AGROMAFIE E USURA: A LATINA E PROVINCIA GIRO D’AFFARI DA 13 MILIONI

usura

Agromafie, il rapporto della Coldiretti: in provincia di Latina è stato registrato un business dell’usura da 13 milioni

Nel Lazio si stima un tasso usuraio medio del 120 per cento annuo nel comparto agricolo, con un giro d’affari complessivo pari a 40 milioni di euro. Questo quanto emerso dal rapporto presentato a Roma da Coldiretti Lazio e realizzato dalla Fondazione osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare, in collaborazione con la Regione Lazio e il ministero della Transizione ecologica. Un dato che è molto più alto nella provincia di Roma e di Latina, con rispettivamente 15,5 milioni e 13 milioni di euro rispetto alle altre province. Un giro d’affari pari a 8 milioni si stima a Viterbo, 2 milioni a Frosinone e un milione a Rieti. Le crisi economica causata dal Covid ha consentito alle mafie di radicarsi ancor più soprattutto nel settore della ristorazione, principalmente approfittando delle attività in difficoltà. La filiera agromafiosa, che condiziona il sistema di produzione agricolo e con esso l’intero network imprenditoriale collegato, coinvolge da tempo anche la ristorazione, come da anni il rapporto Agromafie di Eurispes, fondazione Osservatorio agromafie e Coldiretti rileva e denuncia.

Nella Regione Lazio sono circa 50 mila le imprese presenti, che forniscono lavoro a 70 mila addetti, tra occupati nelle coltivazioni agricole e negli allevamenti, nei servizi e nelle industrie alimentari, sia in termini di qualità e tipicità dei prodotti. La camorra è quella, tra le mafie tradizionali, secondo gli ultimi dati disponibili, a occupare una posizione di spicco su tutto il territorio regionale, con 85 aziende confiscate, pari al 26,4 per cento del totale. Il suo principale settore di infiltrazione – come si legge nel rapporto – è quello della ristorazione, che rappresenta tra bar e ristoranti il 58,5 per cento del business criminale. Le aree di infiltrazione della ‘ndrangheta, che rispetto alla camorra ha un ventaglio di interessi più variegato e meno legato al comparto della ristorazione, sono infatti principalmente nei settori connessi alle costruzioni, al comparto immobiliare, al commercio sia all’ingrosso che al dettaglio. I gruppi locali, autoctoni e autonomi, sono invece presenti in tutti i settori presi in considerazione, dall’immobiliare alle costruzioni e dal commercio alla ristorazione, fino a coprire insieme circa due terzi delle attività confiscate a tali organizzazioni. Quello della ristorazione costituisce anche per loro uno dei principali e più redditizi settori di investimento, rappresentando complessivamente il 16,36 per cento del totale degli affari illeciti.

Un focus importante è stato svolto anche sul caporalato e sullo sfruttamento del lavoro con un’alta concentrazione di casi soprattutto nell’agropontino e romano. Gli occupati nel settore agricolo nel Lazio – si legge nel rapporto – annualmente registrati negli archivi dell’Inps ammontano nel 2019 (ultimo dato disponibile) a 45.236 unità, come rilevato dai dati elaborati dal Crea-Pb (ministero delle Politiche agricole). Il sistema occupazionale che ne deriva mostra la prevalenza del lavoro svolto a tempo determinato su quello a tempo indeterminato, appannaggio, in maniera preponderante, delle maestranze di origine immigrata (Ue e non Ue), superando in questo caso, seppure leggermente, il 90 per cento (24.086 unità) degli impiegati. La restante quota svolge attività a tempo indeterminato (1.262 unità sul totale complessivo di 25.348). La distribuzione degli occupati a livello provinciale, a prescindere dalla nazionalità, vede 20.824 occupati (il 46 per cento dei 45.236 occupati in Regione) nella provincia di Latina, 11.627 (25,7 per cento) nella Città metropolitana di Roma, 9.202 (20,3 per cento) nella provincia di Viterbo, 2.006 (4,4 per cento) in quella di Frosinone e 1.577 (3,5 per cento) a Rieti.

Per quanto riguarda il genere, il 72,5 per cento degli occupati sono uomini e il restante 27,5 per cento donne. I lavoratori agricoli sul territorio laziale sono soprattutto romeni, marocchini e albanesi, ma è anche significativa, soprattutto in provincia di Latina, la presenza di indiani (soprattutto quelli provenienti dal Punjab), nonché tunisini e bangladesi. Per i braccianti sfruttati e vittime di caporalato si va da lunghi orari di lavoro giornaliero alla bassa retribuzione, che è in genere minore di circa un terzo/la metà, intorno ai 500-700 euro invece di circa 1.100-1.200, senza nessuna considerazione per le competenze professionali. “Oggi è una giornata importante, una prima analisi regionale in un contesto nazionale dell’Osservatorio Agromafie – ha spiegato il presidente di Coldiretti Lazio, David Granieri -. Sicuramente il dato interessante è quello emerso sull’usura nel mondo agricolo che in tempi passati non avevamo mai potuto valutare, specialmente in un territorio circoscritto di una Regione precisa”.

“Questo significa – ha aggiunto Granieri – che il contesto di crisi apre a delle nuove frontiere rispetto al contenimento del contesto malavitoso. Il motivo per cui il contesto agricolo debba rivolgersi all’usura – ha sottolineato – è sicuramente rintracciabile in quelle che sono crisi energetica, impossibilità di creare valore che compensi le perdite ma soprattutto anche la semplificazione della contabilità in un contesto difficile, nonostante la disponibilità delle garanzie di Stato. Sicuramente – ha evidenziato Granieri – la possibilità del mondo agricolo e agroalimentare di poter generare produzione, economia e ricchezza, è l’obiettivo di una cultura di legalità e soprattutto di una civile collaborazione di consumatori e cittadini che a disposizione di questo mondo possono fare tantissimo”. Controllo della produzione e affiancamento alle aziende agricole, un monitoraggio stretto per contrastare le infiltrazioni mafiose e un serrato controllo per evitare la contraffazione dei marchi italiani, sono invece le principali misure da adottare per proteggere il settore dell’agroalimentare nel Lazio, secondo il vicepresidente della Regione Lazio, Daniele Leodori. “Innovazione tecnologica, per la produzione di energie rinnovabili, investimenti sulla qualità e valorizzare delle aziende che investono sulla qualità dei loro prodotti: questa è la strada da intraprendere per contrastare meglio l’illegalità presente nei settori produttivi”.

Articolo precedente

LATINA, SCUOLABUS E TRASPORTO PER ALUNNNI DISABILI: BLOCCATA LA PROCEDURA DI AFFIDAMENTO

Articolo successivo

TRANS TROVATA MORTA IN UNA STANZA D’ALBERGO

Ultime da Cronaca