L’indagine della Direzione Investigativa Antimafia che mette ai raggi X i Senese e i Nicoletti: tutto è partito indagando sul pontino d’adozione Sergio Gangemi
La Procura di Roma ha chiesto in tutto 148 anni di carcere per 24 indagati che hanno chiesto di essere giudicati col rito abbreviato. Si tratta di personaggi coinvolti nel filone romano della imponente indagini antimafia della DDA di Roma denominata “Assedio”. A dover affrontare il processo, in tutto, sono 63 persone. Sono tre i patteggiamenti già arrivati a conclusione. È stata chiesta la condanna in abbreviato anche per l’imprenditore in rapporti con la ‘ndrangheta reggina, Sergio Gangemi, pontino d’adozione. La DDA chiede che siano condannati anche i figli dell’ex boss della Maglia Enrico Nicoletti, Antonio e Massimo, il figlio del boss della camorra romana Michele Senese, Vincenzo, e lady petrolio Anna Bettozzi.
Quella capitolina è uno stralcio dell’operazione “Assedio”, l’indagine che, a luglio 2024, ha terremotato il Comune di Aprilia con le dimissioni del sindaco Lanfranco Principi, finito ai domiciliari con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa rispetto al sodalizio retto da Patrizio Forniti e Luca De Luca. Tra i nomi anche quello di Pasquale Lombardi, più volte coinvolto in inchieste e processi come quello, ad esempio, sul clan Fragalà di Pomezia. Tra gli arrestati anche Daniele Muscariello, ex manager del Latina Calcio e condannato per aver riciclato i soldi della camorra.
E, poi, tra gli iniziali indagati, come si evince dall’ordinanza del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Roma, anche l’imprenditore legato alla ‘ndrangheta, trapiantato nel pontino, Sergio Gangemi, attualmente detenuto nel carcere di Frosinone, dove sconta una vecchia condanna per reati fiscali commessi a Rimini, e accusato anche nel filone pontino di concorso esterno in associazione mafiosa col clan apriliano di Patrizio Forniti.
All’inizio della indagine del filone romano – sfociata lo scorso 9 luglio, in 18 arresti e diversi sequestri per lo più su Roma, coinvolgendo i figli del cassiere della Banda della Magliana, Enrico Nicoletti, e quelli del boss della camorra romana Michele Senese, detto “o pazz” – c’erano per l’appunto i rapporti d’affari tra la famiglia Gangemi, il pometino Pasquale Lombardi e i fratelli Nicoletti. Interessanti dal punto di vista investigativo le dichiarazioni del collaboratore di giustizia Basilio Bucciarelli.
“So anche che Nicoletti aveva ottimi rapporti con Gangemi Sergio e che avevano avuto problemi con una persona sottoposta ad usura a Latina che li aveva denunciati. Ho sentito che ne parlavano tra loro. La vicenda riguardava anche Lombardi. So che i tre avevano in piedi una attività di usura nei confronti di Pascucci Ezio. In proposito ho delle registrazioni audio con il figlio di Pascucci dalle quali risulta questo rapporto che ho riferito. So anche che Nicoletti e Lombardi avevano rapporti con Raffele Di Mario al quale hanno fornito denaro con interessi usurari, nella vicenda era coinvolto anche Pascucci Ezio. Siamo nel giugno del 2019”.
Quanto riferito dal collaboratore – annota il Gip Emanuela Attura – trova piena conferma nelle indagini che hanno individuato tra i debitori maggiormente esposti verso Sergio Gangemi, proprio il Pascucci. Quest’ultimo, infatti, tra il 2015 ed il 2016, ha ricevuto dal Gangemi la somma di circa 300 mila euro, a fronte della quale, a 4 anni dall’erogazione, aveva restituito, oltre alla quota capitale, 80 mila euro di interessi.
Da questi nomi è nata l’indagine più composita su Roma. C’è Antonio Nicoletti, figlio del cassiere della Banda, Enrico morto a dicembre 2020, che risulterebbe essere uno dei più potenti riciclatori di Roma. E anche Vincenzo Senese, primogenito del boss Michele Senese, detto “o pazz”.
Un’inchieste che trova addentellati tra la criminalità organizzata e l’estrema destra neofascista, coinvolgendo Roberto Macori, amico di Massimo Carminati e legato ai Senese. Macori contribuiva a ripulire i soldi con il business degli idrocarburi.
In tutto 18 misure cautelari e indagati 57 persone per associazione per delinquere con aggravante mafiosa. Le accuse includono estorsioni, usura, intestazione fittizia di beni, riciclaggio e reimpiego di proventi illeciti.
Tra gli indagati, con l’accusa di riciclaggio, Domitilla Strina, la figlia di Anna Bettozzi Di Cesare, l’imprenditrice nel settore del commercio dei petroli e cantante conosciuta come “Anna Betz” e “Lady Petrolio”. Tra i sequestri per oltre 131 milioni di euro, disposti dal giudice per le indagini preliminari Attura c’ è anche un deposito fiscale di carburante nella provincia di Venezia. Il gruppo criminale smantellato dalla DDA e dal centro operativo della Dia di Roma, operava su tutto il territorio nazionale ed in particolare nel Veneto, nel Lazio, nella Capitale e nella zona di Pomezia ed in Campania.
Le indagini hanno rivelato un complesso scenario criminale a Roma e nel Lazio, con mafie tradizionali e malavita locale che hanno inquinato il tessuto socio-economico. Roma è il centro di questo “laboratorio criminale”.
L’operazione ha svelato una rete che coordina gruppi criminali in varie aree dello paese. Le attività includono controllo del territorio, violenza e iniziative economiche illecite, con infiltrazioni nelle istituzioni e tecniche di riciclaggio attraverso società ‘cartiere’.
Forte la presenza dei clan camorristici come i D’Amico/Mazzarella, che riciclavano proventi illeciti attraverso attività imprenditoriali.
Le indagini hanno anche evidenziato la convergenza di altre strutture mafiose, come i Casalesi e le cosche di ‘ndrangheta Morabito, Mancuso e Piromalli.
Un allaccio criminale tra i gruppi della camorra napoletana e casalese, esponenti di clan di ‘ndrangheta e di Cosa Nostra siciliana, che, in trent’anni di presenza sul territorio laziale, si sono integrati con gruppi di criminalità locale. Dal controllo del territorio alle attività economiche, con Roma al centro delle trame criminali.