Condannato per aver abusato sessualmente di una ragazza minorenne e disabile: la sentenza diventa definitiva
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un uomo di 67 anni, rendendo la pena di 5 anni per violenza sessuale aggravata dalla minore età e difesa della vittima. I fatti risalgono al 2012 quando l’uomo, originario di un comune lepino, accompagnò la ragazza in una gita a cavallo e dopo averla fatta scendere, secondo l’accusa rappresentata in aula dal Pm Valentina Giammaria che aveva chiesto 8 anni di reclusione, le ha sfilato la maglietta e toccato i seni, tentando anche di baciarla.
La ragazza non solo resistette ma raccontò tutto alla madre che denunciò l’accaduto alle autorità competenti. L’uomo era stato rinviato a giudizio nel 2016 dal Giudice per l’udienza preliminare del Tribunale di Latina, Mara Mattioli.
A settembre 2022, in primo grado, il primo collegio del Tribunale di Latina, presieduto dal giudice Gian Luca Soana, aveva condannato a 5 anni di reclusione l’uomo. Costituita come parte civile la vittima degli abusi sessuali che ha ottenuto il risarcimento dei danni
Con sentenza del 16 dicembre 2024, la Corte di Appello di Roma ha rigettato l’impugnazione proposta dall’imputato nei confronti della sentenza di primo grado. La vittima è stata definita in sentenza “persona incapace perché affetta da un’alterazione cromosomica comportante un grave ritardo cognitivo”, costretta “a subire atti sessuali”.
Come riferito dalla stessa vittima, nel corso di una udienza del processo di primo grado, “il comportamento dell’imputato sarebbe consistito nell’abbassarsi i pantaloni, nel chiedere alla ragazza il compimento di determinati atti (in particolare, alzarsi la maglietta e tirare giù anch’ella i pantaloni), infine nel desistere da ulteriori richieste allorchè la stessa si sarebbe rifiutata di assecondarlo, sicché sarebbe stato totalmente assente qualsiasi contatto libidinoso con il corpo della persona offesa”. Un punto su cui la difesa, rappresentata dagli avvocati Mauro Catenacci e Leonardo Casciere, ha strutturato il proprio ricorso in Cassazione.
A valere, però, in gran parte, quando ricostruito dai giudici di merito che hanno riportato alcune dichiarazioni della ragazza, quelle della madre di quest’ultima sulle confidenze ricevute dalla figlia e quelle della neuropsichiatra infantile, occupatasi della persona offesa presso un centro di riabilitazione, in merito a quanto riferitole dalla ragazza. L’uomo, infatti, dopo aver fatto smontare da cavallo la ragazza, le aveva chiesto di alzare la maglietta, toccandola sul seno e le aveva “succhiato anche il latte come i vitellini”, per poi slacciarsi i pantaloni, calandone la lampo e chiedendole di baciarlo, nel contempo baciandola in più punti, dandole anche un “mozzichetto sul collo”.
