MORTA PER UN TUMORE AL SENO NON DIAGNOSTICATO: RISARCIMENTO MILIONARIO PER I FAMIGLIARI

Non si accorgono che aveva un tumore al seno e la rassicurano: il Tribunale di Latina decide per il risarcimento milionario

Una storia accaduta a Latina e riportata sulle pagine del Corriere della Sera edizione Roma. Nel 2011 i medici di un centro di Latina rassicurarono una donna, dicendole che era tutto a posto e di poter tornare a casa tranquilla. Le cose stanno diversamente, in quanto la paziente aveva un tumore al seno che, dopo 4 anni, la porterà a morire.

All’epoca dei fatti, la donna aveva 43 anni e ciclicamente effettuava controlli medici, soprattutto al seno, e anche in quel caso era andata in un centro di Latina specializzato in mammografie per alcuni esami di screening preventivi per tumore alla mammella. I medici dopo le visite e un’eco mammografia le avevano detto che c’erano alcune microcalcificazioni tondeggianti, una circostanza che non avrebbe destato alcuna preoccupazione. Rimandata a casa “senza prescrivere alcun approfondimento diagnostico a breve termine”.

Passa appena un anno e la donna si accorge, tramite una visita, di avere un carcinoma al seno molto aggressivo e inizia i protocolli sanitari previsti per il suo caso. Troppo tardi purtroppo, il tumore avanza rapidamente e con metastasi e la donna, dopo cicli di chemioterapia, muore a 47 anni. È così che i famigliari – marito e figli della donna – fanno causa, tanto da scoprire tramite i periti nominati che quel tumore, già all’epoca della visita del 2011, poteva essere diagnosticato e aggredito in tempo. 

È dei giorni scorsi, la sentenza del giudici civile Stefano Fava del Tribunale di Latina a stabilire un risarcimento da 1 milione e 50 mila euro per la sua famiglia. Per il giudice è chiaro: “Ne consegue che deve essere riconosciuto il nesso causale tra condotta omissiva colposa dei sanitari e il decesso (o perdita anticipata della vita) della paziente”. Il Tribunale civile di Latina decide in base a documentazione medica e una perizia medico-legale: “La mancanza di approfondimento diagnostico, nel caso in specie, ha comportato un ritardo diagnostico. Una diagnosi tempestiva della patologia neoplastica avrebbe sicuramente migliorato le chance terapeutiche di sopravvivenza della paziente ma anche la sua qualità di vita”.

Il giudice ha quindi accolto la tesi del legale della famiglia, l’avvocato Andrea Barbesin, e stabilito la responsabilità dei sanitari.

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