Da Fondi alla Galleria d’arte internazionale a Roma: Claudio Martusciello per la sezione Arte Visiva, Michele Pagliaro per la sezione Fotografia e Pier Francesco Mastroberti per la Scultura e Installazione
Scritto e a cura di Orazio Ruggieri
Avevano avuto il più che meritato riconoscimento, per la finezza sublime del genere artistico in cui erano impegnati, già alla prima edizione della Biennale Internazionale d’Arte di Fondi, nell’agosto scorso.
Il conclamato riconoscimento delle loro attitudini creative li ha fatti assurgere, ora, a protagonisti di una personale che si terrà dal 22 al 27 ottobre, presso la prestigiosa Galleria Internazionale “Area Contesa Arte”, in via Margutta, 90 a Roma, per un evento che vedrà la sua inaugurazione venerdì 22 ottobre, alle ore 18,00.
Si tratta di Claudio Martusciello, per la sezione Arte Visiva, di Michele Pagliaro, per la sezione Fotografia, e di Pier Francesco Mastroberti per la Scultura e Installazione. Martusciello, originario di Napoli, inizialmente acquerellista, rimasto, poi, influenzato dai grandi maestri dell’800, riproduce in chiave moderna scene, atmosfere e personaggi tipici della vita napoletana. Pier Francesco Mastroberti , esponente della scultura partenopea contemporanea, si è fatto apprezzare anche per diverse opere pubbliche. Michele Pagliaro, di Mondragone, benchè abbia scoperto la passione per la fotografia solo nel 2017, ha ottenuto numerosi e validissimi riconoscimenti. Preferisce la tecnica del bianco e nero e il suo genere fotografico è lo street photography e il ritratto ambientato.
La loro valenza è stata ribadita nella prestigiosa manifestazione fondana egregiamente curata dall’Associazione “Musicinecultura”, unitamente all’Associazione “Euterpe” e dall’Associazione Onlus “Aletes”, con il patrocinio del Comune di Fondi, dell’Associazione Pro Loco di Fondi, della Casa della Cultura di Fondi e del Parco Naturale Regionale dei Monti Ausoni e Lago di Fondi, tenutasi nella cittadina pontina dal 17 Luglio 2021 al 29 Agosto scorso. L’iniziativa, che avrà cadenza biennale, si svolgerà in tutti gli anni dispari, con la seconda edizione già fissata per il 2023. L’evento aveva visto come protagonista l’Arte in tutte le sue espressioni: l’Arte Visiva, la Scultura, compresa la Ceramica, le Istallazioni, la Fotografia, ma anche la Letterattura, la Poesia, la Musica e il Cinema. E, se i tre vincitori si sono guadagnati il soglio dell’Olimpo di via Margutta grazie alle loro conclamate valenze creative, il merito di questo grande salto di qualità, nella passerella dell’Arte con la “A” maiuscola, va certamente al presidente della Biennale fondana, il Maestro e critico Internazionale d’Arte, Mario Salvo, Presidente dell’Associazione culturale Onlus “Aletes, che ha fortemente voluto l’evento a Fondi, prefissando, già nella fase organizzativa, il momento dell’ascesa al Parnaso artistico romano dei vincitori.
Esaustive e profonde sono, infatti, le motivazioni del maestro Salvo nella valutazione che ha portato all’indicazione dei vincitori. A proposito di Claudio Martusciello (del quale si riporta l’opera “Fernanda e la nipote”) egli così le esplicita: “Capita, visionando le opere dell’artista Claudio Martusciello, d’imbattersi in una visione d’altri tempi, dove la morbidezza delle posture unitamente alle dolci velature, concedono un tuffo di emozionalità stilistica, spessore, capacità e soprattutto rincuorano l’anima di un appassionato di bella arte come me saziandone la visione. Ritengo l’artista un post Macchiaiolo di elevata bravura, difficilmente rintracciabile tra la miriade di artisti in circolazione. I suoi capolavori generati da una miriade di sfaccettature cromatiche, rendono d’impatto forme e colori che sprigionano un’armonia celestiale ed infinita energia vitale racchiusa in un’eleganza blindata e sacrale. Osservando le immagini e scrutando da critico i punti di accesso che cerco maniacalmente in ogni opera, posso tranquillamente dire che è stata una vera gioia entrarvici dentro e dialogare con le tinte per ascoltarne i racconti e le tessiture realizzate dell’opera di cui soltanto le “cromie esistenti” ne conoscono i segreti. Mi hanno realmente affascinato tanto che, ad osservarlo attentamente, sembra quasi di trovarsi dinanzi ad un allievo della scuola di Giovanni Boldrini. Di lui ne sentiremo parlare davvero molto perché le sue opere vivono attraverso una vetrina, consapevoli di essere osservate, ammirate, coccolate e l’artista, conscio della sua straordinaria forza emozionale, aggiunge quel pizzico di femminilità e romanticismo che arricchisce a dismisura il suo personale bagaglio psicologico, artistico e morale”. In merito allo stile scultoreo di Pier Francesco Mastroberti, di cui vediamo un