AGGRESSIONE E COLPI D’ARMA DA FUOCO A LENOLA: QUINTO E CARROCCIA RIMANGONO IN SILENZIO

Lenola, una nuova misura in carcere per i due uomini accusati dell’omicidio di Antonio Grossi: interrogati

Si è svolto nel carcere di Latina l’interrogatorio di garanzia dei di due cittadini di Lenola – il 42enne Nico Carroccia e il 25enne Matteo Quinto, difesi dagli avvocati Alessia Righi e Giancarlo Vitelli – accusati del tentato omicidio di Vincenzo Zizzo. I due uomini, dinanzi al giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina, Giuseppe Cario, si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.

Ieri, 16 aprile, i Carabinieri della Compagnia di Terracina, guidati dal maggiore Saverio Loiacono, hanno eseguito l’ordinanza di custodia cautelare in carcere a carico dei due lenolesi, già detenuti poiché gravemente indiziati della brutale aggressione che provocò il decesso di Antonio Grossi, 63enne di Fondi, che la mattina del 9 giugno dello scorso anno fu ritrovato cadavere, da alcuni familiari, all’interno della propria abitazione, a Fondi.

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L’odierna misura cautelare trae origine da attività coordinata dal sostituto procuratore di Latina, Martina Taglione, avviata, sempre nel mese di giugno dello scorso anno, dai militari dell’Aliquota Operativa della Compagnia di Terracina e della Stazione di Lenola, per riscontrare informazioni, acquisite di iniziativa, che vedevano i due soggetti – Quinto e Carroccia -, autori di un ferimento, con un colpo di arma da fuoco alla nuca e, qualche giorno dopo, di gravi minacce, anche di morte, commesse in un locale pubblico di Lenola, ai danni di altro soggetto del luogo. Si tratta di Vincenzo Zizzo, anch’egli detenuto per i gravi fatti che riguardano l’attentato incendiario ai danni del sindaco di Lenola. Zizzo, secondo la Procura di Latina, sarebbe il mandante dell’attentato incendiario all’auto del sindaco di Lenola, Fernando Magnafico. Il 42enne è stato rinviato a giudizio recentemente per tali fatti e dovrà affrontare un processo.

Attraverso l’escussione di varie persone informate sui fatti, acquisizione di sistemi di video-sorveglianza, perquisizioni di iniziativa, i militari sono riusciti a ricostruire la violenta aggressione armata, nonostante la vittima, reticente, abbia tentato di mascherarla, dichiarando, ai sanitari del Pronto Soccorso dove si era recato nell’immediatezza dei fatti, di essersi fatto male cadendo su un sasso. La vittima, peraltro, non ha sporto denuncia nei confronti dei due uomini.

Il movente dei gravi fatti, secondo i Carabinieri, è riconducibile al risentimento, da parte dei due autori, veicolato anche con pubbliche minacce su canali social, per essere stati accusati dalla loro vittima, quali autori di un furto perpetrato in Lenola nei mesi precedenti l’aggressione

Il colpo d’arma da fuoco all’indirizzo di Zizzo e le minacce sarebbero avvenute tra il 21 giugno e il 29 giugno 2024. In pratica, Quinto e Carroccia avrebbero aggredito Zizzo una decina di giorni successivi all’aggressione contro Grossi, picchiato il 9 giugno e deceduto sei giorni dopo.

Dopo l’aggressione, Zizzo si reca al pronto soccorso del San Giovanni di Dio di Fondi dove, in codice rosso, gli viene riscontrata una “ferito lacero contusa in zona occipitale sanguinante“. In tutto una quindicina di punti di sutura per chiudere la ferita. Zizzo dichiara di essere caduto contro un sasso, dopo essere scivolato. Al che, a luglio, l’uomo viene interrogato dai Carabinieri insospettiti dall’episodio e allertati da una fonte confidenziale.

Quanto l’uomo dice ai militari non è credibile. Gli stessi Carabinieri ne sono convinti: Zizzo è stato preso di striscio alla nuca da un colpo d’arma da fuoco a Vallebernardo e i due aggressori sono Matteo Quinto e Nico Carroccia, in seguito perquisiti. I militari non trovano l’arma che ha sparato, ma è Carroccia a dire ai Carabinieri di aver litigato in precedenza con Zizzo perché stava mettendo in giro la voce che lui e Quinto fossero gli autori del furto a casa di un altro cittadino, oltreché ad aver sottratto monili d’oro a casa della fidanzata.

Senza contare che Carroccia dice ai Carabinieri che Zizzo avrebbe comperato in Ciociaria, per 20mila euro, armi per fargli una guerra.

Quinto, invece, esplicita la sua rabbia nei confronti di Zizzo due “post” su Instagram. In uno scrive: “Ratto infame, hai chiamato i Carabinieri, corri che ti prendo“. E nell’altro, va ancora pesante: “Ti sei fatto scortare dalle guardie fino a sotto casa, lurido porco maiale. Vincenzo Zizzo, ti fai chiamare boss, ti sei tatuato pure l’asso di bastone e sei solo una monnezza, il capo del gabinetto, lota“.

A corroborare la tesi dell’aggressione subita e negata da Zizzo, è la moglie di quest’ultimo, ascoltata dai Carabinieri. La donna dice ai militari di aver ricevuto un messaggio chiaro: “Mi ha sparato“. Un messaggio che però non rivela il nome dell’autore dello sparo, tanto che la donna prova a farselo dire invano nei giorni successivi dal marito.

Dopo l’episodio, Zizzo ha paura. A riferirlo è la moglie, spiegando che il marito non vuole uscire di casa e si raccomanda con le figlie, lasciate a casa della suocera nel corso di una improvvisa vacanza.

È a novembre scorso che i Carabinieri, avendo indagato Zizzo per l’attentato al Sindaco, riescono ad avere qualche indizio in più, incrociando le due inchieste. Dopo l’arresto di Zizzo, avvenuto il 10 agosto 2024, viene sequestrato il suo cellulare dove i Carabinieri notano la chat con la moglie.

M’ha preso un proiettile alla testa“, scrive alla donna. “M’hanno messo i punti“. I messaggi, secondo gli inquirenti, sono inequivocabili. Per il giudice per le indagini preliminari, Giuseppe Cario, Carroccia e Quinto sono “soggetti non curanti del rispetto delle leggi e delle comuni regole di civiltà, andando a agire indisturbati e armati nella città di Lenola, dove godono, grazie alla fama che hanno conquistato con i loro precedenti penali, di ampia reputazione“.

Gli investigatori dell’Arma annotano un altro fatto violento. Il 29 giugno 2024, fuori il bar-ristorante Divino Bistrot&Relais, Zizzo viene minacciato da Matteo Quinto: “Se hai coraggio esci e vieni con me, ti devo uccidere“. Minacce proferite davanti ai clienti del locale. È lo stesso Zizzo a riferire a terzi che “quelle persone erano appartenenti al clan di Nico Carroccia”. Senza contare che pochi giorni prima i due, Carroccia e Quinto, avrebbero pestato a sangue Antonio Grossi. Un clima di violenza che induce il Gip a ritenere gli indagati come molto pericolosi, anche in ragione del fatto che Vincenzo Zizzo non è considerato uno sprovveduto negli ambienti criminale: “Notevole peso criminale”, scrive il giudice nell’ordinanza.

D’altra parte, Carroccia ha riportato numerose condanne, nonché oggetto di una sorveglianza speciale; mentre Quinto viene considerato come il braccio armato del primo in riferimento al pestaggio di Grossi.

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