ESCLUSO DALL’ARES 118 COL CONCORSO VINTO: L’INFERMIERE DI PONTINIA CHE ASPETTA DA 13 ANNI

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Luigi Di Magno
Luigi Di Magno

Ares 118, un caso di mala sanità o mala giustizia? La vicenda di un infermiere, ora in pensione, alle prese con una sentenza che gli dà ragione ma che non viene rispettata

La storia è quella di Luigi Di Magno, originario di Sezze e residente a Pontinia, infermiere in servizio per 43 anni e oggi in pensione, che da 13 anni cerca di avere giustizia in merito a un concorso a cui aveva partecipato per Collaboratore Professionale Sanitario Esperto-Infermiere (questa è la dicitura per esteso). Un concorso indetto dall’Azienda regionale per l’emergenza sanitaria-Ares 118 nel lontano 2008 e che metteva in palio 17 posti.

Di Magno, dopo decadi di servizio da infermiere, decide di fare il salto di qualità e si iscrive al concorso per titoli ed esami risultando tra i vincitori con il punteggio seguente: titoli 19,50; prova pratica 24; prova orale 24. Totale: 67,50. Un numero che gli permetterebbe di diventare infermiere esperto, con responsabilità di coordinamento, oltreché a un surpuls di stipendio nell’ordine di circa 500 euro al mese.

Luigi Di Magno in servizio da infermiere in uno scatto di qualche anno fa

Secondo Di Magno, dopo la prima graduatoria provvisoria in cui sarebbe risultato tra i papabili (entro i primi diciassette posti), ne viene pubblicata a distanza di pochi giorni un’altra, quella definitiva, in cui la sua posizione nel concorso risulta intorno alla settantesima posizione. L’infermiere di Pontinia, in sostanza, con la nuova “classifica”, è escluso.

Secondo l’Ares, il partecipante al concorso non ha firmato alcune carte relative ai titoli posseduti e per tale ragione la sua accettazione alla prova è stata concessa con riserva. Una riserva che evidentemente è stata considerata, a concorso finito, non soddisfacente tanto è che Di Magno si è ritrovato fuori dalle posizioni utili.

L’infermiere non si dà per vinto e fa ricorso al Tar del Lazio, tramite il suo legale Giovanni Sillitti. Il Tar di Roma, passati sette anni dal concorso, il 24 giugno 2015 emette una sentenza a favore di Di Magno stabilendo che l’Ares 118 ottemperi al pronunciamento amministrativo. Solo che, nelle pieghe della sentenza, lo stesso Tar sostiene che alcuni corsi, che Di Magno avrebbe completato e che gli avrebbero dato più punteggio nei titoli, non si sa bene che fine abbiano fatto. Di Magno, però, le prove di aver ultimato quei corsi ce le ha tanto è che le fornisce al suo avvocato e, conseguentemente, agli atti del ricorso.

Ad ogni modo, il Tar di Roma gli dà ragione disponendo che vengano annullati gli atti che attribuiscono all’infermiere il punteggio di 5,75 per i titoli di servizio, invece del primo punteggio valido per l’ammissione tra in vincitori di 19,50. E da metà 2015 l’infermiere si sarebbe aspettato di salire nel nuovo “grado” di infermiere esperto presso l’Ares 118.

Pare un lieto fine per il ricorrente, tuttavia la stessa Ares 118 non ottempera alla sentenza del Tar e Di Magno non diventa né esperto e né coordinatore. Talché, nel 2018, Di Magno presenta tramite il proprio legale un nuovo ricorso al Tar di Roma per far sì che l’Ares 118 ottemperi finalmente alla sentenza.

Sono passati dieci anni e nel frattempo Di Magno, ad agosto 2017, è andato in pensione con il senso di ingiustizia che, per la verità, si perde tra i tanti casi affini al suo.

A maggio 2019, il Tar capitolino si esprime di nuovo e di nuovo dà ragione a Di Magno ordinando all’Ares 118 di inserire il ricorrente nelle prime 17 posizioni delle graduatorie definitive del concorso di ben 11 anni prima come infermiere esperto con ruoli di coordinamento. Inoltre, i giudici amministrativi ordinano all’azienda di adottare ogni ulteriore onere contrattuale sia per gli stipendi arretrati sia per la posizione in essere. In soldoni, Di Magno, pur non avendo esercitato come infermiere esperto, ha diritto ad ottenere quanto gli spettava dal 2008 come vincitore di concorso in termini di arretrati e adeguamento dell’attuale pensione che, però, viene calcolata da infermiere “semplice”.

Nell’ultima sentenza del Tar di Roma, i giudici fissaano un termine di 60 giorni stabiliti come ultimatum all’Ares 118 e la nomina di un Commissario ad Acta – il Prefetto di Roma o suo delegato – affinché la sentenza sia rispettata. Condannata per di più alle spese l’Ares 118.

Sembra il secondo lieto fine per il ricorrente, stavolta non più come quello farlocco del 2015. Ma, passati altri due anni – siamo nel 2021 -, quella sentenza non viene rispettata, dal momento che il Commissaria ad Acta nominato sostiene che il pronunciamento del Tar romano non è così chiaro.

E come in un diabolico gioco dell’oca, l’infermiere con 43 anni di servizio, in attesa di sapere del concorso da 13 anni, torna a chiedere giustizia in virtù di due sentenze che gli danno ragione. Nel frattempo è andato in pensione e ha cambiato pure legale. Servirà? Boh.

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