Arrestato dai Carabinieri della Stazione di Sabaudia in esecuzione della misura cautelare per violenza sessuale ed atti persecutori
Prosegue il processo a carico di un 46enne di Pontinia, P. N. (le sue iniziali), arrestato un anno fa, a ottobre 2024, dai Carabinieri della Stazione di Sabaudia, all’esito di articolate indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Latina. L’uomo, ristretto in carcere, deve rispondere dei reati di violenza sessuale, maltrattamenti e atti persecutori.
Le investigazioni dei Carabinieri avevano permesso di ricostruire, in modo chiaro e puntuale quanto accaduto a seguito delle denunce della vittima – una donna straniera con cui l’uomo aveva intrattenuto una relazione sentimentale. I militari avevano appurato come non accettando la fine della loro relazione, in preda a una gelosia morbosa, il 46enne originario di Pontinia aveva ingenerato nella donna un profondo stato d’ansia e paura per la propria incolumità personale, costringendola a subire continue irruzioni presso la propria abitazione. In una delle circostanze raccontate oggi, in aula, dalla donna, costituitasi parte tramite l’avvocato Maddalena Di Girolamo, l’uomo si sarebbe introdotto in casa tramite il balcone di casa, a Sabadia, dove la vittima viveva con un’amica.
Durante questi incontri forzati, si sarebbero verificati lesioni (sebbene indimostrabili perché mai refertate da un ospedale), minacce, anche di morte, e atti sessuali contro la volontà della donna. Tutte circostanze per cui, in considerazione degli elementi raccolti, il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Latina aveva emesso nei confronti dell’uomo una ordinanza di custodia cautelare in carcere, tuttora vigente.
Nel corso di una testimonianza drammatica resa a ottobre scorso, dinanzi al terzo collegio del Tribunale di Latina, composto dai giudici La Rosa-Zani-Romano, la donna, quarantenne, ha raccontato la tribolata relazione con l’uomo. Uscita da un matrimonio, la donna inizia la sua relazione con il 46enne di Pontinia, arrivando a legarsi sentimentalmente a lui: “Lo amavo, ma adesso mi vergono del sentimento che ho provato”, spiega tra le lacrime in aula, interrogata dal pubblico ministero Giuseppe Miliano e divisa da un separé in modo tale da non avere il contatto visivo con il suo ex, oggi imputato, scortato dagli agenti della Polizia Penitenziaria e seduto di fianco al suo avvocato difensore, Ugo Bianchetti. Una escussine difficile interrotta spesso dai singhiozzi della donna e da un tono di voce spesso sopra le righe tanto che il presidente del collegio, Mario La Rosa, per ben due volte la interrompe e le dice: “Non facciamo teatro”.
Ad ogni modo, secondo il racconto della donna, da un certo punto in poi, gli incontri a Sabaudia, presso la casa della donna, diventano solo il pretesto per botte, risse verbali e violenze sessuali. In un caso, la donna, minacciata dall’uomo con un coltello, è costretta a praticare un rapporto orale, dopo aver subito una penetrazione alla vagina.
Schiaffeggiata e riempita di botte in più di una circostanza, l’episodio del rapporto orale avvenuto il 27 settembre 2024, a cui è costretta, la induce a presentare denuncia ai Carabinieri. Comportamenti dell’uomo che, secondo al quarantenne sudamericana, l’hanno indotta a cambiare abitudini di vita, tanto da chiudere la finestra per paura che penetrasse in casa. Le minacce dell’uomo, inoltre, sono aggravate anche da frasi soverchianti quali: “Io sono Dio”. E ancora, dopo le botte: “Puttana, non hai capito che se vai al pronto soccorso mi arrestano”. La gelosia e la fine della relazione sarebbero state il motore di tutto: “Mi attribuiva relazioni sessuali e faceva un uso smodato di alcol e droghe”.
Oggi, 20 novembre, ha riferito in aula l’amica della donna che conviveva con lei all’epoca delle violenze messe in atto dall’uomo. La donna, anche lei di origine sudamericana, ha raccontato che una notte fu svegliata da un trambusto e vide l’imputato odierno dentro casa: “Era salito dal balcone”. L’amica della vittima ha confermato quanto raccontato dalla donna: “La riempiva di botte, la vidi piena di segni violacei sulle braccia. La penetrò con una mano e la costrinse ad avere rapporti orali. Mi raccontò tutto tre giorni prima che io vidi realmente l’uomo entrare dentro casa”. Dapprincipio, la testimone ha precisato che la vittima le diceva che i segni derivavano dalla sua attività in palestra: “I segni violacei sono stati visti anche da mia sorella e da altre amiche”.
Il processo è stato rinviato al 15 gennaio con l’esame dei cinque testimoni della difesa e dell’imputato, oggi presente in aula e tuttora detenuto. A fine udienza, la madre dell’imputato ha chiesto il permesso di abbracciare il figlio.
