“Non è passato inosservato l’appello, come contributo dei cattolici italiani all’orientamento delle grandi scelte di governo del nostro Paese, di 135 vescovi italiani al Governo e al Parlamento per il rilancio delle cosiddette “aree interne” del Paese: quelle più a rischio di spopolamento migratorio e demografico nonché di abbandono socioeconomico,
Dal Meeting di Rimini, con il Cardinale Zuppi è venuta un’analisi quanto mai aderente alla realtà delle aree marginali e montane, con la novità della proposizione, accanto ai possibili interventi di recupero e salvaguardia di esse, delle potenzialità concrete che si possono sviluppare.
È di estremo interesse il concetto che si è introdotto di “migrante economico”, sul filo della continua cura e predisposizione che la Chiesa mette da tempo sulla problematica dell’immigrazione e dell’accoglienza attiva dei flussi, che stante l’attuale crisi demografica italiana ( nel mondo siamo secondi soltanto al Giappone) ne aggrava lo spopolamento.
Quindi non più solo persone in fuga da povertà e sottosviluppo, ma anche portatrici di risorse ed esperienze personali potenzialmente utili al rilancio di comunità italiane in crisi, se solo si cambiasse lo sguardo prospettico su di esse, e ci si attrezzasse finalmente a sperimentare ed a investire in una nuova forma dei lavori possibili.
Un richiamo al governo si è sostanziato nella richiesta di una revisione dei tanti strumenti istituzionali che sono in campo, forse troppi, ed è come Consulta Anci Lazio Piccoli Comuni, che prendendo spunto da questo richiamo che intendiamo fare la nostra parte. In attesa della pubblicazione della legge sulla montagna, che coprirà gran parte del territorio delle aree interne, quello montano, crediamo che sia necessario, a cominciare dalle Regioni, un riordino legislativo da più parti invocato, che eviti duplicazioni ed interventi improvvisati, tra i tanti strumenti che sono stati messi a disposizione dei Comuni e delle Comunità Montane.
Certamente le risorse sono da anni ampiamente inadeguate ed ancora non si è affermata la cultura della prevenzione: se si sommassero in ogni Regione Italiana, i costi per gli interventi per il dissesto idrogeologico e per i danni provocati da incendi, ci accorgeremmo che due terzi di tali risorse si potevano risparmiare con politiche di salvaguardia e segnalazione, dando tra l’altro nuova occupazione soprattutto ai giovani.
C’è un altro punto decisivo: l’acqua. Nei territori come i nostri, non è soltanto un bene comune da proteggere: è la condizione stessa di ogni prospettiva di giustizia sociale ed economica. La sua gestione non può essere abbandonata alle logiche speculative, ma deve restare, almeno in parte nelle mani delle comunità locali, come garanzia di equità e di sviluppo e come base per i servizi ecosistemici.
È dalla Chiesa che da sempre, per lo spirito ecumenico di carità, che viene la proposta alle grandi holdings energetiche, di lasciare sul territorio una minima percentuali dei loro introiti.
Così la montagna che è presidio di vita e di sicurezza per tutti, non solo per chi ci abita. Abbandonarla significa consegnarsi al dissesto idrogeologico, allo spopolamento, alla perdita di cultura, tradizioni, identità. Anche qui la Pastorale dei vescovi ci ricorda che la sfida non è isolarsi, ma fare rete, associare servizi e comunità, ricostruire un tessuto di relazioni istituzionali per generare un “ripopolamento delle idee” ancor prima di quello demografico. C’è per la nostra Consulta e per quella Nazionale un gran lavoro da fare, che ci deriva dall’esperienza Anci ed Uncem, ed oggi da questo alto magistero dei Vescovi”.
Così, in una nota, Lubiana Restaini, coordinatrice Consulta Piccoli Comuni Anci Lazio.