Alba Pontina: la deposizione al contro-esame di Agostino Riccardo conferma il clan Di Silvio e la loro rivalità nei confronti dei Ciarelli
È tornato a parlare oggi Agostino Riccardo nell’Aula della Corte di Assise del Tribunale di Latina, presieduta da Gian Luca Soana, interrogato per circa quattro ore al contro-esame dagli avvocati del collegio difensivo.
Sul banco degli imputati, siedono Armando Lallà Di Silvio, Sabina e Francesca De Rosa, Angela, Genoveffa e Giulia Di Silvio, Tiziano Cesari e Federico Arcieri.
Il collaboratore di giustizia ha risposto sulle estorsioni, i pestaggi, le gambizzazioni avvenute negli anni, ribadendo che il capo indiscusso del clan Di Silvio di Campo Boario era Lallà e descrivendone con minuzia di particolari la casa, tra dinamiche dello spaccio e la cassaforte dove tenevano i soldi.
Tanti gli episodi ricordati come quelli delle ritorsioni contro Vincenzo Palaia (per un debito di droga non corrisposto), recentemente condannato per la rapina al Banco Popolare di Fondi di Pontinia, e Matteo Ciaravino, processato insieme a Roberto Ciarelli per il pestaggio di un vigilante del Carrefour al Piccarello, eppoi la gambizzazione di Alessandro Zof avvenuta durante la guerra criminale del 2010 ad opera di uno dei figli di Lallà.
Ma sopratutto, la conferma dell’odio che scorreva con l’altro clan zingaro della città, i Ciarelli, e l’intenzione da parte dei figli di Lallà di far fuori Luigi Ciarelli, arrestato per un carico di droga arrivato al porto di Livorno.
Per quanto riguarda le estorsioni, Agostino Riccardo ha ribadito di averne commesse a centinaia (intorno alle 400), mettendo a nudo un meccanismo squallido: i nomi delle persone in difficoltà e da estorcere gli venivano fatti da commercialisti e avvocati che dovevano recuperare crediti o recuperare denaro per incidenti stradali farlocchi.
Fitto il capitolo delle conoscenze malavitose di Agostino che, in Aula, ha ricordato di aver conosciuto Ettore Mendico, Angelo Bardellino, Genny Marano e Sergio Gangemi. Inquietante lo spaccato riguardante i Gallace di Nettuno che, come i Moccia di Tor Bella Monaca e i D’Alterio di Fondi, furono truffati dai Di Silvio che non pagarono loro la droga: a presentare agli affiliati del clan nomade il reggente del noto sodalizio di ‘ndrangheta trapiantato sul litorale sud capitolino fu un agente di Polizia di Latina che, secondo Riccardo, avrebbe venduto al clan Di Silvio anche due pistole.
In generale: “C’erano poliziotti collusi che ci fornivano informazioni sulle operazioni di polizia giudiziaria e ad un ispettore ho fatto ritrovare alcune pistole con silenziatore del clan Travali”.
La prossima udienza del processo Alba Pontina, in cui saranno ascoltati altri testimoni della Procura, si celebrerà il 23 giugno.