A Sermoneta nella frazione pedemontana di Tufette, il cui nome (“tufa”) deriva dall’odore caratteristico delle acque sulfuree provenienti dai Lepini, era forse da un decennio che non si avevano più notizie della sorgente “La Catena”, detta anche di Acquapuzza. Proprio attraverso queste acque i residenti pulivano la frutta e la verdura fino agli anni ’60-’70.
Il 4 gennaio scorso tuttavia in un video caricato sul profilo Facebook dall’istruttore di canoa dell’ “Associazione Fiume Cavata” Francesco Saverio D’Ottavi la fonte è riapparsa in tutta la sua portata. È da chiarire se la lieve scossa di magnitudo 2.6 registrata il 3 gennaio a Sermoneta, la cui origine è stata individuata a 8 km di profondità, abbia inciso positivamente sul fenomeno o non abbia condizionato in alcun modo il flusso idrico.
La Catena è d’altro canto alimentata da acque meteoriche e le incessanti precipitazioni avvenute durante gli scorsi mesi di novembre e dicembre hanno avuto un ruolo determinante nella riapparizione della sorgente. Sembrerebbe infatti che in quella zona un incremento progressivo della portata delle acque fosse stato rilevato già a partire dallo scorso autunno.
Acque che confluiscono da lì a qualche decina di metri in quel poco che resta del laghetto Ficuccia, ormai quasi coperto interamente da canneti e le cui sorgenti furono menzionate dall’ingegnere e geografo Leonardo Ximenes nel 1785 nella sua Raccolta delle perizie ed opuscoli idraulici. Dal laghetto il flusso prosegue fino al fiume Cavatella che, a sua volta, confluisce in località Villafranca (Sermoneta) nel Cavata, affluente del Linea Pio in corrispondenza di Foro Appio (Borgo Faiti).
Si tratta di un’area piena di storia dal momento che proprio queste acque ricche di zolfo ai piedi dei Lepini diedero il nome all’antica cittadina di Acquapuzza di cui oggi resta come unica testimonianza la torre cilindrica con base conica lungo la Via Romana Vecchia.
La Torre, costruita nel XII secolo e facente parte di una più vasta fortezza andata distrutta due secoli più tardi, sorge su un dirupo di quel che rimane dell’omonimo monte: andato distrutto nella prima metà del XX secolo dalle cave di estrazione di pietra calcarea. Funzione della fortezza di Acquapuzza era quella proteggere l’importante transito di merci dal Tirreno all’Oriente lungo la Via Appia Pedemontana che correva ai piedi dei Monti Lepini. Il percorso consentiva di evitare il tratto dell’Appia che va da Cisterna a Terracina, inabissatosi quest’ultimo durante il Medioevo nell’acquitrino della Palude Pontina.
La torre permetteva di avvistare sia eserciti nemici provenienti da terra che pirati predoni, come i Saraceni, provenienti dal mare in corrispondenza di un punto strategico delle vie commerciali durante il Medioevo. La valenza commerciale dell’area è testimoniata dalla presenza in quei secoli di comunità ebraiche non solo a Sermoneta, ma anche a Priverno e Terracina.
Per comprendere invece l’origine del nome La Catena attribuito alla sorgente si deve pensare che la fortezza con la sua torre era un’importante Dogana dello Stato Pontificio, pur passando di proprietà con possessori diversi attraverso violente dispute. I Papi, Sezze e Sermoneta se la contesero in particolar modo tra il XIV e il XV secolo. Sotto di essa la via pedemontana veniva sbarrata nei due sensi da una catena, rimossa solo dopo il pagamento di una gabella di pedaggio. Gli ecclesiastici e i residenti del luogo erano i soli ad esserne esclusi. Il pagamento del pedaggio permetteva di attraversare il Passo di Acquapuzza, in seguito denominato Passo di Sermoneta.
Per comprendere il ruolo militare del Passo si deve ricordare che in quel sito furono fermati gli eserciti di Federico II di Svevia (lo stupor mundi) in marcia contro Papa Gregorio IX (1240). L’imperatore distrusse per rappresaglia la vicina Abbazia di S.Lidano, situata poco prima del Passo.
Con l’appropriazione definitiva e in via esclusiva del Passo nel XV secolo i Caetani, signori di Sermoneta, ne assunsero il grande potere militare e politico. Un secolo più tardi però la rocca di Acquapuzza, ormai disabitata, perdeva quel ruolo militare e commerciale fondamentale rivestito durante l’ “Età di Mezzo”.
Dagli “Assetti del territorio e confini in Marittima”, curati da Maria Teresa Caciorgna e contenuti in Sermoneta e i Caetani (edito da L’Erma di Bretschneider nel 1999), si comprende come il Passo fosse anche un porto di controllo dei traffici fluviali. Una dogana in cui si sbarcava e imbarcava il pescato con notevole ricavo per le casse pontificie. Carri e carovane da una parte, barche dall’altra confluivano tutte, a pochi metri di distanza le une dalle altre, in quell’unico punto dando luogo ad un intercambio di merci.
Per utilizzare parole care ai contemporanei, si sarebbe trattato di un nodo di trasporto intermodale supportato dalla presenza di un porto per passeggeri, localizzato poco più a nord ai piedi della città dei Caetani, e in posizione più meridionale, poco prima della dogana di Acquapuzza venendo da Roma, da cave di pozzolana rossa attraversate dal Rio Portatore di Bassiano. Proprio quella pozzolana rossa che fu secondo Donatella Fiorani (Tecniche costruttive murarie medievali: il Lazio meridionale, 1996) alla base della costruzione di Sermoneta.
Da quella porzione di Pedemontana si poteva accedere in ripida salita per i Lepini alla via Antoniniana (o Antignana), segmento essenziale della via Francigena tra Sermoneta, Bassiano e i Casali di Sezze attraversata dai pellegrini in vista della Terrasanta. Secoli di storia che hanno ricominciato a rivivere all’improvviso grazie ad uno smartphone e ad un profilo social di un appassionato del luogo.