Affogò nella piscina del Virgilio Grand Hotel di Sperlonga il 12 luglio 2018: nuova udienza del processo per la morte della minorenne Sara Francesca Basso
Devono rispondere di omicidio colposo le tre persone considerate responsabili della morte della 13enne di Supino, così come disposto, a settembre 2020, dal Giudice per l’udienza preliminare Pierpaolo Bortone su richiesta del Pm Giuseppe Miliano. I fatti afferiscono alla tragica morte della bambina di 13 anni, originaria di Supino, deceduta mentre era in vacanza con i genitori a luglio di sei anni fa.
Secondo l’accusa, sarebbe stato il cattivo funzionamento dell’impianto di aspirazione dell’albergo “Grand Hotel Virgilio” a causare il decesso della 13enne ciociara che si trovava in vacanza con la famiglia a Sperlonga in quel maledetto 12 luglio 2018. Per l’accusa la 13enne è stata risucchiata dal bocchettone di aspirazione della piscina, non trovando più la forza per emergere. Tanto più che furono i soccorsi prestati, come fu inutile averla trasportata in eliambulanza al Gemelli di Roma dove morì qualche ora dopo. La causa della sua morte, come spiegato anche dai medici ascoltati nel processo, è stato il soffocamento dovuto all’annegamento.
Il processo (che ha visto già il cambio dei giudici chiamati a emettere la futura sentenza) ha avuto diverse battute d’arresto tanto che il Tribunale di Latina ha ricevuto un sollecito dagli avvocati Calogero Nobile e Francesca Minotti, difensori dei genitori della bambina che si sono costituiti parti civili, affinché fosse anticipata l’udienza odierna.
Sul banco degli imputati, accusati di omicidio colposo, Mauro Di Martino (46 anni), rappresentante legale della società che gestisce l’albergo, Francesco Saverio Emini (73 anni), ex proprietario dell’albergo e Ermanno Corpolongo (60 anni), il costruttore che aveva realizzato nel 2004 l’impianto di aspirazione della piscina. I primi due imputati sono difesi dagli avvocati Vincenzo e Matteo Macari e Alfredo Zaza D’Aulisio, mentre Corpolongo è assistito dall’avvocato Massimo Signore.
Oggi, 25 settembre, davanti al giudice monocratico Elena Nadile sono stati ascoltati cinque testimoni della difesa: tre chiamati dall’avvocato Signore, altri due dall’avvocato Vincenzo Macari. A rappresentare l’accusa il pubblico ministero Antonio Sgarrella.
L’avvocato Signore ha mostrato ai suoi testimoni, tra cui l’amministratore delegato dell’azienda che avrebbe fornito i materiali per realizzare la piscina dell’Hotel Virgilio, le foto della griglia danneggiata che ha causato il decesso della 13enne. In aula, inoltre, sono state portate fisicamente due griglie sulle quali sono state poste dal legale domande di tipo tecnico.
L’amministratore dell’azienda lombarda che produce materiali di piscina ed esporta in tutto il mondo ha spiegato che le griglie dell’Hotel Virgilio non furono fornite da loro. Una versione che cozza con quella dell’avvocato difensore che ha spiegato di poter dimostrare che, al contrario, le griglie furono fornite da quell’azienda specifica anni addietro.
Ad ogni modo, il manager ha spiegato che il deterioramento di una griglia da piscina può dipendere da diversi fattori: non solo la qualità del prodotto, ma anche la manutenzione della piscina, la temperatura, l’esposizione al sole. Tutti elementi che occorrono per evitare invecchiamento della plastica della griglia.
Tuttavia, al fine di evitare il risucchio dell’acqua, occorre che le griglie abbiano delle bombature. Una caratteristica che la griglia responsabile del risucchio fatale per Sara Francesca Basso non aveva.
Tra i testimoni ascoltati anche il receptionist dell’albergo e una ex dipendente della struttura turistica, entrambi chiamati dall’avvocato Macari. Tutti e due hanno specificato che agli ospiti, al momento del check in, veniva raccomandato di non correre, né di tuffarsi nella piscina. Ammonimenti verbali che, però, non erano spiegati in alcun cartello nella piscina che metteva all’erta sui possibili pericoli. In sostanza, non c’era nessun cartello che vietava di tuffarsi in piscina.
L’ex dipendente dell’albergo ha ricordato di essere stata presente quando la bambina affogò: c’era un medico in vacanza presso l’albergo che provò a fare un massaggio cardiaco. Purtroppo, la 13enne era già esanime. Solo dopo quella tragedia, gli ammonimenti spiegati al check in furono messi per iscritto. Inoltre, la stessa testimone non ricorda se il personale sanitario addetto alla sicurezza della clientela sia stato istituito dopo o prima il fatto di sei anni fa. Per quanto riguarda il pulsante che avrebbe bloccato l’idromassaggio, la donna ne ha confermato la presenza. Sin dalle fasi di indagine, era emerso che probabilmente, spingendo in tempo quel pulsante, la ragazzina sarebbe sopravvissuta.
Il processo è in dirittura d’arrivo. La prossima udienza, fissata il 27 novembre, concluderà l’istruttoria con gli ultimi due testimoni della difesa, dopodiché sarà fissata un’altra udienza con la requisitoria del pubblico ministero, le arringhe difensive e la sentenza finale.
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