meraviglioso “Orfeo ed Euridice”, il Presidente del premio chiosa “Non è affatto facile capire tutte le miscellanee che gravitano nella mente e nell’anima dello scultore prima che il suo concepturus mentale si accenda per forgiare la “creatura” che gli “respira” dentro. A volte basta uno sguardo veloce per sintetizzare un “ci siamo” e innescare d’istinto la genialità insita dentro l’artista che si fonde inevitabilmente nella composizione lirica generativa dell’intreccio emozionale. Ed è quanto mi è accaduto di fronte alle meravigliose opere di Pier Francesco Mastroberti, scultore affermato di lunga ed importante militanza. Osservando le sue sculture, si riesce ad intuire perfettamente l’immensa passionalità che infonde nelle “sue creature”, bronzo o creta che siano. Egli trasferisce il suo sviscerato amore nelle sinuose posture quasi plastiche, intrise di tenerezza e fascino. Movenze e linee eleganti, a volte sensuali, trasudano ricchezza interiore e attrazione smisurata, regalandoci momenti di intimità recondita, di desiderio infinito. Ho osservato attentamente i tratti degli intrecci bronzei per comprenderne bene la genesi compositiva e le posture ben amalgamate ed in eterna metamorfosi virale che rendono le sue creazioni vive, pulsanti, reali: Mastroberti fonde le sue personali cellule nelle proprie sculture come fossero parte integrante della composizione generata, quindi, comparsa, attore, regista e produttore simultaneamente. In ogni opera esiste un suo personalissimo marchio d’autore, quasi fossero creature plantagenetiche, poiché manufatti di rango scultoreo superiore. L’armonia di linee e forme intersecanti, fraseggiano in un tripudio romantico di cui é gravida l’opera stessa, in una commovente ricerca del sentimento lirico straordinariamente originale e volutamente unico. Ho cercato di avere una percezione poliedrica visionando le sculture da più punti e ovunque fossi posizionato, trasudavano un meraviglioso fascino, sempre e comunque”.
Tanto lusinghiero anche il giudizio per Michele Pagliaro, in gara con le immagini la cui classificazione didascalica suona “Inquietudine” e che qui riportiamo a corredo del testo: “L’inquietudine è il titolo dell’opera di Michele Pagliaro ed è anche il tema portante delle opere proposte alla Biennale di Fondi 2021. E già dal primo scatto, dalla prima occhiata fugace, emerge prorompente il talento dell’artista che palesa la sua capacità comunicativa, creando immagini che hanno qualcosa da dire e lo dicono, senza indecisione, senza timore, senza incertezza alcuna. Questa è una abilità rara e tramite una più attenta analisi delle immagini inviate alla mostra ci si rende conto che Pagliaro mette in fila una serie di abilità, le quali concorrono alla creazione dell’immagine: la capacità di ideare un percorso logico, la creatività necessaria per trasformare l’idea in un percorso visivo a immagini, quasi come fossero i fotogrammi di un film ma facendo in modo che ognuno di essi benefici degli oggetti e delle persone ritratte, elementi che l’artista mette in posa rendendo funzionale ognuno di essi per comporre l’immagine voluta. E l’immagine finale parla, ha una storia da raccontare che si dipana dallo sfondo ad ogni singolo elemento per arrivare alla Persona, la cui è emozione è fulcro e ragion d’essere della storia narrata. In questo sommo istante prorompe l’abilità di questo artista, la sua capacità di comunicare con la modella, di coinvolgere e condividerne lo stato d’animo, rendendolo evidente nella posa della persona ritratta che si evolve nello shooting e nell’immagine non è più solo modella ma soggetto parlante, col corpo prima ancora che col viso, in un tripudio emotivo che è davvero raro nella fotografia contemporanea. La sua biografia dichiara che Michele Pagliaro è fotografo dal 2017 e ciò farebbe pensare che abbia poca esperienza, ma per una persona che si impegna e che ha voglia di imparare gli aspetti tecnici possono essere dominati in poco tempo ed è evidente che l’autore ha messo ben a frutto questi quattro anni. Ma è altrettanto chiaro, almeno per chi ha un minimo di competenza in ambito estetico, che Michele è Artista da molto tempo: i suoi scatti sono infatti intrisi di emozioni e non necessitano del titolo per comunicare il proprio significato che diventa ragion d’esse dell’immagine stessa. E questa è una cosa che non si impara, frutto di una sensibilità rara e di una essenza artistica con la quale nascono in pochi e che Michele ha evidentemente coltivato fino alla notevole capacità attuale di creare vere e proprie opere d’arte”. Con queste interessanti premesse si apre, venerdì 22, il sipario sulla “personale” di Via Margutta. E, allora, che la festa tanto attesa, vada meravigliosamente a incominciare.