geracitano, a 8 anni di reclusione. Una terza indagata, Claudia Patrizia, era stata assolta.

Nato a Guardavalle in Calabria, ex consigliere di Anzio, editore della testata giornalistica “L’Eco del Litorale” e titolare della Eco Imballaggi srl, Geracitano è stato condannato in via definitiva per bancarotta e reati fiscali. La pena per Geracitano, in primo grado, fu persino più alta della richiesta del Pubblico Ministero Andrea D’Angeli che aveva chiesto per lui 7 anni e 4 mesi. Disposta peraltro dal Gup Molfese anche la confisca di beni per un valore di 1 milione e 500mila euro.

L’ex politico ed editore/imprenditore era stato arrestato dalla Guardia di Finanza, insieme all’imprenditore Fabrizio Coscione di Nettuno, ad aprile 2023, nell’ambito di una inchiesta condotta dal sostituto procuratore Andrea D’Angeli. Coscione, insieme a un altro indagato, in udienza preliminare, aveva scelto di essere giudicato col rito ordinario per un processo incardinato presso il Tribunale di Latina. Si tratta dell’imprenditore che, denunciando, ha fatto nascere l’indagine della Procura di Perugia che ha portato all’arresto per corruzione dell’ex Gip del Tribunale di Latina, Giorgia Castriota.

Ad aprile 2022, il Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria della Guardia di Finanza, agli ordini del Tenente Colonnello Angelo Andreozzi, aveva dato esecuzione ad una misura cautelare personale disposta proprio dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina Giorgia Castriota nei confronti dei due imprenditori. Gravi i reati contestati: bancarotta fraudolenta (documentale e patrimoniale), calunniaoccultamento o distruzione di libri contabili e sottrazione fraudolenta di beni al pagamento di imposte attraverso la pianificazione e l’attuazione di operazioni societarie strumentali al conseguimento di finalità illecite.

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Gli arresti (in tutto erano cinque gli indagati), per l’appunto, erano destinati anche ad Antonio Geracitano, ex consigliere comunale con la lista “Noi con Anzio” (nella maggioranza a sostegno dell’ex Sindaco Candido De Angelis), nonché ex Presidente della Commissione Sanità e Ambiente del Comune e facente parte del coordinamento dell’Osservatorio Nazionale dei Rifiuti. Geracitano, peraltro, era stato menzionato come destinatario di minacce nella maxi inchiesta della DDA di Roma sulla locale di ‘ndrangheta presente sul litorale sud pontino denominata “Tritone”.

Le indagini che hanno accomunato i due, Coscione e Geracitano, hanno riguardato la cessione di un ramo d’azienda da parte di una società di capitali di Aprilia, nella disponibilità di Coscione, in grave stato di dissesto, a favore di una società neocostituita e gestita da Geracitano, entrambe operanti nel settore della raccolta e smaltimento dei rifiuti.

Secondo la Guardia di Finanza, l’operazione societaria appariva priva di reali ragioni economiche e sarebbe risultata pianificata per celare il tentativo di trasferimento delle autorizzazioni utili alla gestione dei rifiuti di cui la società cedente, essendo in grave stato di decozione, era titolare. Gli inadempimenti fiscali e previdenziali, uniti al depauperamento conseguente alle numerose cessioni fraudolente di beni aziendali, tali da rendere inefficace la riscossione coattiva nei confronti della società gravata da ingenti debiti tributari, ne avrebbero aggravato il dissesto, determinandone lo stato d’insolvenza.

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