AUMENTO CAPITALE IN ACQUALATINA, LA BOCCIATURA DAL SUD PONTINO: “CONTINUANO A SPREMERE GLI UTENTI”

Le associazioni del sud pontino offrono la loro disamina sulla richiesta di Acqualatina per un maxi aumento di capitale

Ma che colpa abbiamo noi non è soltanto una fortunata canzone dei Rokes degli anni ’60, ma una affermazione che nasce spontanea se si leggono le motivazioni addotte da Acqualatina a supporto del richiesto aumento di capitale sociale di trenta milioni di euro, all’ordine del giorno della conferenza dei sindaci di fine ottobre. La richiesta scaturisce dalla riscontrata insufficienza degli indicatori che misurano la capacità dell’azienda di restituire i soldi ottenuti in prestito dal circuito bancario. Non potendovi ulteriormente ricorrere per sopperire alla carenza di liquidità, secondo l’amministratrice delegata di Acqualatina, non resta che l’aumento di capitale. 

Ma perché si è giunti a questo punto? L’origine della crisi di liquidità -secondo il gestore – sarebbe il diniego opposto dai sindaci al richiesto aumento tariffario del 9,5%, da replicare ogni anno per i primi tre del periodo regolatorio ARERA  2024/2029. Il gestore non ha ritenuto sufficiente l’approvato aumento del 3,5%, da replicare per ogni anno del predetto periodo regolatorio (23% di aumento alla fine dei sei anni). 

La crisi di liquidità si sarebbe poi ulteriormente aggravata a causa del ritardo del rimborso dei fondi anticipati per i progetti PNRR e per le difficoltà nel recuperare i crediti, giunti alla cifra monstre di 148 milioni di euro, secondo il bilancio del 2024. Tutto ciò nonostante che il documento contabile evidenzi un utile netto di oltre 11 milioni di euro. Due considerazioni. 

  1. Che colpa hanno gli utenti per i ritardi PNRR? È come chiedere ad essi di sostituirsi alla banca per finanziare l’incapacità del management di prevedere l’impatto sui conti delle anticipazioni di cassa;
  2. Perché la stragrande maggioranza degli utenti che pagano regolarmente le bollette dovrebbero farsi carico di sopperire a all’incapacità del gestore di farsi pagare da alcuni?  

Sul secondo punto occorre però dire che risultano fortemente morosi anche i comuni, detentori del 51% del capitale sociale di Acqualatina, che non pagano l’acqua delle fontane pubbliche, delle scuole, degli uffici.

A questo punto che fare? Aumentare il capitale sociale significa che i comuni dovranno sottoscrivere l’acquisto di nuove azioni attraverso i propri bilanci, rinunciando a qualche servizio o aumentando la tassazione locale. Questo equivale a porre a carico degli utenti onesti gli sperperi del Sistema, garantendo utili ad Acqualatina e coprendo le sue inefficienze. Ciò appare ingiusto e poco percorribile, visti i recenti aumenti di tariffa che ci sono già stati e l’attuale crisi del potere di acquisto di stipendi e pensioni del ceto medio. Nelle condizioni date non resta che proporre:

  • ai comuni con maggior debito, di fare un piano triennale di rientro, accantonando, per il momento, la querelle relativa all’incasso dei canoni per l’affitto della rete;
  • alla Società, di impegnarsi a rinunciare, per almeno i prossimi tre anni, ai dividendi e a mandare a riserva eventuali utili di bilancio;
  • alla Regione, di intervenire con provvedimenti eccezionali, anche solo sotto forma di garanzia sui prestiti.

Un’ultima notazione. Acqualatina ha dimostrato sul campo di non essere all’altezza della situazione, per cui un cambio di passo appare urgente. Sarà la ripubblicizzazione dell’acqua la mossa vincente? Una società finalmente libera dall’ossessione del profitto sarà capace di riuscire laddove la gestione privata ha prodotto scarsi risultati?  È tutto da vedere, ma continuare a spremere gli utenti e, dopo 23 anni, continuare a perdere il 70% dell’acqua è inaccettabile ed è ora che qualcuno vi ponga rimedio”.

Così, in una nota, “Comunità Lazio Meridionale e Isole Pontine” e l’associazione “Incontri & Confronti”.

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