Oggi più che mai le persone sono riconoscenti a tutti quegli operatori che operano in ambito sanitario. Una categoria professionale che però negli ultimi due decenni si è vista, a causa di decisioni politiche molto spesso miopi, sottrarre sempre più mezzi e risorse. Da un lato oggi l’opinione pubblica chiede a medici ed infermieri di imprimere il massimo sforzo nella battaglia contro l’epidemia; dall’altro questi ultimi, sottoposti a un crescente stress e un alto rischio di contagio, si trovano ad intervenire con strumenti “spuntati”.
In questo quadro ci troviamo di fronte ad una duplice protesta proveniente dal mondo infermieristico. Due storie, la prima quella del neonato gruppo “1000 storie di vita”, composto per lo più da operatori ospedalieri, e la seconda legata alle “divise rosse” del 118 impiegate da aziende e cooperative private appaltatrici di Ares, che si convergono sul punto comune del dissenso nei confronti delle politiche sanitarie attuate dalla Regione Lazio e dall’Azienda Sanitaria Locale Latina.
In primo luogo centinaia di infermieri pontini sono sul piede di guerra nei confronti della Asl perché hanno presentato domanda di mobilità volontaria extraregionale. Dal comunicato del gruppo “1000 storie di vita” si legge a riguardo: “Da ben 12 anni attendiamo pazientemente di poter rientrare a svolgere la nostra professione nella nostra terra . Le “1000 storie di vita” sono tutte mosse da un unico grande obiettivo che purtroppo ora rappresenta una chimera, ovvero poter tornare finalmente a casa”. Secondo il gruppo di infermieri l’Azienda starebbe assumendo a tempo indeterminato tramite un concorso dell’Azienda ospedaliera Sant’Andrea, nonostante avesse indetto da tempo un concorso proprio. Di seguito si legge dal documento: “Ma questa è solo l’ultima vessazione in ordine cronologico. Non si ha una data precisa dell’ultima graduatoria di concorso pubblico espletato per quanto sia datata. L’ultimo avviso pubblico a tempo determinato è stato indetto nel 2014 e, ad oggi, la graduatoria è praticamente esaurita. Coloro che sono stati assunti tramite questa graduatoria sono partiti con brevi sostituzioni di qualche settimana e sono arrivati ad ottenere fino a 36 mesi di contratto, il massimo consentito per legge. Oggi qualcuno di loro vorrebbe ancor di più, e con la scusa dell’emergenza Covid-19 punta a sforare tale limite per poi avanzare pretese di assunzione a tempo indeterminato senza aver vinto alcun concorso. Un film già visto: correva l’anno 2013 e la Asl procedette ad assunzioni a tempo determinato di 38 infermieri, per due mesi, sul fronte dell’emergenza scabbia. Oggi coloro che vennero assunti inizialmente per pochi mesi (la durata dell’emergenza) si trovano di ruolo grazie alla stabilizzazione dei contratti. Mentre la Asl continua ad assumere attingendo da altre graduatorie o a stabilizzare personale con mille espedienti – di seguito – ci sono mille persone che hanno vinto uno o più concorsi pubblici fuori regione (poiché la Asl di Latina non ne ha mai indetti) e che vogliono rientrare a casa tramite il bando di mobilità, che ricordiamo essere pre-concorsuale”.
Oltre a richiedere il rispetto della normativa sul lavoro, gli appartenenti al gruppo di infermieri ospedalieri garantirebbero professionalità e competenze acquisite nelle migliori aziende sanitarie italiane per poter arricchire la Asl di Latina: “Siamo stanchi- sostengono– di ricevere ulteriori umiliazioni dopo anni e anni di sacrifici fatti fuori regione, lontano da casa e dai propri affetti e anche facendo sacrifici economici enormi – conclude la nota – Richiediamo solo ciò che ci è dovuto, nulla più, ma non siamo più disposti a tollerare altro. Stiamo assistendo in questi giorni a un ulteriore teatrino di qualche collega che sta tirando per la giacchetta l’assessore alla Sanità e all’integrazione socio-sanitaria del Lazio, Alessio D’amato, e il direttore generale della Asl pontina Giorgio Casati, per ottenere ulteriori proroghe e stabilizzazioni contrattuali. Noi attenderemo ancora per qualche giorno una risposta dai vertici della Asl e poi vedremo i passi da fare. Il tempo di aspettare, dopo 15 anni, è finito”.
Una seconda vicenda è quella legata agli operatori del settore del trasporto 118 che chiedono l’internalizzazione dei servizi e del personale direttamente da parte dell’Azienda Regionale Emergenza Sanitaria. Vinicio Amici, delegato pontino del sindacato Confail, è tornato sulla questione sottolineando come in questo periodo di pandemia Covid-19 ci si sta rendendo conto di quale danno sia stato fatto portando il sistema sanitario al collasso con tagli e riduzione di personale: “politica scellerata ha pesato sulle vite di tante persone” a suo dire.
Amici, nel fare il quadro generale di quanto stia avvenendo, spiega come le aziende ospedaliere e sanitarie della Regione Lazio si possano suddividere al 50% tra pubblico e privato, e come in entrambi i casi vi sia una ricerca di operatori sanitari e di assistenza per far fronte ai bisogni di una comunità duramente colpita dalla pandemia.
Il delegato dei 118 pontini specifica come però in questo contesto si stiano verificando paradossi tipici di una politica senza scrupoli, che, pur di fare soldi, si affida a società interinali, la Manpower, con contratti sottopagati e precari. Amici evidenzia come vi siano operatori risultati idonei ad un concorso pubblico indetto dalla Regione Lazio che attualmente, a fronte dell’emergenza scaturita da Covid 19, vedono messe a rischio le posizioni faticosamente guadagnate nella relativa graduatoria e vanificate le legittime aspettative di assunzione.
In questo contesto, prosegue Amici, si sta creando una guerra tra poveri: da una parte troviamo personale infermieristico che rivendica la stabilizzazione, a distanza di quasi tre anni dall’assunzione a tempo determinato, tramite un avviso pubblico introdotto dall’Asl per soli titoli, mentre dall’altra ci sono infermieri che invocano a gran voce la chiamata per l’assunzione a tempo indeterminato, dopo che hanno superato un regolare concorso bandito dalla Regione Lazio.
Il rappresentante di Confail conclude affermando che a coronare il controsenso vi siano diverse grandi imprese private della sanità romana, che stanno annunciando il ricorso agli ammortizzatori sociali. I contribuenti dovranno di conseguenza pagare due volte e le aziende sanitarie incasseranno due volte: una con i contributi regionali e la seconda con il Fis a carico dell’Inps.
A proposito della multinazionale americana del lavoro interinale sopra citata sembrerebbe che Ares 118, lo scorso 16 aprile, abbia organizzato un corso per 30 persone tramite proprio la Manpower. Non è chiaro i partecipanti quali requisiti minimi dovessero avere.
Esistono molti punti ricorrenti nelle argomentazioni delle due differenti proteste. In entrambi i casi il richiamo a concorsi bloccati o dalle cui graduatorie non si reclutano candidati titolari di un’aspettativa. Strumenti e procedure di assunzione utilizzate dalle autorità sanitarie regionali, e dalle aziende che ne discendono, che cambiano continuamente e spesso in deroga alla normativa vigente e ai bandi di concorso precedentemente indetti. Il massimo sacrificio in termini di ore di lavoro e di rischio contagio richiesto sia dalle autorità che dall’opinione pubblica ad operatori che si trovano ad operare nella più totale incertezza per il proprio futuro.