“Cosa accade nel Golfo in merito agli allevamenti di orate e spigole? È presto detto. Sono state pubblicate all’Albo Pretorio del comune di Gaeta, due istanze da parte del maggior detentore delle gabbie in mezzo alla rada, la società Piscicoltura del Golfo di Gaeta soc. Agricola s.r.l., con sede legale a Guidonia Montecelio e sede operativa in Gaeta: la prima di esse richiede la concessione di 3.220.000 mq. di specchio acqueo, fuori punta Stendardo, in alto mare, in aree idonee secondo la Carta Vocazionale e le prescrizioni dell’Area Sensibile, per avviare una sperimentazione finalizzata alla delocalizzazione, della durata triennale; la seconda richiede il rinnovo triennale della concessione ad operare nel sito attuale, in mezzo alla rada, scaduta il 31.12.2023.
A supporto delle due istanze la società snocciola una serie di dati produttivi e occupazionali di tutto rispetto, della cui bontà non si ha ragione di dubitare. Tuttavia le scriventi Associazioni pongono numerose domande in relazione alla dimensione dell’area richiesta, grave ostacolo alle regate veliche, allo svolgimento delle procedure di delocalizzazione, alla rispondenza a quanto dispone la Carta Vocazionale, alla garanzia che avvenga la sperimentazione e, soprattutto, all’effettiva rimozione -entro e fuori del golfo- degli impianti qualora detta sperimentazione dovesse dare risultati negativi e rendere impossibile ogni delocalizzazione. A tale proposito l’Amministrazione concessionaria dovrebbe pretendere una polizza fideiussoria a garanzia che il tutto avvenga cosi come proposto dalle imprese.
Alle associazioni sta a cuore la depurazione delle acque del golfo, al cui inquinamento la piscicoltura contribuisce per il 13% secondo una classifica del professor Ardizzone (2003) e del successivo studio SAMOBIS. Non si potranno ottenere una buona qualità delle acque del mare, il ripristino delle praterie di Poseidonia e della biodiversità, una decente attività economica legata alla balneazione se non si inizia da subito a contrastare l’inquinamento che ha ridotto all’asfissia le acque del golfo.
Spesso si dimentica che la prima causa è di origine antropica, rappresentata dai reflui che sversano nel golfo, caratterizzati da alte concentrazioni di azoto e fosforo che provocano l’eutrofizzazione delle acque (studio Ardizzone 2003: Azoto 63,5 %, Fosforo 73,87 % da reflui urbani – 5,35% Azoto e 3,11 Fosforo da industrie). Ad essi vanno aggiunti i contributi inquinanti che provengono dai corsi d’acqua che sfociano in rada e che raccolgono i residui (fertilizzanti e mangimi) delle attività agricole e zootecniche che si svolgono lungo le loro sponde (19,61 Azoto + 9,19 Fosforo). Cosa si potrebbe fare? Per esempio: dotare del terzo stadio, quello in grado di abbattere i contenuti di fosforo e di azoto, i depuratori delle città rivierasche; dotare di condotta sottomarina il depuratore di Gaeta, i cui scarichi fognari oggi sversano nell’area portuale, a poco distanza dalla spiaggia di Vindicio; monitorare le attività agricole e zootecniche attive lungo i corsi d’acqua, per prevenire le pratiche inquinanti e favorire quelle virtuose, agendo sulla leva dei sussidi e della fiscalità.
Purtroppo ci sono ritardi fortissimi, intollerabili, poiché il cambiamento climatico sta rendendo sempre più torride le acque, con conseguenti ed ulteriori fenomeni di eutrofia. Naturalmente tutti i Comuni del Golfo, in primis Formia, Gaeta, Minturno, dovrebbero assumere iniziative nei confronti della Regione Lazio, di Acqualatina e di tutti gli altri Enti che interagiscono con il ciclo delle acque per l’abbattimento dell’Azoto e del Fosforo, almeno e soprattutto, nei reflui urbani”.
Così, in una nota, Comunità Lazio Meridionale e Isole Pontine e Associazione Incontri & Confronti.