Continuano le indagini su Mario Eutizia, il 48enne badante che ha confessato di aver ucciso quattro anziani. Si cerca di fare luce sulle vittime pontine
I riferimenti alle vittime pontine – due anziani uccisi da Eutizia nel 2014, di cui il l’auto-accusato responsabile non ricorda neanche il nome – sarebbero in un borsello che non si trova più appartenuto allo stesso Eutizia. Il materiale sarebbe scomparso il giorno prima di venerdì 23 agosto quando Eutizia ha confessato i suoi delitti.
il 48enne napoletano, sottoposto a fermo dopo aver confessato l’omicidio di quattro anziani a cui badava, che avrebbe ucciso somministrando loro massicce dosi di antidolorifici e farmaci oncologici, si sentirebbe “realizzato” nei panni di “angelo della morte”. A scriverlo, nel suo provvedimento, il sostituto procuratore della Procura di Santa Maria Capua Vetere, Annalisa Imparato, che ha disposto il carcere per il 48enne napoletano fino all’udienza di convalida, fissata per lunedì 26 agosto. L’uomo, che al pm aveva chiesto di “essere aiutato a non “uccidere più”, ha detto di averlo fatto perché voleva che smettessero di soffrire.
Il 48enne – con precedenti penali per furto, truffa, danneggiamento, appropriazione indebita, ma nessun reato contro la persona -, come noto, ha contattato i carabinieri e ha detto di voler confessare diversi omicidi. I militari lo hanno quindi raggiunto e accompagnato nella sede del Comando Provinciale. Accompagnato dai suoi avvocati, Antonio Daniele e Gennaro Romano, ha cominciato a raccontare tutto, indicando le sue vittime.
Le prime due, non ancora identificate, le avrebbe uccise nel 2014, quando lavorava nelle loro abitazioni a Latina. Immediati riscontri sono invece arrivati per altre due vittime: Luigi Di Marzo, 88 anni, morto nel dicembre 2023 a Casoria (Napoli), Gerardo Chintemi, 96 anni, morto nel marzo 2024 a Vibonati (Salerno). I parenti dei due anziani hanno confermato che Eutizia aveva lavorato in quelle case come badante. A Vibonati il 48enne era stato anche denunciato dai familiari di Chintemi per aver rubato l’automobile dell’anziano dopo la morte di quest’ultimo.
L’uomo ha raccontato al pm di avere ucciso “spinto da una profonda compassione e pietà”, somministrando dosi elevate dei farmaci che erano stati prescritti agli anziani. Farmaci che conosceva bene perché anche lui ne faceva uso, essendo affetto come le vittime da patologie oncologiche.
Nel provvedimento il pm Imparato descrive la “volontà omicidiaria” di Eutizia: “Tutte le condotte poste in essere convergono verso l’exitus, non solo rappresentato come certo dall’indagato, ma voluto come conseguenza delle proprie azioni. L'”animus necandi” associato alla misericordia cristiana – dallo stesso ammessa – determinano la propensione dell’indagato a vestire i panni di “angelo della morte”. In queste vesti lo stesso prova profonda gratitudine e realizzazione”.
Secondo il magistrato, “la somministrazione lenta e continua di dosi massicce di farmaci potenzialmente letali ove abbinati, compendiata dal desiderio di veder cessare l’agonia degli anziani, non può che dimostrare che Eutizia, conoscitore delle caratteristiche dei farmaci sia per l’esperienza lavorativa che per l’assunzione personale in quanto già paziente oncologico, voleva cagionare la morte dei suoi assistiti. Una morte certa in considerazione dell’età degli stessi e delle critiche condizioni cliniche”.
Durante l’interrogatorio, continua il pm, Eutizia “confessava di aver deciso di somministrare dosi massicce di farmaci – in reiterate circostanze e in ampio lasso temporale – in quanto spinto da una profonda compassione e pietà per gli stessi, consapevole che una perdurante assunzione li avrebbe accompagnati dolcemente verso la fine. Infatti, come dallo stesso Eutizia ammesso, nessuno si accorgeva delle dosi quadruplicate in quanto nessuno de familiari assisteva al momento della somministrazione”. Secondo il magistrato, infine, “non può non assumere pregnante rilievo la richiesta avanzata da Eutizia al Pm di essere aiutato a non “uccidere più” perché, ove si fosse trovato nelle medesime condizioni, a suo dire avrebbe potuto uccidere ancora ben conscio di non poter reggere una sofferenza tale”.
Prima di consegnarsi alle forze dell’ordine l’uomo avrebbe dormito in strada a piazza Carlo Terzo a Napoli, come confermato dal legale Gennaro Romano. “Non aveva dove andare e così gli ultimi due giorni li ha passati su una panchina. Era venuto da Napoli, dove abitava, fino a Caserta, perché pensava di costituirsi qui. Il mio assistito è una persona fragile, anche lui gravemente affetto da gravi patologie. L’ha scoperto dopo essere stato operato in seguito a un infarto mentre si trovava in Georgia dove lavorava nel settore della ristorazione, una decina di anni fa. Nelle sue azioni nei confronti degli anziani non è emersa la volontà omicidiaria, ma quella della “pietas”.