AL KARAMA, SEQUESTRO DI NEONATO E PROSTITUZIONE: IN SILENZIO LA 28ENNE ARRESTATA

Polizia

Si è avvalsa della facoltà di non rispondere la 28enne rumena ritenuta responsabile del sequestro di un neonato ad Al Karama, allo scopo di indurre alla prostituzione una connazionale

Secondo la Squadra Mobile di Latina, la vittima è stata costretta a consumare rapporti sessuali a pagamento tra Roma e Latina, e indotta a versare il ricavato del meretricio ai suoi sfruttatori, che in una circostanza l’hanno sottoposta anche ad un violento pestaggio, colpendola con pugni ai fianchi ed al dorso.

Ecco perché gli inquirenti sono certi che la 28enne rumena non è l’unica ad essersi adoperata nello sfruttamento e nel connesso rapimento del bimbo di sei mesi. Anzi, per di più, gli investigatori sono sulle tracce di un giro di prostituzione che si spingerebbe sino a Roma, sulla via Cristoforo Colombo da sempre zona dove si verificano fatti di prostituzione in strada.

La vicenda, terribile di per sé, è stata oggetto di molti interventi da parte della politica che, da anni, ha nel mirino il centro di accoglienza Al Karama situato in Via Monfalcone. Dopo i fatti che hanno interessato la giovane mamma costretta a prostituirsi, ci sono stati gli interventi della Lega per bocca del coordinatore e deputato Francesco Zicchieri il quale, dopo aver dichiarato la sua solidarietà alla donna, ha detto che: “Al Karama va chiuso senza se e senza ma“.

Di ieri, invece, la nota dell’assessore ai Servizi Sociali del Comune di Latina, Patrizia Ciccarelli che ha parlato di vera e propria tratta di schiavi e schiave in riferimento ad Al Karama. “La donna rintracciata ad Al Karama e il suo bambino sono vittime di una vera e propria piaga sociale, ma nel campo c’è un’intera comunità alla quale dobbiamo restituire dignità e diritti – ha dichiarato – Il fatto che la cronaca di questo episodio criminale ci riporti ad Al Karama non deve farci commettere un errore che sarebbe imperdonabile: quello di spostare il focus sulla facile strumentalizzazione. La politica non deve cadere in questo tranello, perché strumentalizzare l’accaduto per alimentare la narrazione dello stereotipo non aiuterebbe di certo il processo di chiusura del campo di Al Karama che oggi è arrivato, finalmente, a buon punto. Siamo infatti vicini alla firma di un protocollo la cui realizzazione richiede come condizione essenziale il coinvolgimento della parte sana della comunità che oggi vive in quel campo. Al netto infatti degli episodi criminali, parliamo di tante persone che vivono in condizioni di estremo degrado, alle quali tutti noi abbiamo il dovere di restituire dignità e diritti.

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