Latina, si accorge di un incendio in casa e nella furia se la prende con il gatto che viene lanciato fuori e ucciso
Udienza interlocutoria oggi, 16 ottobre, per il processo diventato noto per un fatto singolare e increscioso. Si tratta del caso dell’avvocato di Latina che, in preda a un raptus, ha lanciato il gatto della ex compagna fuori dalla finestra di casa. Il particolare ancora più macabro è che il gatto aveva preso fuoco.
Nel corso della breve udienza odierna, è stato ascoltato l’ultimo testimone dell’accusa: si tratta del direttore sanitario della clinica Pacifico di Latina – il medico veterinario Gianmaria Urso – che si era occupato di curare, invano, il gatto. Il dottor Urso ha spiegato che l’animale entrò in terapia intensiva dopo l’episodio violento di cui fu vittima ma, dopo pochi giorni, morì. Non ce la fece per via dei traumi riportati.
A marzo scorso, il processo era entrato nel vivo davanti al giudice monocratico del Tribunale di Latina, Simona Sergio, sostituita per il proseguo del dibattimento dal giudice Rosmunda Zampi, la quale ha rinviato al prossimo 8 luglio quando verranno ascoltati due testimoni della difesa, tra cui un medico veterinario e un agente della Polizia Locale, e si svolgerà eventualmente l’esame dell’imputato.
Sul banco degli imputati, per l’appunto, c’è l’avvocato del Foro di Latina, 55 anni, accusato di maltrattamenti nei confronti di animali. Una vicenda che ha i toni tra il macabro e il grottesco. Nella scorsa udienza, erano stati ascoltati due testimoni dell’accusa, interrogati dal pubblico ministero: la guardia zoofila che ha soccorso il gatto per primo e l’agente di polizia municipale che ha coordinato le indagini dopo l’accaduto.
La guardia zoofila, in particolare, ha sostenuto che il gatto, trovato stramazzato al suolo, presentava ustioni sul dorso: una circostanza che, secondo l’esperienza del testimone, significherebbe che l’imputato abbia bruciato di proposito l’animale.
I fatti, avvenuti a marzo 2021 nel capoluogo di provincia, hanno visto protagonista, come detto, il 55enne, per indagini che sono state chiuse dalla Procura di Latina a giugno 2021. L’imputazione è quella di aver cagionato, con crudeltà o senza necessità, la morte di un animale. Un reato che prevede una pena dai quattro mesi ai due anni, secondo le disposizioni introdotte nel 2004: si tratta, infatti, per la legge italiana, di delitti contro il sentimento degli animali. Reati che, ormai, nella coscienza collettiva sono giudicati odiosi e intollerabili.
Secondo la ricostruzione dell’accusa, l’uomo, trovandosi nell’appartamento dell’allora compagna, anche lei 55enne di origine ucraina, si era accorto del principio di un incendio. Alla vista del gatto parzialmente attinto dalle fiamme, l’avvocato, anziché soccorrere l’animale, lo avrebbe afferrato per le zampe posteriori per poi buttarlo fuori dal balcone dell’appartamento.
Per il gatto, ovviamente, non c’è stato nulla da fare, avendo fatto un volo dal quarto piano e per di più già ustionato dall’incendio che si era sprigionato in casa. Il povero animale è stato portato in nella clinica Pacifico a Latina ma, dopo giorni di agonia, è morto.
Nel processo, come parte civile, c’è l’ex compagna dell’uomo, difesa dall’avvocato Rinaldi.