Scritto e a cura di
Orazio Ruggieri
ITRI – Se i Sumeri e altri popoli dell’antica Mesopotamia hanno elevato la figura di Gilgamesh a icona dell’eroe rappresentativo della loro identità, se gli Assiri tenevano in grandissima considerazione il “duro” Nergal, così come gli Egizi attribuivano a Horus i paradigmi vincenti della loro onnicomprensiva supremazia; e se Omero, tanto per limitarci all’età
classica, ha individuato i suoi eroi in Achille, Aiace o Diomede, coniugando, con queste figure, l’immagine del leader che affascina perché macchina distruttrice di vite umane, c’è tutto un altro filone, della letteratura epica, che riscopre e celebra l’eroe custode e tutore della famiglia, della Patria, dei Lari o dei Penati. E, prima di giungere a scorrere i moderni nomi di Gandhi, di madre Teresa di Calcutta, di Salvo D’Acquisto e, per fortuna, di tanti altri ancora, già con la figura di Ettore, l’eroe troiano che, incontrando per l’ultima volta, alle porte Scee, la sua adorata Andromaca, che lo supplicava a tirarsi indietro dalla prima linea bellica e palleggiando tra le sue paterne braccia il figlioletto Astianatte, iniziò a configurare il personaggio epico apportatore di pace e non più la macchina da guerra tanto cara ai cantori della forza bruta e annientatrice di donne, bambini, anziani e persone in
genere.
Ebbene, nel solco di questa epica “moderna” che celebra, tanto per citare ancora qualche altro apostolo della civile convivenza come Martin Luther King o Nelson Mandela, Itri entra a pieno diritto nell’antologia della letteratura della pace. Questa è, infatti, la portata della storica serata di sabato 5 ottobre quando, figure istituzionali del governo regionale sardo, di comuni isolani e del comune di Itri, in un coinvolgente lavoro, svolto in sinergia con esponenti del mondo culturale e, soprattutto, con quanti hanno creduto che la pace si può raggiungere e far crescere esponenzialmente con la convinta adesione concreta a un comune percorso di integrazione totale tra la gente di ogni estrazione sociale, razziale e territoriale, hanno scritto una pagina fondante del clima di civile convivenza tra la comunità sarda, tremendamente colpita da un evento che definire feroce è sicuramente poca cosa rispetto al barbaro oltraggio perpetrato alla dignità umana, e il popolo di Itri che, nel lontano 1911, vide molti dei suoi figli macchiarsi dell’atroce delitto di strage perpetrata ai danni di onesti e laboriosi lavoratori venuti dall’isola in continente per essere impiegati, in condizioni di assurdo sfruttamento economico e di deprecabile discriminazione socio-razziale, nella realizzazione della galleria che collegava il tratto di rete ferroviaria tra Fondi e Itri nella costruenda linea Roma-Napoli.
Dal dott. Valerio De Gioia, giudice della prima sezione penale del Tribunale di Roma, al Direttore Generale dell’assessorato agli enti locali della Regione a statuto speciale della Sardegna, Umberto Oppus (a sinistra del sindaco Fargiorgio), ai sindaci di Santa Teresa Gallura, Pattada, Ottana (Franco Saba, presente ai lavori e seduto alla destra di Rino Solinas nella foto del servizio reso dal sempre disponibile Amedeo Masella, di Lanusei, a quello di Itri, l’avv. Antonio Fargiorgio), dal contributo di due meravigliose opere narrative, impostate su fatti realmente accaduti e che portano la firma di Rino Solinas, autore de “Le campane suonarono a stormo”, e del dott. Nicola Maggiarra, che ha presentato la sua nuova fatica libraria “Quando canta la civetta”, ai protagonisti, a vario titolo, della serata, tra i quali la dott. Patrizia Stefanelli, che ha letto pagine significative del testo del Maggiarra, il tutto sotto la perfetta regia organizzativa dello storico, scrittore, ricercatore e giornalista Pino Pecchia che, oltre a relazionare sul libro del Solinas, ha guidato il pur articolato confronto tra i relatori e il numerosissimo pubblico presente nella stracolma aula consiliare di Itri, da tutti costoro – si sottolineava – è giunto un meraviglioso contributo all’epica riappacificazione tra le due comunità.
“Riappacificazione che – si è ben evidenziato – non significa dimenticare quella bruttissima pagina di sangue e morte e, neppure, chiusura di un orrendo episodio che ancora fa sanguinare ferite mai completamente rimarginate in Sardegna e a Itri, ma punto di partenza per la costruzione, in armoniosa sinergia, di un futuro positivo e migliore per le due comunità che tanti punti similari hanno nelle loro cultura, abitudini e valori ispiratrici della quotidianità”.
E, proprio in esecuzione pratica di questo impegno, si è convenuto di attivare un incontro in Sardegna, per sottoscrivere un protocollo comune di fattiva collaborazione costruttiva, in occasione della ricorrenza del primo matrimonio tra un sardo e una itrana, avvenuto appena due anni dopo i tragici fatti del 1911, a dimostrazione della buona volontà, di chi crede nell’incontro e nell’integrazione, a ricucire un rapporto tra la gente dei due luoghi, incontro – si diceva- cui far seguire, nella giornata del mese di luglio, tragica ricorrenza della mattanza tanto funesta, un gemellaggio, il cui atto di nascita dovrebbe trovare collocazione nella cittadina aurunca e al cui rito protocollare dovrebbero intervenire tutte le figure istituzionali dei centri sardi coinvolti in questo oscurantistico giorno che dovrebbe servire da autentica lezione storica per la costruzione della pace. E in questa prospettiva vanno – concludendo – le parole della targa che il sindaco di Itri, l’avv. Fargiorgio, ha idealmente consegnato a tutta la gente di Pattada, uno dei comuni che ha visto cadere, deceduto o ferito, più di qualche suo figlio: “Ai nostri amici Sardi, per voltare, senza dimenticare, una triste pagina di Storia…per riscriverne finalmente insieme un’altra all’insegna dell’amicizia…per avviare un percorso di riconciliazione…per sanare una ferita che non andava inferta…”.