Da uno stralcio della maxi indagine “Assedio”, emerge uno spaccato di un imprenditore finito nella morsa di gruppi criminali: da un parte personaggi legati al figlio di Enrico Nicoletti, storico cassiere della Banda della Magliana; dall’altra pregiudicati siciliani con un passato che rimanda la boss Francis Turatello.
Su disposizione della Direzione distrettuale antimafia della Procura di Roma, la Direzione Investigativa Antimafia ha dato esecuzione a un’ordinanza cautelare emessa dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, Francesco Patrone, nei confronti di 9 persone – tra le quali 6 già in carcere e 2 agli arresti domiciliari – gravemente indiziate a vario titolo, in concorso tra loro, di violenze e minacce nei confronti di un imprenditore edile.
Ad essere arrestasti ci sono nomi noti: i siciliani Francesco Mario Dimino (58 anni), Gaetano Mirabella (74 anni) e Luigi Montegrande (65 anni). Nuova ordinanza in carcere anche per Antonio Nicoletti detto “Tony” (62 anni), figlio del cassiere della Banda della Magliana, già condannato in abbreviato nel filone romano di “Assedio”, Pasquale Lombardi (69 anni), originario di Sezze, e Roberto Fiorini, originario di Alatri, classe 1961. A domiciliari Valter Valle (60 anni), ex poliziotto e titolare della società di vigilanza, Angel Sti Vigilanza srl, e Bruno Rea (86 anni). Obbligo di firma, invece, per Nicola Diana, imprenditore casertano di San Cipriano d’Aversa, classe 1958.
Le azioni poste in essere, a vario titolo, erano finalizzate a costringere, “con violenza e minaccia”, il titolare della società Rossi Costruzioni Edili Srl, Emanuele Rossi, “a cedere la proprietà di tre unità immobiliari facenti parte di un complesso immobiliare” nei pressi di Pomezia, in via del Mare, “a prezzi inferiori a quelli di mercato per un valore corrispondente a circa 300.000 euro”.
Nel corso dell’indagine, scaturita da uno stralcio dell’operazione “Assedio” (l’indagine che ha portato allo scioglimento del Comune di Aprilia) – avviata nel 2018 dalla Dia-Centro operativo di Roma con il coordinamento della Dda della Procura di Roma – sono stati raccolti elementi gravemente indiziari in ordine all’esistenza di due gruppi apparentemente contrapposti ma in realtà tra loro alleati, uno appartenente a contesti criminali organizzati riconducibili alla mafia siciliana e l’altro alla criminalità organizzata romana, i cui componenti del primo offrivano la loro “protezione” all’imprenditore, vittima di gravi minacce, anche di morte, rivolte alla sua persona e ai suoi familiari, “nonché dell’esplosione di numerosi colpi d’arma da fuoco in danno del cantiere del suo complesso immobiliare in fase di costruzione”. Si tratta del gruppo romano di Nicoletti e di quello siciliano di Montegrande, Mirabella e Dimino.
Le indagini hanno permesso di svelare un disegno unitario da parte dei due gruppi finalizzato ad estorcere al titolare della società, in cambio di protezione, appartamenti a prezzi di molto inferiori al loro reale valore. Fra i destinatari dell’ordinanza vi è anche l’imprenditore Paquale Lombardi, il quale, proponendosi come mediatore per far cessare le condotte violente e minacciose nei confronti di Emanuele Rossi, lo avrebbe costretto a sottoscrivere, insieme a Tony Nicoletti, anche due contratti di sponsorizzazione in favore di una società di basket e di calcio, a Pomezia, per un valore complessivo di 100 mila euro: la ASD Unifortitudo Basket Pomezia per 30mila euro e l’Unipomezia Calcio a Cinque per 70mila euro.
