Sabato 26 settembre 2020 dalle 16:00 alle 20:00, presso il Museo Civico Duilio Cambellotti di Latina, il Collettivo Primo Contatto racconterà l’eco-pacifismo e l’impegno etico di Alexander Langer. Intellettuale poliedrico, attivista e uomo politico che ha dedicato la vita alle problematiche internazionali, alla convivenza fra i popoli e all’eterno rapporto di amore e odio tra uomo e natura. Interverranno all’iniziativa l’ex senatore Marco Boato, il giornalista Paolo Cesari, il docente e saggista Michele Colafato, l’assessore alla cultura del Comune di Latina Silvio Di Francia, Stefania Romano e l’attore Mario Spallino.
Un’esistenza e un pensiero quelli di Langer che possono essere ripercorsi anche a ritroso partendo dal loro punto terminale. La Guerra in Bosnia ed Erzegovina conobbe il suo apice nel periodo tra maggio e luglio 1995. A Tuzla quella sera del 25 maggio molti giovani universitari, stanchi di stare a casa per ragioni di sicurezza, decisero di approfittare dei primi caldi incontrandosi in un bar della zona di Klapija col pretesto di festeggiare la “staffetta della gioventù” (coincidente con il compleanno dell’ormai defunto Maresciallo Tito). Fu alle 20 e 55 che i soldati serbo-bosniaci guidati dal generale Ratko Mladic spararono da un pezzo d’artiglieria una bomba a frammentazione causando 71 morti e 240 feriti.
Appena una settimana prima il sindaco Belim Beslagic ospite nella Sala di Giunta del Comune di Bolzano, alla presenza dell’amico “Alex”, aveva descritto ai convenuti la drammatica situazione e il pericolo che stavano vivendo gli abitanti delle principali città di Bosnia. Dopo lo sterminio di Tuzla Beslagic aveva inviato una lettera a Langer chiedendo un immediato intervento della forze militari della Nato. Il 26 giugno Langer, facendo suo il messaggio del sindaco di Tuzla, si recò a capo di una delegazione composta da alcuni parlamentari europei a Cannes dove era in corso il vertice dei Capi di Stato e di Governo. Lesse e consegnò al Presidente francese Jacques Chirac un disperato appello in cui con si richiedeva un intervento, anche militare, volto a rompere l’assedio che cingeva la capitale Sarajevo. Da Chirac Langer fu trattato alla stregua di un guerrafondaio. Quel Capo di Stato che annunciava la ripresa degli esperimenti nucleari a Muroroa liquidava il pacifista, ambientalista ed ex allievo di Don Lorenzo Milani con qualche parola di prammatica.
L’11 luglio, nel mare di retorica della politica e diplomazia internazionale, si consumò il “massacro di Srebrenica”, città bosniaca in cui vennero trucidati in poche ore dagli uomini di Mladic, con l’appoggio del gruppo paramilitare degli “Scorpioni”, 8mila musulmani tra uomini e donne. Langer non poté però essere neppure testimone di quello strazio dato che già il 3 luglio nella sua casa di Pian de’ Giullari nei dintorni di Firenze aveva deciso di togliersi la vita impiccandosi ad un albicocco.
Da principio, come ebbe a ricordare l’ex senatore dei Verdi Marco Boato nell‘introduzione al libro Le parole del commiato (leggi qui), chi lo conosceva o lo stimava non volle credere alla volontarietà del gesto. Si pensò alle solite macchinazioni, ma qualche giorno dopo ci si dovette ricredere di fronte a tre brevi messaggi inequivocabilmente di “suo pugno” ritrovati dalla moglie Valeria. Due delle tre lettere erano scritte in italiano e rivolti alla consorte, mentre nel terzo in tedesco si spiegavano le ragioni per cui Langer aveva deciso di dare l’addio a questo Mondo: «I pesi mi sono diventati davvero insostenibili, non ce la faccio più. Vi prego di perdonarmi tutti anche per questa dipartita. Un grazie a coloro che mi hanno aiutato ad andare avanti. Non rimane da parte mia alcuna amarezza nei confronti di coloro che hanno aggravato i miei problemi. “Venite a me, voi che siete stanchi ed oberati”. Anche nell’accettare questo invito mi manca la forza. Così me ne vado più disperato che mai. Non siate tristi, continuate in ciò che era giusto».
