PESTATO DI BOTTE IN CARCERE E MORTO DOPO MESI DI AGONIA, INTERVIENE ILARIA CUCCHI: “FRANCESCO È STATO ABBANDONATO”

Francesco Valeriano
Francesco Valeriano

Pestato di botte e morto dopo sei mesi di agonia, il caso di Francesco Valeriano si allarga. A intervenire è anche la politica

Quello che è certo è che il sostituto procuratore di Roma, titolare delle indagini per la morte di Francesco Valeriano, il 45enne di Formia morto dopo sei mesi di coma in seguito al pestaggio avvenuto a Rebibbia, disporrà l’esame autoptico sul cadavere, dopo aver fatto sequestrare le cartelle cliniche. A seguire l’autopsia anche un consulente medico nominato dalla famiglia, assistita dall’avvocato Antony Lavigna, amico di gioventù di Valeriano.

Intanto, è nata anche una raccolta fondi finalizzata ad avere giustizia per Francesco Valeriano, conosciuto da tutti a Formia come “Fracichiello”. È partita, infatti, sui social, una raccolta fondi per sostenere le spese legali della famiglia di Francesco Valeriano, morto nei giorni scorsi all’ospedale di Tor Vergata dopo mesi di coma e un lungo percorso di ricoveri e riabilitazione.

A intervenire anche la senatrice Ilaria Cucchi: “Immediatamente dopo aver saputo del pestaggio, avevo contattato la direzione del carcere. Avevo chiesto come potesse essere accaduto. Ho recuperato quello scambio. La direttrice parlava di una “violenta ed imprevedibile aggressione”. Si era verificato l’esatto opposto di ciò che dovrebbe accadere davanti agli occhi di uno Stato consapevole, vigile. Che cura, e che non abbandona. Ma Francesco Valeriano e la sua famiglia sono stati abbandonati. Alla sofferenza, a un calvario durato sei mesi, alla morte arrivata ieri 11 dicembre.

L’ultimo giorno di una vita che doveva essere recuperata, salvata. Il carcere dovrebbe essere una scuola, un luogo in cui si impara a vivere in libertà e con gli altri. Oggi invece è una camera di tortura, alimentata a indifferenza. E ne siamo tutte e tutti responsabili”.

Ad ogni modo l’inchiesta della Procura di Roma dovrà fare luce su chi ha picchiato e ridotto in coma e poi alla morte Francesco Valeriano. Sono stati altri detenuti o personale delle guardie carcerarie? È questa la domanda all’origine di tutto, dopodiché si dovrà far luce su un sistema di vigilanza che evidentemente non ha funzionato, senza contare che nei mesi in cui Valeriano lottava tra la vita e la morte, nessuno tra gli inquirenti ha pensato bene di ascoltare alcun possibile testimone nell’ambiente carcerari, né tantomeno di disporre un incidente probatorio. Il carcere, troppe volte, è un mondo parallelo dove avvengono situazioni e accadimenti troppo spesso celati. Stavolta, ci è scappato il morto e al momento ci sono solo ombre.

LA VICENDA. È morto lo scorso 11 dicembre, Francesco Valeriano, l’uomo di 45 anni massacrato di botte in carcere da ignoti lo scorso giugno. Il quarantacinquenne era detenuto nel carcere di Rebibbia e stava scontando una pena di due anni e mezzo. Originario di Formia, era arrivato nel penitenziario romano da circa un mese e mezzo dopo un periodo detentivo nell’istituto di Cassino.

L’uomo, di professione cameriere e dj, oltreché ad avere un passato da tossicodipendente, nella scorsa primavera è stato arrestato dalle forze dell’ordine e portato nel carcere di Cassino dove è rimasto per circa un mese e mezzo. Dopodiché, avviene il trasferimento nel carcere romano di Rebibbia. Passano poco più di due settimane e l’uomo viene pestato brutalmente, tanto da finire in coma. A denunciare l’accaduto è la sorella del 45enne che spiega di essere stata avvertita dai medici del Policlinico. La diagnosi del 45enne non lascia dubbi ed è una realtà atroce: lesioni al cervello, oltreché ad essere sottoposto a una tracheotomia.

Da mesi sarebbe stato trasferito, da ospedale in ospedale. Dopo un periodo in una struttura privata di Monte Compatri, sabato scorso è stato portato in condizioni gravi al policlinico di Tor Vergata. Ieri mattina, Francesco Valeriano, conosciuto da tutti a Formia come “Fracichiello”, è morto.

Le indagini sul caso sono state avviate per chiarire chi possa aver aggredito il quarantacinquenne o anche se ci siano state sviste o omissioni da parte di chi avrebbe dovuto vigilare. I famigliari dell’uomo sono assistiti dall’avvocato Antony Lavigna.

Sul caso è intervenuto anche l’Osapp, l’organizzazione sindacale autonoma polizia penitenziaria: “Con la morte di Francesco Valeriano, la vicenda non si chiude: si aggrava. Una vita umana persa in carcere è una sconfitta per tutti. La morte di un detenuto in conseguenza di un’aggressione rappresenta una sconfitta dello Stato e del sistema penitenziario nel suo complesso. Un uomo può essere detenuto per reati anche gravi, può avere fragilità personali e dipendenze, ma la pena detentiva non comprende, né può mai comprendere, il rischio di essere massacrato e morire in un letto di ospedale dopo mesi di agonia”. 

Come organizzazione sindacale autonoma di polizia penitenziaria, l’Osapp chiede che siano chiamati in causa “non solo gli autori materiali dell’aggressione, che dovranno essere individuati e giudicati, ma anche quelle responsabilità di sistema che da anni il sindacato denuncia: politiche penitenziarie che ignorano i segnali di allarme; istituti sovraccarichi di detenuti problematici, senza adeguate risorse; personale ridotto all’osso e lasciato solo a “tenere insieme” strutture che si reggono su un equilibrio precario”. 

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