La Corte di Cassazione ha confermato la condanna a 18 anni di carcere, per associazione camorristica e avvelenamento di acque, per l’imprenditore dei rifiuti Cipriano Chianese, ritenuto tra i creatori, per conto del clan dei Casalesi, del sistema delle ecomafie e dello smaltimento illecito dei rifiuti
Chianese è stato riconosciuto responsabile del disastro ambientale della discarica Resit di Giugliano in Campania (Napoli), un impianto nel quale vennero fatti confluire con la regia della camorra rifiuti di provenienza lecita e illecita, in assenza di adeguate misure di controllo, determinando alla fine una situazione di gravissimo danno ambientale sul territorio.
La Suprema Corte ha confermato le condanne emesse in Appello anche per gli altri tre imputati, in particolare per Filomena Menale (4 anni de mezzo), moglie di Chianese, che rispondeva di un capo relativo al riciclaggio, per il primo progettista della discarica Remo Alfani (10 anni), e soprattutto per Gaetano Cerci (15 anni di carcere), altro imprenditore dei rifiuti, ritenuti uno dei più attivi nel settore delle ecomafie per conto dei Casalesi, ovvero del clan facente capo al boss Francesco Bidognetti.
Chianese, come noto, è ben ricordato anche nella provincia di Latina. In particolare, a Formia, dove possedeva lo stabile (ora confiscato e inutilizzato) del complesso turistico di Marina di Castellone, che comprendeva un ristorante, la discoteca, appartamenti, piscina, parco e perfino delle mura megalitiche inglobate nella proprietà.
Non solo Formia. A Sperlonga, Chianese si era comprato una splendida villa da 21 stanze, del valore di 4 milioni di euro, in via Campo delle Monache. Anche questa confiscata e inutilizzata da 8 anni.