Parole di sconforto non molto dissimili da quelle che aveva scritto tre anni prima in memoria dell’amica Petra Kelly. Il volto più noto dei “Grünen” tedeschi, uccisa dal suo compagno Gert Bastian (suicida subito dopo), fu destinataria di un commovente quanto intenso necrologio da parte di Langer di cui si riporta solo il frammento finale: «Forse è troppo arduo essere individualmente degli “Hoff- nungsträger”, dei portatori di speranza: troppe le attese che ci si sente addosso, troppe le inadempienze e le delusioni che inevitabilmente si accumulano, troppe le invidie e le gelosie di cui si diventa oggetto, troppo grande il carico di amore per l’umanità e di amori umani che si intrecciano e non si risolvono, troppa la distanza tra ciò che si proclama e ciò che si riesce a compiere. Addio, Petra Kelly».
Il nuovo Codice del diritto canonico già dal 1983 aboliva il divieto di funerali per i suicidi, ma è interessante ricordare come a Langer la Chiesa dedicò ben tre omelie funebri in tre luoghi e momenti diversi.
Il 6 luglio nella Badia Fiesolana, dove negli anni dell’Università Langer aveva conosciuto e frequentato Padre Ernesto Balducci, don Angelo Chiaroni durante l’omelia ripercorse tutta la vita del politico altoatesino. Presero la parola per ricordarlo anche Adriano Sofri, Marco Boato, Carlo Ripa di Meana, il sociologo tedesco Peter Kammerer, la ricercatrice Jutta Steigerwald e la parlamentare europea Claudia Roth.
Il giorno dopo, venerdì 7 luglio, molte persone (in gran parte diverse da quelle del giorno precedente) si ritrovarono a commemorarlo nella Chiesa dei Francescani a Bolzano. La celebrazione liturgica fu presieduta dal vescovo Wilhelm Egger. Infine lunedì 10 luglio, dopo la cremazione, le sue ceneri furono accolte nella Chiesa di Telfes. La terza celebrazione
liturgica venne presieduta dal parroco don Gottfried Gruber, questa volta solo di fronte a Valeria, ai familiari e agli amici più intimi. Langer venne sepolto nel piccolo cimitero antistante, nella stessa tomba
del padre e della madre.
Il rito delle esequie ripetuto in tre occasioni può essere spiegato anche alla luce della biografia dell’ecologista nativo di Vipiteno. Nato il 22 febbraio 1946 da un medico austriaco di origini ebraiche e da una farmacista del luogo con un passato da consigliera comunale della Südtiroler Volkspartei, gli anni del Liceo classico li trascorse presso i francescani a Bolzano. Qui fondò a 15 anni un’associazione (Offenes Wort – Parola aperta), e un’omonima rivista, a cui aderirono compagni di scuola tedeschi, italiani e ladini. Scopo di Parola aperta era studiare e proporre modalità di convivenza tra i diversi gruppi linguistici dell’Alto Adige.
Gli anni ’60 furono il decennio in cui l’indipendentismo sudtirolese, tramite il Bas (Befreiungsausschuss Südtirol), fece parlare di sé con attentati mortali ai danni di carabinieri, finanzieri, poliziotti ed alpini. Atti terroristici che Langer non esitò a condannare sospettando si trattasse di manovre congegniate da burattinai occulti (leggi il Sudtirolo dopo le paure).
Dopo esser stato forse dissuaso dai genitori dal perseguire la sua vocazione di francescano, Langer scelse con convinzione di iscriversi all’Università di Firenze, con meno determinazione optò per la Facoltà di Giurisprudenza. Si iscrisse alla Federazione Universitaria Cattolica Italiana venendo in contatto oltre che con Don Milani e Don Balducci anche con l’accademico ed ex sindaco di Firenze Giorgio La Pira. Laurea in diritto nel 1968 con il massimo dei voti e subito dopo iscrizione alla Facoltà di Sociologia all’Università di Trento dove si laureerà quattro anni più tardi.