La vicenda di Rossi inizia diversi anni fa, addirittura nel 2016, quando uno degli arrestati Bruno Rea, insieme a un altro indagato, ormai deceduto, Ezio Pascucci, sottoscrive un contratto con la sua società, la Rossi Costruzioni srl, per l’acquisto di un complesso immobiliare. Non vedendosi corrisposto il denaro, Rossi intenta causa civile ai due soggetti e in cambio riceve minacce per ritirare il contenzioso. In particolare è Rea, oggi 86enne, ad essere brutalmente chiaro: “Vengo dentro casa tua, prima ammazzo i tuoi figli, poi sgozzo tua moglie che morirà lentamente e poi ti guarderà morire lentamente”.
Successivamente, il 4 luglio 2019, i due – Rea e l’altro indagato deceduto – commissionano una intimidazione al complesso immobiliare di Via del Mare, a Pomezia, a colpi d’arma di fuoco che danneggiano le vetrate. Il 10 luglio, i due mandanti dell’attentato rivendicano l’azione criminale con Rossi: “Se non hai capito bene e se le persone che ti abbiamo mandato prima di noi non sono state chiare, sappi che sarò chiaro io ora. Tu il cantiere lo stai finendo e a noi ci devi pagare o in soldi o in immobili”. E ancora, a gennaio 2021, Rossi riceve un’altra lettera di minacce.
A inserirsi nell’affare ci sono i siciliani Mirabella e Montegrande con Fiorini e la mediazione di Dimino. A luglio 2018, il gruppo è intenzionato a costringere Rossi a cedere gli appartamenti del complesso immobiliare di Pomezia a prezzi inferiori, riferendogli che le famiglie mafiose di Catania volevano rientrare della somma di 600mila euro consegnata in precedenza a Pascucci per l’investimento. In particolare, Roberto Fiorini minaccia Rossi, spiegandogli chi è (ha avuto rapporti con i Casamonica ed Enrico e Tony Nicoletti) e di aver scontato una condanna a 20 anni di carcere per omicidio.
Non è da meno, Gaetano Mirabella che ha un passato criminale non di poco conto. Precedenti per rapina, lesioni e altri reati, nel 2020 è raggiunto da un’ordinanza di custodia cautelare per associazione mafiosa. Alla fine della anni settanta, Mirabella è stato componenti della organizzazione criminale di Francis Turatello detto “Faccia d’Angelo” (poi assassinato nel famigerato episodio avvenuto nel carcere nuorese anche da Pasquale Barra (detto ‘o Animale), su ordine di Raffaele Cutolo)..
Dopo la guerra con il clan di Renato Vallanzasca, il sodalizio Turatello, in seguito alla morte del boss, si divise in due tronconi, uno dei quali capeggiato proprio da Mirabella e suo fratello. Dopo un attentato subito nel 1980, Mirabella è dato come affiliato al clan di Cosa Nostra “Santapaola-Ercolano”, la cui presenza a Pomezia è ben descritta nell’indagine che portò agli arresti del sodalizio Fragalà.
Tornando alle estorsioni subite dall’imprenditore Rossi, lo stesso fu ipresentato a Montegrande, vicino a Mirabella, dal setino d’origine Pasquale Lombardi (arrestato anche nell’operazione “Equilibri” che smantellò i Fragalà di Pomezia) e Tony Nicoletti. Montegrande sarebbe stato l’unico a poter mediare con Rea e Pascucci. Inoltre, Lombardi e Nicoletti si dicono garanti per la sicurezza di Rossi il quale sempre più è stretto nella morsa di personaggi pregiudicati e collegati a sodalizi pericolosi.
È anche Valter Valle, il titolare della società di vigilanza, a invitare Rossi a cedere alle minacce di cui è destinatario, così da lasciare andare gli immobili e a sponsorizzare le squadre sportive di basket e calcio a 5. Sponsorizzazioni che “stanno a cuore” a Tony Nicoletti.
L’indagine che si inquadra nella maxi inchiesta Assedio è corroborata dalle denunce dello stesso imprenditore il quale, almeno in una occasione, si rivolge a un personaggio non indagato e ritenuto di spesso criminale.