Calciatore 18enne originario di Minturno accoltellato: il giudice ha deciso la misura restrittiva per i quattro minorenni autori dell’aggressione
Il giudice per le indagini preliminari del tribunale per i Minorenni di Napoli, Anita Polito, non ha convalidato il decreto di fermo, ma ha disposto per i quattro minorenni, autori dell’accoltellamento del 18enne originario di Minturno, Bruno Petrone, la custodia cautelare in carcere. A richiedere l’arresto sono stati il pubblico ministero Claudia De Luca e la procuratrice Patrizia Imperato, che hanno coordinato l’inchiesta dei carabinieri della Compagnia Napoli Centro.
Il quindicenne individuato come autore materiale dell’accoltellamento e i tre amici diciassettenni hanno risposto alle domande del giudice, ammettendo, dopo averlo fatto con i Carabinieri, le proprie responsabilità. Secondo gli inquirenti, pur avendo avuto un atteggiamento di collaborazione, hanno ritenuto sussistere la gravità dei fatti.
La dinamica dell’aggressione, avvenuta intorno alle due di notte di sabato 27 dicembre, in via Bisignano, a Napoli, è stata ricostruita grazie alle immagini delle telecamere di sicurezza presenti nella zona. Restano però ancora poco chiari i motivi che hanno innescato la violenta punizione. Anche durante l’udienza di convalida, il 15enne ha ribadito di essersi procurato un coltello a farfalla dopo essere venuto alle mani, il venerdì precedente, con il calciatore.
Secondo quanto riferito dalla vittima, la prima lite sarebbe esplosa per futili motivi. Uno sguardo di troppo. Versione un po’ differente con quanto dichiarato da uno dei diciassettenni indagati, il quale ha spiegato che, almeno fino alla settimana scorsa, non vi sarebbe stato alcun motivo di astio nei confronti di Petrone. Vittima e indagati vivono tutti nel quartiere San Carlo all’Arena e frequentano abitualmente le stesse zone della movida.
A tutti i i giovani è contestato il reato di tentato omicidio aggravato dalla premeditazione e dai motivi abietti e futili. Al quindicenne è stata inoltre mossa l’accusa di possesso di arma da taglio. Prima avrebbe brandito una chiave inglese, poi avrebbe colpito Petrone con la lama, successivamente fatta sparire in un tombino.
Il giovane calciatore ha spiegato di non avere “motivo di astio nei confronti di nessuno. Qualche giorno fa ero sullo scooter, quando si è avvicinato un ragazzo che mi ha detto “vuoi litigare?”, ma la cosa è finita lì”. Il baby accoltellatore, invece, ha spiegato agli inquirenti: “I miei amici sapevano che ero armato. Quando ho visto che Bruno barcollava ho detto che potevamo andarcene”. Dopo una notte in fuga, i ragazzi si sono costituiti.