Sono gli anni di Sociologia a Trento quelli durante i quali maturano i presupposti per la seconda fase politica di Langer. Dopo la parentesi di leva militare obbligatoria tra il 1972 e il 1973 come artigliere di montagna, Langer fu tra gli attivisti di maggiori capacità intellettuali a Roma di “Lotta Continua” e ne diresse il quotidiano per un breve periodo. In questi anni strinse profonde relazioni di amicizia con il leader Adriano Sofri e con Marco Boato.
Esaurita l’esperienza con Lotta Continua Langer tornò a Bolzano e viene eletto nel novembre 1978 consigliere della Provincia autonoma con la Neue Linke/Nuova Sinistra, lista appoggiata dal Partito Radicale di Marco Pannella. Rifiutò la schedatura di appartenenza etnica in occasione del Censimento del 1981, gesto che ripeterà dieci anni dopo. Con questo pretesto nel maggio 1995 gli sarà preclusa la candidatura alle amministrative di Bolzano come sindaco. Agli inizi degli ’80 leggendo e traducendo i testi dell’ecologismo tedesco, cominciò ad appassionarsi alla causa dell’ambientalismo e partecipò alla fondazione del movimento della Federazione dei Verdi in Italia. In Trentino Alto Adige era l’esponente di spicco dei Grünen assieme all’amico scalatore Reinhold Messner.
Suscitando il dissenso del quotidiano il Manifesto, Langer aprì un fronte di dialogo anche la Chiesa cattolica presentando, assieme ad altri ecologisti, una dichiarazione di approvazione del “Documento Ratzinger”. Nel testo elaborato dalla “Congregazione per la dottrina della fede” si evidenziavano una serie di problemi connessi alla fecondazione artificiale e alla sperimentazione sugli embrioni. In una risposta alla giornalista Rossana Rossanda Langer elencò le motivazioni della sua iniziativa in un articolo dal titolo Cara Rossanda, e se Ratzinger avesse qualche ragione? (leggi qui).
Boato avrebbe definito l’ecologismo di Langer come una delle ispirazioni dell’enciclica Laudato sì di Papa Francesco: “…Mi sono chiesto molte volte come Langer avrebbe vissuto l’attuale Pontificato di Papa Francesco, tanto più che – per la prima volta nella storia – Il Papa ha dedicato nel giugno 2015 un’intera Enciclica all’ecologia , “Laudato si’”, riecheggiando quel Francesco d’Assisi, a cui tante volte Langer si è ispirato, e riprendendo anche alcuni temi propriamente langeriani”.
L’elezione del 1989 al Parlamento europeo e quella per la seconda volta del 1994, quest’ultima dopo esser stato persuaso dai compagni di partito nonostante le sue personali perplessità, rappresentarono solo le ultime tappe di un percorso ricco quanto complesso. Sono anni di continui viaggi nei Balcani durante il conflitto e tentativi falliti diretti alla costruzione delle condizioni di ripristino della pace. In questo quadro convulso nel ’94 ad Assisi espose lo slogan, in contrapposizione al motto olimpico Citius, altius, fortius ( Più veloce, più alto, più forte), Lentius, profundius, suavius (Più lento, più profondo, più dolce). Un messaggio alternativo e in aperta polemica rispetto alle logiche ultra-competitive e frenetiche del capitalismo post-moderno. Dal 1999 a Bolzano la Fondazione Alexander Langer presieduta da Edi Rabini cura e promuove l’eredità politica lasciataci dall’intellettuale ambientalista, cattolico e costruttore di ponti di pace.
Per l’evento del 26 settembre al Cambellotti i posti saranno limitati per il rispetto delle norme di prevenzione da COVID19. Ingresso gratuito con prenotazione obbligatoria tramite form di registrazione: https://forms.gle/6y9m5xiuduBBWxLN8