“Gli autovelox di Lanuvio lungo la S.R.207 via Nettunense, sono stati inseriti nell’elenco nazionale dei dispositivi autorizzati pubblicato dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, consultabile sul portale https://velox.mit.gov.it/dispositivi. Questo censimento è la condizione necessaria per il legittimo utilizzo dell’apparecchio su strada ed è distinto dall’omologazione tecnica, che è un ulteriore requisito previsto dalla normativa, ma l’inserimento in questo elenco è il preambolo ad una loro imminente riattivazione.
Nell’inserimento sul sito del MIT c’è un’anomalia infatti, mentre solo uno dei due risulta inserendo come città di riferimento Lanuvio, quello al Km 17+800, per trovare quello al Km 18+900 bisogna inserire Aprilia, mentre inserendo il codice catastale di Lanuvio, C767, la ricerca restituisce tre autovelox relativi a Lanuvio (i 2 fissi sulla Nettunense ed uno mobile). L’inserimento nella lista ministeriale rappresenta un bollino di legittimità formale che però non cancella le criticità politiche e tecniche di un impianto nato da un decreto prefettizio del 2011 (il 50805), cucito su dati di incidentalità ormai vecchi di oltre un decennio e su un tratto stradale extraurbano oggi regolato con un limite di 50 km/h che sembrerebbe più “trappola” che presidio di sicurezza.
I numeri ISTAT dicono chiaramente che il tema sicurezza non è uno slogan: nel 2024 ci sono stati 3.030 morti sulle strade italiane, oltre 233.800 feriti e un costo sociale di circa 22,6 miliardi di euro. La velocità è tra le prime cause degli incidenti mortali e ha contribuito a quasi 20 mila sinistri in un solo anno, ma solo circa un terzo delle sanzioni riguarda il superamento dei limiti, segno che la repressione automatizzata non è l’unico, né il principale, strumento di prevenzione.
Proprio per questo colpisce la retorica istituzionale con cui il Comune di Lanuvio rivendica gli autovelox come simbolo di “cultura della sicurezza stradale” e di “tutela della vita”, usando gli stessi dati ISTAT per giustificare qualunque scelta, anche quando si parla di impianti piazzati su tratti esterni ai centri abitati come la Nettunense tra Bellavista e Mantovano, dove il contesto reale di circolazione non è quello di una strada urbana ma di una extraurbana pesantemente rallentata.
Dal 2024–2025 il quadro normativo sugli autovelox è stato profondamente rivisto: il decreto ministeriale sugli strumenti di rilevazione e il successivo censimento nazionale hanno imposto dispositivi omologati, parametri tecnici più stringenti e l’obbligo di registrare ogni apparecchio nel portale del MIT, con indicazione di modello, matricola, chilometria e stato (attivo/disattivato). Gli autovelox di Lanuvio non si sa se siano già attivi in quanto sul sito non viene riportato il loro stato, ma continuano a poggiarsi su un decreto prefettizio del 2011, costruito su tassi di incidentalità e condizioni di traffico che non fotografano più la situazione attuale.
Qui sta il nodo politico: da un lato si chiede agli enti locali di aggiornare in fretta apparecchiature, tarature e banche dati, dall’altro nessuno mette mano seriamente ai vecchi decreti prefettizi che decidono dove si può colpire “a distanza”, spesso mantenendo come “pericolosi” tratti che nel frattempo potrebbero essere stati modificati, messi in sicurezza o semplicemente resi più scorrevoli. Un’autorizzazione prefettizia così datata non è automaticamente illegittima, ma è legittimo chiedersi se, senza una nuova istruttoria seria sui dati di incidentalità attuali della Nettunense, quell’impianto serva ancora davvero a ridurre i sinistri o solo a consolidare una rendita di posizione per le casse comunali.
L’amministrazione del comune dei Castelli insiste nel dire che “l’autovelox non è uno strumento di cassa”, rilanciando il mantra del “salvare vite umane” sui social e nei comunicati, ma la scelta tecnica fatta sul tratto della Nettunense parla un’altra lingua: limite di 50 km/h in esterno centro abitato e rilevazione della sola velocità istantanea o puntuale, invece di un sistema di controllo della velocità media che misurerebbe il comportamento complessivo del conducente lungo l’intero segmento critico.
Un vero presidio di sicurezza, in un’arteria fluida tra Bellavista e Mantovano, punterebbe a scoraggiare l’andamento costantemente pericoloso (sorpassi azzardati, velocità sostenuta per chilometri), non a colpire il singolo “picco” in corrispondenza del box, magari dopo centinaia di metri percorsi nel rispetto delle regole. Il risultato è che l’automobilista prudente ma costretto a una frenata improvvisa sotto i 50 km/h davanti alla colonnina viene trattato come un fuorilegge, mentre la progettazione complessiva della sicurezza del tratto (illuminazione, incroci, accessi laterali, attraversamenti) resta sullo sfondo.
Il segmento della Nettunense interessato dall’autovelox si trova all’esterno dei centri abitati di Bellavista e Mantovano, in un contesto che, per tipologia e geometria, è molto lontano dall’idea di “strada urbana di quartiere” per cui un limite di 50 km/h è intuitivamente accettabile dai cittadini. Qui si chiede agli automobilisti di adeguarsi a un limite percepito come artificiale, pare senza un’evidente correlazione con l’attuale livello di incidentalità locale, che andrebbe valutato con i dati aggiornati ISTAT e provinciali anziché con le fotografie di oltre dieci anni fa.
Se davvero l’obiettivo è la tutela della vita, la priorità dovrebbe essere una revisione complessiva del tratto: analisi delle cause effettive degli incidenti, studio della velocità media reale, eventuale introduzione di sistemi Tutor o di velocità media, messa in sicurezza degli accessi e delle intersezioni, e solo alla fine – e trasparentemente – scelta dello strumento sanzionatorio più coerente. Riattivare un vecchio autovelox “ripulito” formalmente e blindato dietro un portale ministeriale rischierebbe invece di alimentare la percezione opposta: non un alleato dei cittadini, ma un tassametro occulto che sfrutta il confine tra legalità formale e giustizia sostanziale”.
Così, in una nota, l’esponente locale del Movimento Cinque Stelle di Aprilia, Andrea Ragusa.
